sabato 31 dicembre 2011

Tremaglia e i paradossi del fascista duro e puro

Fu a Salò, nell’Msi e in An, ma poi seguì Fini. Uomo d’azione, il suo "capolavoro" fu il figlio intellettuale

È morto ieri, a 85 anni, Mirko Tremaglia. Ex ragazzo di Salò, esponente del Msi, poi di An, aveva seguito Gianfranco Fini in Futuro e libertà. Nato a Bergamo nel 1926, laureato in Giurisprudenza, avvocato, è stato deputato in 11 legislature.

Ministro degli Italiani nel mondo, sua è la legge che ha riconosciuto il diritto di voto degli italiani residenti all’estero. I funerali saranno celebrati lunedì 2 gennaio a Bergamo.

Sì, è morto l’ultimo fascista dichiarato e non pentito che sedeva in Parlamento. Mirko Tremaglia, vecchio leone, fascista indomito, per dirla nel suo linguaggio da combattente e camerata. Espansivo ed estroverso, ricco di umanità, non sembrava ai miei occhi terronici un bergamasco. Di lui molti ammiravano la coerenza e altrettanti deploravano la testardaggine. Ma dietro la fedeltà al Duce, Tremaglia viaggiò molto dal suo fascismo rivoluzionario della gioventù; lasciò le originarie posizioni sociali da fascismo di Salò, Corporativismo&Socializzazione, per sposare un fascismo d’ordine, giustizialista e filoamericano. Fu fascista ma non di quelli crepuscolari o catacombali; sapeva farsi valere anche da missino, intrecciava relazioni politiche e rapporti personali anche con avversari e uomini delle istituzioni. Fu tra i primi sponsor di Di Pietro, Cossiga e Mani pulite. Fu fascista di Salò ma accettò le cure termali di Fiuggi e aderì ad Alleanza Nazionale. Fu fascista repubblicano ma sostenne Israele e i falchi americani. Patì la perdita di suo figlio Marzio ma anche il suo prestigio, che oscurava quello di suo padre. Quella morte prematura lo invecchiò di colpo, e per anni visse nel ricordo di lui, con una teatralità del dolore tipica delle culture siculomediterranee. Ricordo una grandiosa manifestazione a Bergamo, stracolma di gente, in cui parlammo di Marzio, con Fassino, Fini e Cardini. Per lungo tempo lui portò il suo dolore paterno, genuino e plateale, in processione per l’Italia e in ogni occasione.Ricordo un suo pianto anche in una manifestazione al Vittoriano da Ministro per gli italiani all’estero.

Sanguigno e tuonante, incline al fascismo duro e puro e al pianto tenero e sentimentale, la parabola politica ed esistenziale di Tremaglia è segnata da tre paradossi. Fu Irriducibile fascista, militante fedele del fascismo di Salò, del vecchio Msi e poi di An, ma alla fine seguì il becchino di tutti e tre, Fini, aderendo a Futuro e Libertà; lui che era tutto Nostalgia e Autorità. Secondo paradosso: spese una vita per gli italiani all’estero, si prodigò per loro, fondò i comitati tricolore e volle la legge che consentiva il voto ai nostri emigrati; pensava a un trionfo ma la sua lista ottenne un solo seggio su 18 e grazie alla sua legge il governo Prodi ebbe la maggioranza assoluta in Senato. Terzo paradosso: era un fascista d’azione, diffidente verso le elucubrazioni degli intellettuali e il culturame, ma il destino gli giocò uno scherzo feroce e benedetto: suo figlio Marzio tradì il cliché del fascista attivista, fu un raffinato intellettuale prestato alla politica, gran promotore di idee e assessore lombardo alla cultura. Anzi «il miglior assessore alla cultura d’Italia » disse una volta Walter Veltroni, e non lo disse in un elogio funebre, ma quando Marzio era ancora assessore in carica (lo disse anche a me, ricordo, eravamo a Parigi e lui era ministro dei Beni culturali). In fondo, la più grande eredità di Mirko è morta prima di lui: è Marzio, suo figlio, politico colto e illuminato.


