Biasimiamoli pure ma i camionisti non hanno altro modo per farsi sentire
Io sto con i manifestanti, con le migliaia di Tir che in questi giorni bloccano l’Italia. E’ vero che in questo modo stanno facendo ricadere soprattutto sugli incolpevoli cittadini il prezzo della protesta, attirandosi così il biasimo di chi vede intralciarsi lo svolgersi della penosa vita quotidiana; ma è una prepotenza che va compresa perché è altrettanto vero (anzi è “più vero”) che è l’unica maniera rimasta a quei lavoratori per dar voce alle loro legittime richieste.
La giornata di ieri resterà l’emblema di ciò che sta succedendo in Italia nei nostri giorni, orfana di una Politica portavoce di bisogni e necessità dei cittadini. Ieri, come forse non è mai successo negli ultimi tempi, si è mostrato in tutto evidenza quanto la nostra società sia spaccata su un argomento che è poi il “principio” della Repubblica Italiana: il lavoro.
Da una parte quel tavolo, al caldo e all’asciutto, tra Ministri e Sindacati per discutere di lavoro (mi riferiscono al tavolo per le trattative tra Governo e Sindacati sulla riforma del lavoro); da tutta altra parte – sulle strade e presso i caselli delle autostrade – tanti tavolinetti da picnic, montati alla meno peggio dagli stessi manifestanti, per rifocillarsi e distribuire volantini con le ragioni delle loro proteste.
"L’Italia è una Repubblica democratica, fondata sul lavoro", recita l’Articolo 1 della Costituzione. Eppure, a guardare bene la fotografia di ieri, non tutto il lavoro appartiene a quel lavoro posto alla base dei principi della nostra Repubblica: dentro quello dei lavoratori subordinati, fuori quello degli autonomi.
"La Repubblica riconosce ai tutti i cittadini il diritto al lavoro e promuove le condizioni che rendano effettivo questo diritto", stabilisce l’Articolo 4 della Costituzione. Eppure, a guardare bene la fotografia di ieri, la Repubblica non tratta con la stessa premura tutte le specie di lavoro lasciando nello sconforto una parte dei lavoratori – le migliaia di camionisti – che non vedono promuovere, a proprio favore, condizioni che rendano effettivo quel loro “diritto al lavoro”.
Dov’è il sindacato? E quale unità d’intenti (come ha fatto sul lavoro dipendente) sta promuovendo la Triplice (Cgil, Cisl e Uil) a favore di camionisti e imprese di autotrasporto? Dov’è il governo? E quali tavoli concertativi sta promuovendo a favore di camionisti e imprese di autotrasporto? Non c’è il sindacato e il governo latita. Sono troppo impegnati sulla riforma…. del lavoro: ecco l’assurdo!
La verità è che questo governo di professori è troppo lontano dalla realtà del vivere quotidiano, di chi, cioè, come i camionisti, affronta quotidianamente le fatiche del campare dei propri stenti, come quel giorno fosse il primo della vita ma forse anche l’ultimo.
Questo governo di professori, anziché correre dietro ai sindacati e alla loro prepotente pretesa di “non toccare l’articolo 18”, farebbero meglio a mostrare più attenzione alle proteste dei tir mettendo da parte proprio quel fallimentare sindacato. Attenzione; non sono proteste di “piazza”, che spesso valgono il tempo che durano. Sono proteste di strade e autostrade….
La vera riforma di cui ha bisogno l’Italia è culturale. Una riforma che deve riportare la “persona” (il dipendente, il pensionato, i professionisti, i lavoratori autonomi inclusi i camionisti) al centro delle scelte politiche. Tutto il lavoro, anche quello dei camionisti e delle imprese, e non solo quello dei “dipendenti”, merita attenzione da parte dello Stato. E magari una buona “riforma”. Lo dice la Cotituzione.
(L'occidentale)