I saluti romani sono fuori luogo, fuori tempo e fuori legge ma consentite almeno l’estremo saluto romano per i fascisti morenti, unito al congedo che lui avrebbe voluto: camerata Mirko Tremaglia presente.


di Marcello Veneziani 

martedì 27 dicembre 2011

BEFANA TRICOLORE

•BEFANA TRICOLORE•
Raccolta giocattoli nuovi/usati
Mercoledì 4 Gennaio dalle 17 alle 20
Giovedì Gennaio 5 dalle 17 alle 20
VIA UMBERTO PRIMO 117 -MILAZZO-
passa in sezione,regala un sorriso a chi non può permetterselo


mercoledì 21 dicembre 2011

Buon Solstizio d’inverno: Il primo pilastro dell’anno



I quattro pilastri dell’anno sono i solstizi e gli equinozi. Essi formano la grande croce dell’anno o zodiacale, la cui braccia delimitano le stagioni. In scala ridotta corrispondono al giorno ed alle quattro fasi solari. Le quattro braccia dividono il cerchio zodiacale in quattro gruppi di segni, tre per ciascuno, che danno le caratteristiche delle rispettive stagioni. Ogni data segna l’inizio di un nuovo periodo, diverso dal precedente, in cui la luce del sole assume diversa forma e significato. Le quattro fasi si succedono regolarmente e tutto assume il senso di una rotazione costante attorno a un centro che fa da perno a tutto il movimento. Le quattro fasi dell’anno corrispondono ai quattro elementi ed il sole alla luce che li comprende e li trasfigura. Ogni periodo ha un riflesso esterno e uno interno, creando il presupposto di una stagione interiore che è nostro compito analizzare.


Il primo pilastro è il Solstizio d’inverno, data significativa in ogni tradizione, che segna astronomicamente l’inizio dell’inverno. Corrisponde alla posizione del Sole nel punto più basso dell’orizzonte ed alla maggiore disuguaglianza tra giorno e notte: qui la notte è più lunga del giorno. Il 22 dicembre segna la data ufficiale del calendario “astronomico” dell’anno. Da questo momento prende inizio la serie ascendente che porterà in avanti il giorno fino al futuro solstizio estivo, in cui i rapporti si invertiranno. Astrologicamente questa data segna il passaggio del Sole nel Capricorno (segno di Terra), a cui seguiranno l’Acquario e i Pesci. Nel simbolismo del giorno corrisponde invece al punto in cui il sole tocca il culmine della sua discesa: la Mezzanotte, in cui è opposto allo zenith meridiano.
Nell’antico Egitto, veniva simbolizzato nella forma di Khephra, lo scarabeo, chiara immagine dei sole occulto e sotterraneo.


Esotericamente questo momento è uno dei più importanti e significativi. Segna il punto preciso in cui l’esterno tace nel freddo e nel silenzio e l’interno vive di luce propria. II sole della coscienza è ora rivolto all’interno di sé e nella mezzanotte dell’anima tutto è pronto per una nuova rilevazione. E’ in questo istante senza tempo che venivano eseguite le antiche cerimonie di iniziazione ai misteri dell’lo, nel profondo di grotte e caverne, a Mezzanotte in punto. Tramite esse una luce virtuale, occulta, veniva accesa nell’animo dell’adepto, che ora attendeva la nascita del proprio seme. E’ in Inverno infatti che il seme, giacendo sotto la neve ed il gelo, dorme e matura i suoi frutti futuri. Ritualmente il nuovo periodo è rivolto alle opere della Terra: alla creazione cioè di basi e realtà concrete che facciano da perno ad ogni futura attività e alla coagulazione di precedenti iniziative. I tre segni invernali del Capricorno, dell’Acquario e dei Pesci suggeriscono un clima di freddezza, di silenzio e umidità che deve essere sciolto prima che il calore del sole porti con sé la Primavera.
dalla rivista “Solstitium”

martedì 20 dicembre 2011

Senza tecnici, tasse e balzelli Madrid sconfigge lo spread

I tecnici non servono. Contano le idee. Non ci credete? Andate in Spagna e scoprirete che Mariano Rajoy, il leader del Partito Popular che ha ottenuto la maggioranza assoluta alle ultime elezioni anticipate, ha in mente una manovra «lacrime e sangue» ma senza mettere le mani nelle tasche dei cittadini. Anzi, tagliando le tasse e snellendo la burocrazia. Insomma, quello che avrebbe dovuto fare il governo Monti.

Leggete che programma moderno e veramente europeista sta per mettere in pratica il successore di Luis Zapatero: 1) scure sulla spesa pubblica, 2) abolizione dei prepensionamenti, 3) riforma dell’amministrazione statale e regionale per evitare costosi doppioni e sovrapposizioni, 4) congelamento del turn over per gli statali, 5) grande riformulazione del mercato del lavoro. E questi sono i tagli, che dovrebbero aggirarsi intorno ai 16,5 miliardi se il deficit a fine anno si fermerà al 6% del Pil. Ma appunto, essendo  il rapporto deficit/Pil basato sulla spesa pubblica e la crescita economica, Rajoy ha deciso di non affossare la già debole economia iberica, che vanta un 23% di disoccupazione. E dunque il premier - nel super consiglio dei ministri che si terrà il 30 dicembre - ha escluso un aumento delle imposte, introducendo invece incentivi per 3mila euro alle imprese che assumeranno giovani al primo impiego. Non solo: ha promesso sgravi e agevolazioni per le piccole e medie imprese. In particolare Pmi e professionisti potranno non pagare l’Iva se non a compimento della fattura.  Per la casa, poi, i popolari mettono in cantiere nuovi aiuti, con la diminuzione dell’imposta sul valore aggiunto sull’acquisto degli immobili, rinnovando così le agevolazioni di Zapatero.

Altri due capitoli sono le pensioni e il credito. I problemi spagnoli sono simili a quelli italiani, però a Madrid hanno deciso - senza pianti pubblici - di innalzare l’età pensionabile a 67 anni ma di non rinunciare all’indicizzazione al costo della vita (2,9%) degli assegni previdenziali. A scanso di equivoci, saranno inoltre eliminati i  sussidi di disoccupazione durante gli ultimi anni di lavoro, un «mezzo troppo spesso usato come pensionamento anticipato», ha sottolineato l’erede di Aznar. Dicevamo degli istituti di credito: pronta una seconda ondata di fusioni tra banche e casse di risparmio (dopo la prima voluta da Zapatero), cui seguirà, ha spiegato Rajoy, una necessaria seconda ondata di prestiti statali per la ristrutturazione dei nuovi istituti che nasceranno.

Ecco, la manovrona di Madrd dimostra che i tecnici sono solo una scusa: le tasse creano recessione, non crescita. E con la contrazione del Pil la crisi non leva le tende e soprattutto lo spread - dettato dai mercati - non scende. Per questo gli investitori credono a Rajoy, tant’è che l’Ibex è stato l’unico in Europa a chiudere in positivo (+0,65 per cento) e il differenziale fra titoli spagnoli con quelli tedeschi è sceso intorno a 327 punti base. Mentre noi siamo a quota 462. Ormai il vero spread da vedere non è quello fra Btp e Bund, ma fra Btp e Bonos: e noi siamo già sotto di 130 punti.
di Giuliano Zulin

domenica 18 dicembre 2011

Aperitivo Natalizio&Comunitario!

GRAZIE A TUTTI I PRESENTI,I MILITANTI,I SIMPATIZZANTI!
una bella serata comunitaria!
AUGURI DI BUON NATALE E SOPRATTUTTO DI UN FELICE ANNO NUOVO RICCO DI VITTORIE!
A NOI!








sabato 17 dicembre 2011

Una fiaccola per affrontare il buio



Questo non è un cucù come gli altri ma è un appello rivolto a tutti e riservato a pochi. 
Nasce da una storia dolorosa. Carmelo I. - mi hanno detto di scrivere il suo cognome ma sento di rispettare la soglia- ha militato da ragazzo nel Fronte della gioventù. 
Da adulto, ancora giovane, ha scoperto un cancro e ora è al terzo ciclo di chemioterapia. Ha chiesto agli amici, che in quel tempo si chiamavano in altro modo, di avere con sé, nell' estrema avventura, la bandiera dei suoi vent'anni, il tricolore con la fiaccola del Fronte al centro. I suoi amici non riescono a trovarla, l'hanno chiesto anche a me che fino a 17 anni militai nel Fronte, capeggiando una sezione. Realizzai con un archetto l'unica manifattura della mia vita, lo stampo di una fiaccola per riprodurne la sagoma sui muri. Era bella la fiaccola ed era fiera la mano che l'impugnava. Ho pensato allora di rivolgere un appello. Sono tanti i ragazzi passati da quella militanza, me ne accorsi una volta che parlai del loro sogno tradito dal leader. Allora chiedo a tutti loro e ai fondatori del Fronte, Massimo Anderson e Pietro Cerullo che guidava la Giovane Italia: se avete una bandiera con la fiaccola contattate
 chille_s@camera.it . 



Confesso che mi ha colpito questa richiesta, non solo per la tragedia ma anche per la tenera fedeltà ai propri vent'anni e per la voglia di dedicare la propria vita, anzi di avvolgerla nel simbolo di un ideale di gioventù che resta il segno di nobiltà e di passione pubblica in un'epoca privata d'ambedue. Una fiaccola per affrontare il buio.


Marcello Veneziani

venerdì 16 dicembre 2011

Una medicina davvero molto amara



Lo sciroppo nauseabondo si trangugiava perché era necessario per guarire. Poi hanno inventato gli sciroppi zuccherosi che allappano e non guariscono. Bankitalia, Confindustria e Governo proclamano che “è recessione”. Il giorno prima del voto di fiducia sulla manovra. Come per dire: o mangi ’sta minestra o salti dalla finestra. I partiti italiani più o meno la voteranno, perché è inutile ambire al governo di un Paese che magari l’anno prossimo non c’è più.


 La Lega voterà contro, perché spera sinceramente che l’Italia, l’anno prossimo, non ci sia più. Ma è venuto il momento di chiedersi (e se lo chiedono in tanti): era necessario un governo di professori per fare questo scempio? E una volta che lo scempio è fatto, tocca davvero tenerseli fino al 2013? Vogliamo continuare a sostenere, col Repubblichiere della Sera, che “sospendendo la democrazia” (espressione usata da D’Alema a Sky) Napolitano ci ha salvato? Vogliamo continuare a prendere per il naso gli italiani dicendogli che si appianano mille e novecentonove miliardi di debito sciogliendo le province e tagliando i “costi della democrazia”? Qualcuno ha il coraggio di calcolare quanto costa in posti di lavoro?


Gli italiani possono salvare l’Italia. Ma qualcuno deve chiedergli di essere un popolo anziché auspicare che i sacrifici li faccia il vicino o invocare la salvezza dall’alto (o, come al solito, dall’estero). Invece che mettere le mani in tasca agli italiani, perché non responsabilizzarli con un prestito per amor di Patria, per comprare noi il nostro debito e rimetterci in piedi con le nostre forze? Lo proposero Milano Finanza e il presidente dello Ior. Ma c’era un altro governo e la manovra era targata Tremonti. Ora, non se ne parla più...


Marcello de Angelis

giovedì 15 dicembre 2011

ZIMBELLI D'ITALIA

L'INQUINAMENTO O LE BOIATE DI QUESTA AMMINISTRAZIONE
la pubblicità (degrado) che riceve gratuitamente la nostra città.
E' il momento di dire basta a queste continue umiliazioni.
Oggi (15/12) il giornale "la repubblica" si è interessato della questione dei "gettoni d'oro" percepiti dai nostri consiglieri comunali.
Accusati pubblicamente dall'amministrazione Pino che nei giorni scorsi ha presentato il conto,chiedendo indietro i soldi percepiti ingiustamente,per poi ritrattare...nell'aria c'era già odore di "SFIDUCIA
"

mercoledì 14 dicembre 2011

«A salvarci non saranno i tecnici»


Noi stiamo preparando un subemendamento, dobbiamo dimostrare che la politica è ancora capace di incidere per conseguire il bene di tutti». Il ministro Fornero in mattinata aveva annunciato un emendamento del governo per un prelievo di solidarietà sulle pensioni sopra i 200mila euro. Doveva essere del 25%. In serata, emendamento alla mano, quel contributo era calato al 15%. Davvero troppo poco per Giorgia Meloni, che è stata fra i primi a rivendicare la necessità della misura.

Cos’è successo su questo contributo?
Guarda, noi speravamo che si potesse trovare una sintesi. Abbiamo lavorato per questo. Io l’avrei quantificato al 50% sulla quota che eccede i 120mila euro, quindi per le pensioni che superano di venti volte il minimo. La Fornero proponeva il 25% sopra i 200mila. Per noi un punto d’equilibrio poteva essere e può ancora essere il 25% sopra i 120mila euro. Ma 15% sopra i 200mila euro è inaccettabile.

È comunque più di quello che era previsto all’inizio, cioè niente.
Sì, ma quando parliamo delle pensioni d’oro parliamo di una vergogna nazionale, di un sopruso, non di un diritto acquisito. La Fornero è venuta in commissione, le abbiamo detto che quando si blocca l’indicizzazione delle pensioni non si può non intervenire su gente che percepisce pensioni pubbliche da centinaia di migliaia di euro, da un milione anche. Sembrava avesse capito, invece ora spunta questo 15%.

Come parlamentari vi sentite esautorati?
Il punto non è questo. Il punto è l’equità sociale. Queste pensioni non sono mai frutto dei contributi versati, la quota che manca la sta mettendo la nostra generazione. Per me andrebbero proprio revocate, mi rendo conto che non si può fare, anche per motivi di costituzionalità, e sono disponibile alla leva fiscale. Ma l’intervento va fatto, e sul serio. Come si fa a prevedere misure come quelle previste, senza incidere seriamente sulle situazioni di vero privilegio?

A quanto pare si fa...
Sì, solo che la politica non può starsene a guardare. In questa fase abbiamo un ruolo di sentinella e abbiamo intenzione di giocarlo fino in fondo. Con Moffa, Marsilio e altri colleghi sulle pensioni d’oro stiamo preparando un subemendamento. Per rispondere alla domanda di prima, la politica non può essere esautorata: è l’unica che possa garantire gli interessi di tutti. Non mi rassegno al fatto che alla fine i tecnici ci salveranno, resto convinta che sarà comunque la politica a salvarci.

Che pensi del sondaggio che dice che il 58% degli italiani ha fiducia in Monti?
Che non mi serviva. Con le persone ci parlo e so che continuano ad accanirsi contro la politica, anche quando non è necessario. Tutta questa polemica sul taglio delle indennità, per esempio, è strumentale e lo è anche da parte di Monti. Tutti sanno che la politica aveva già deciso autonomamente di adeguare gli stipendi alla media europea e aveva anche già dimezzato le auto blu. Ci aveva pensato un governo politico, non un governo tecnico. Ma mi pare che da parte di quest’ultimo ci sia un tentativo di scaricare la responsabilità sulla classe politica.

Che però, insomma, qualche errore l’avrà pure compiuto.
L’ha compiuto e lo continua a compiere, se è per questo. Ma la politica resta l’unica possibilità che ciascuno di noi ha di cambiare la propria vita e quella degli altri in modo disinteressato. La politica ha un valore straordinario, che io continuo a difendere soprattutto in tempi di antipolitica. Il qualunquismo è un nemico dell’Italia, quando si smette di distinguere tra chi fa politica per gli altri e chi abusa del proprio ruolo non si aiuta la qualità della nostra democrazia. E quando si cavalcano battaglie come quella per cui i parlamentari dovrebbero lavorare gratis si prende una strada che porta a un parlamento fatto solo di ladri o ricchi. Anche per questo la politica deve avere uno scatto d’orgoglio e fare le riforme necessarie, a partire da una cosa semplice come reintrodurre le preferenze. E poi mi pare che oggi anche i tecnici si siano resi conto che fare le cose non è facile, che c’è da lavorare tantissimo e che delle sintesi c’è sempre bisogno. E le sintesi sono il terreno della politica.

intervista rilasciata al "secolo d'italia" Giorgia Meloni

MUSSOLINI VAFFANCU...ORE!


Alessandra Mussolini ai tagli agli stipendi per i parlamentari non ci sta! La proposta di abbassarli a 5000 euro l’ha fatta andare su tutte le furie.
E’ come se ci mandassero nudi per strada. Poi è ovvio che uno si ammala, prende l’influenza, si aggrava, arriva la polmonite e quindi…” Già lo stop ai vitalizi è un’istigazione al suicidio, figurarsi ora. Così ha commentato Alessandra Mussolini in un’intervista al settimanale “A”.
Per colpa di pochi, quelli che si sono arricchiti con la politica e i soldi sottobanco, paghiamo tutti”.
La Mussolini è molto arrabbiata. “Per i cittadini soffriamo ancora poco. Vogliono vederci soffrire ancora di più. Se abbassassero i nostri stipendi a 1000 euro al mese, la gente ci vorrebbe vedere prendere 5oo euro”.
I tagli potrebbero arrivare in busta paga già da gennaio e sono previsti dalla manovra di Mario Monti. Dopo il ritocco al vitalizio e alle pensioni, un altro boccone amaro da buttar giù per i parlamentari. Ma quanto tagliare? Una delle proposte sul tavolo è quella di agganciare l’indennità degli onorevoli a quella degli europarlamentari o adeguarla alla media europea.
Un taglio,un taglio netto,ai privilegi della casta ci vorrebbe..ci vorrebbe proprio!Sarebbe il collante giusto per riscoprire quei valori che caratterizzano il nostro credo politico.Per riscoprire quella destra sociale,della quale tutti parlano(e ci mangiano),che ormai di sociale non ha più niente.

martedì 13 dicembre 2011

L'amministrazione Pino si piega alle industrie locali


Mentre il consiglio comunale si batte per la salute dei cittadini,un noto esponete dell’amministrazione pino candidamente propone ai rappresentanti dei centri sociali per anziani,che avevano chiesto l’aiuto dell’amministrazione per la realizzazione della tradizionale festa natalizia, di chiamare il direttore della raffineria,che prontamente  risponde <”presente”>mettendo a disposizione la saletta del Mediterranea Club,e il relativo pasto,ad un’unica condizione,che i giornali il giorno dopo scrivano titoloni sulla benevolenza della RaM.

L’amministrazione comunale si piega,ancora una volta,alle industrie locali.
Affidiamo a queste poche righe  la nostra indignazione verso chi non tutela i propri cittadini ma li condanna ad una lenta morte!

Casaggì Milazzo

lunedì 12 dicembre 2011

Pensano soltanto a salvare i loro soldi.La casta non si taglia l'indennità

La casta non si taglia l'indennità. Fini guida la rivolta dei parlamentari: con la scusa dell'autonomia difendono lo stipendio
Gli stessi parlamentari che si apprestano a votare una manovra triennale che porterà le nostre tasse al 45 per cento del reddito non hanno intenzione di votare una sforbi­ciata ai propri stipendi. C’è una buona ragio­ne per la quale i deputati sono contrari al taglio delle proprie indennità: non possono es­sere i governi a decidere delle prerogative dei parlamenti. In ricordo degli scudi creati a tutela delle ingerenze dei sovrani, oggi i parlamenti sono immuni dalle norme retri­butive che possono prevedere i governi. L’impressione è che però questi signori stia­no giocando con il fuoco. Si alimenta così un pericoloso scollamento dalla realtà del Pae­se, che gli stessi parlamentari contribuisco­no a dipingere come nera, nerissima.
Cerchiamo di essere chiari. Oggi si chiede a 10 milioni di pensionati di rinunciare all’in­dicizzazione del proprio assegno, il che equi­vale a una perdita secca. Si obbligano 2,2 mi­l­ioni di vecchietti ad aprire un conto corren­te, a pagarci sopra un bollo, perché lo Stato ha deciso di non dare più loro pensioni in for­ma contante. Si allungano di botto i tempi per andare in pensione anche a lavoratori che ne avrebbero avuto diritto nel giro di po­chi mesi. Ci si inventa una tassa retroattiva sugli scudi fiscali, che dovevano essere il conto finale e unico delle pendenze con le Fi­nanze. Si aumenta il costo della benzina in un Paese in cui 59 italiani su 100 hanno un auto e l’89 per cento del trasporto commer­ciale è ancora fatto su gomma. Il che vorrà di­re meno reddito disponibile praticamente per ogni italiano e un aumento dei costi dei prodotti finiti. Si decide di reintrodurre la tassa patrimoniale sulla prima casa, cancel­lata solo pochi anni fa. E lo si fa rendendola ancora più gravosa della vecchia Ici. Si deci­de di non dare più un’aliquota agevolata a chi affitta la casa e per questa via si ridurrà an­cora di più il numero delle locazioni che og­gi sono pari solo al 9 per cento del complesso degli immobili dell’intera Italia. Si decide di aumentare le tasse sui redditi. Lo si fa in mo­do un po’ vigliacco. Non cambiando le ali­quote nazionali, ma quelle regionali. E dun­que per questa via a pagare saranno i soliti onesti. Si introducono i bolli sui depositi Bot e conti correnti che possono arrivare a 1.200 euro l’anno.Si spiano i movimen­ti bancari di tutti gli italiani.
Insomma, è chiara l’antifona. Pagheremo tutti e pagheremo ca­ro. Con scarsa, scarsissima atten­zione alle libertà personali, al dirit­to di proprietà, alle questioni for­mali, che i deputati invece consi­derano così importanti quando si tratta degli affari loro. Gli italiani avranno tasse retroattive, tagli re­troattivi, accise sulla benzina in vi­gore da ieri, doppia imposizione sul risparmio (bolli e cedolari) che è già stato più che tassato quando era reddito e gabelle sulla casa dall’incostituzionale sapore espropriativo. E i parlamentari che ci raccontano? Che c’èl’auto­nomia delle Camere, che la politi­ca ha un costo, che l’antipolitica è pericolosa.
È tutto vero. E non si ha voglia di fare i pierini. Però manco essere presi per fessi. Quando un Parla­mento chiede lacrime e sangue ai cittadini (è così presidente Monti, nonostante le sue improvvide smentite) deve quanto meno adot­tare la stessa misura a se stesso. Non è una questione di sobrietà (termine oggi molto in voga), ma di esempio e di sopravvivenza. Se è vero che l’Italia rischia il default e dunque i cittadini debbono di­ventare più poveri ( è ciò che avver­r­à con la gragnuola di tasse che do­vremo pagare) non è tollerabile il balletto ipocrita dei propri rappre­sentanti.
Il rischio che si corre è che l’anti­politica non si fermi. Oggi questa eventualità è molto più pericolo­sa per il nostro sistema politico di quanto lo sia la presunta violazio­ne d­elle proprie prerogative istitu­zionali.
Così facendo i nostri parla­ment­ari alimentano il mostro del­l’antipolitica, delle proteste di piazza, del qualunquismo più sciatto. Devono fare i sacrifici per salvarsi e salvarci. Quando un go­verno dall’oggi al domani cambia le carte in tavola per l’età di pensio­namento (e bene ha fatto) non può pensare di aspettare i risultati di una commissione per decidere la propria riduzione dello stipen­dio: lo faccia e basta. Se non ama il decreto del governo (e ripetiamo che dal punto di vista formale ha ragione da vendere) decida lei quanto autoridursi l’appannag­gio. Ma non tergiversi, così come non ha perso tempo quando si è trattato di tassare gli italiani.
Il rischio che i nostri politici cor­rono è che continuando così non possano più mettere la faccia fuori di casa o dal Parlamento e che il go­verno dei tecnici diventi agli occhi dell’opinione pubblica l’unica sal­vezza di questo Paese. Dio ce ne scampi. Faremmo qualche miglia­io di anni di passi indietro. Roma val bene la riduzione di una paga.

Nicola Porro per ilgiornale

domenica 11 dicembre 2011

MILI-TANTI AUGURI!

‎18 DICEMBRE H18:30• VIA UMBERTO I 117
-MILAZZO-
APERITIVO NATALIZIO
passa in sezione,facciamoci gli auguri di natale!

giovedì 8 dicembre 2011

La crisi? Smoking e gioielli


Per il presidente Napolitano la crisi è drammatica. Per il premier Monti sono a rischio gli stipendi degli statali. Ma siccome siamo in Italia, la situazione, come sempre, è grave ma non seria.
Così ieri sera, dopo aver tagliato le pensioni, tassato le case e aumentato la benzina, Napolitano, Monti e mezzo governo si sono riposati della fatica. Hanno indossato lo smoking migliore e insieme alle mogli vestite da Armani e ingioiellate a dovere si sono buttati tra gli arazzi, gli ori e gli stucchi della Scala di Milano per la prima della stagione. Nulla di illegittimo. Anzi, beati loro. Dico solo che se la stessa cosa l’avessero fatta Berlusconi e soci, all’uscita (ma forse già all’entrata) i tartassati li avrebbero presi a verdure in faccia e oggi i soliti opinionisti sprecherebbero fiumi di inchiostro per indignarsi di fronte allo schiaffo alla miseria e al rigore.
E invece non accadrà nulla del genere. Basta, non si protesta più. Siamo in un’era nuova, ipocrita, moralista e anche un po’ furbetta. La verità viene edulcorata, a volte rimossa. Una sorta di regime di terrore dello spread per tenerci tutti zitti e a posto. Per esempio non è bello scoprire che gli annunciati tagli alla Casta della politica (con i quali Monti aprì la conferenza stampa della stangata) sono una bufala. Nella stesura definitiva della legge, infatti, il governo ha fatto cancellare la data dell’aprile 2013 per l’abrogazione delle Province e rimandato tutto a una legge ordinaria. Cioè a mai. Ce l’hanno forse detto? No, l’hanno scoperto, leggendo le carte e gli allegati, i colleghi del quotidiano Italia Oggi. Del resto il governo Monti ha capito velocemente che non si può fare politica senza la politica. Così, dopo aver accontentato la Casta, ora speriamo che accontenti un po’ anche noi. Per esempio su Ici, superbollo, e pure sulla tassa per le imbarcazioni, le cose non stanno come annunciato. C’è tempo per cambiare, perché la classe media non andrà alla prima della Scala ma non per questo la si può prendere per i fondelli agitando, ovviamente in smoking e sorseggiando champagne, la mannaia del rigore o morte.
Alessandro Sallusti

mercoledì 7 dicembre 2011

A chiesa,partiti e sindacati non è stato tolto neanche 1 euro!

Almeno a parole sembrano essere tutti d'accordo: la nuova legislatura della Regione Molise deve partire con i tagli ai costi della politica. Nonostante le buone intenzioni, però, i gruppi consiliari in Consiglio regionale sono aumentati da 14 a 16, mentre i vitalizi e le ricche indennità dei consiglieri restano invariate.
Gli esponenti del centro sinistra avevano improntato tutta la campagna elettorale contro l’uso delle auto blu, i vitalizi e contro le esose indennità percepite da consiglieri e assessori regionali. Sulla stessa linea, il governatore di centro destra Michele Iorio ha chiesto al presidente del Consiglio regionale, Mario Pietracupa (Adc), di convocare per domattina una riunione urgente della Conferenza dei capigruppo proprio per discutere dell'argomento. Lo stesso Pietracupa, nel suo discorso di insediamento in aula, ha ammonito di “essere molto attenti ai comportamenti ed evitare gli sprechi”. Sui tagli, dunque, sono tutti d’accordo a parole, al punto che l’Italia dei valori è andata addirittura oltre. Due consiglieri regionali (Cristiano Di Pietro e Paolo Palomba) hanno rilanciato l’idea di accorpare il Molise con l’Abruzzo.
Al netto di intenzioni, proposte e promesse, adesso però si attendono i fatti. Le premesse non sono delle migliori, visto che di concreto ancora non c'è praticamente nulla, ma la speranza è che tutti, sapendo che una situazione del genere non potrà durare a lungo, si decidano a prendere le forbici in mano e tagliare i tanti privilegi che si annidano nell'amministrazione pubblica e, anche e soprattutto, nella politica. Prima o poi, in sostanza, le indennità dovranno essere dimezzate e il numero dei consiglieri dovrà essere ridotto a venti.
Ma non sono solo i tagli ai costi della Regione ad animare il dibattito politico in Molise. E' anche la manovra del governo Monti a far discutere. I due presidenti delle Province di Campobasso e Isernia, Rosario De Matteis e Luigi Mazzuto (entrambi del Pdl), criticano i provvedimenti in essa contenuti, colpevoli di “incidere pesantemente sulla qualità dei servizi che le Province erogano ai cittadini”. Vista da dentro il Palazzo, la manovra più che “salvare Italia” fa paura a molti amministratori locali, che temono possa finire con l'affossare i territori e, dunque, il Paese. Il coro degli scontenti abbraccia tutti: sindacati e associazioni di categoria, enti locali e singoli cittadini. Tutti battono sulla stessa nota: la manovra non è equa. Si poteva fare di più sui redditi alti e sarebbe stato meglio presentarla assieme a misure per la crescita.
La Cgil del Molise ha subito attivato due presìdi a Campobasso e Isernia per dire il suo no secco. A manifestare oggi a Isernia, davanti alla Prefettura, i rappresentanti di tutte le categorie sindacali e in prima fila i pensionati, che contestano le nuove norme sulle pensioni di anzianità e il mancato adeguamento degli assegni mensili al costo della vita. Provvedimenti che si teme accentueranno la condizione di crisi, visto che andranno a ricadere sui cittadini già sufficientemente provati dalla congiuntura economica. Va anche detto che non tutti i tagli del Governo trovano l'opposizione del sindacato. Per il segretario regionale dei pensionati Cgil, Giovanni Varriano, infatti, “ci vuole una riorganiozzazione dello Stato. Ci sono troppi Enti, troppe spese. Basterebbe affidare le funzioni gestite dalle Province a strutture tecniche meno costose, azzerando così i costi per mantenere attivi centinaia di consiglieri e assessori provinciali”. C'è consapevolezza, in generale, che il momento di crisi richiede misure forti e immediate, come c'è consapevolezza che gli sprechi sono troppi e vanno aboliti. Resta però aperto il dibattito su chi deve e può pagare di più e, come ha sottolineato il ministro Fornero, ieri sera, alla trasmissione televisivaBallarò, c'è disponibilità a rivedere alcuni punti della manovra come quello della indicizzazione delle pensioni, purché a saldi invariati. Il Molise, come tutte le Regioni italiane, guarda a Roma con attenzione e preoccupazione perché, si sa, il futuro del territorio dipende in buona parte dalle decisioni prese dal potere centrale.
di Giuseppe Lanese

martedì 6 dicembre 2011

Se la politica avesse fatto politica,ora Monti starebbe a fare il professore

“Il Monti ha partorito un topolino”. Il commento, sacrastico e gustoso, dell’editoriale politico di Giancarlo Loquenzi da parte di un lettore, aiuta non poco. Aiuta non soltanto l’immaginazione e il pensiero laterale - che non sarebbe male attivare, soprattutto in tempi di vacche magre -, ma anche la percezione storica e politica. In soldoni: se la politica non avesse fatto fiasco, oggi non avremmo il Monti che partorisce il topolino. E’ l’aspetto che dobbiamo sottolineare, perché talvolta ci sembra di vivere nel mondo dello schizofrenico John Nash, il geniale matematico, inventore della teoria dei giochi, premio Nobel per l’economia nel 1994.
Si odono voci, suoni; si vedono strane immagini spettrali; si vivono strane esperienze di confine: il mondo della malattia mentale. Tutto nella testa di un uomo, avvitatosi ormai da tempo nella morsa del tarlo psichico, divorante. Abbiamo l’impressione che questa distorsione cognitiva grave si sia alimentata di se stessa, fino al punto di non riuscire a trovare altra via d’uscita se non la replica di se stessa. I personaggi in cerca d’autore, alla fine, hanno vita facile: l’autore si trova, di volta in volta, ed ha la faccia di questo  quel leader, politico, peones, più o meno indignato, perplesso o sbalordito. Un copione che diventa cornice ed evidenzia i tratti della debolezza strutturale della politica: ecco il punto.
Monti è la scelta residuale per un Paese con una delle peggiori classi dirigenti del mondo. E’ vero: la politica non se la passa bene, in generale. Obama ha le sue gatte da pelare e non tira conigli fuori dal cilindro, a quanto pare; la Merkel ormai è ai limiti del grottesco, sembra un personaggio dello scrittore suo connazionale, Grass; su Sarkò, meglio stendere un pietoso velo. Insomma, se Atene piange, Sparta non ride? No, sbagliato. Così, ci siamo fregati con le nostre mani.
Non è mai stato vero che Berlusconi fosse la quintessenza dei mali del Belpaese. Ma non è neanche riuscito ad essere il Principe del terzo millennio italiano. Il centrodestra non ha saputo trovare la formula politica e strategica per sfondare anche al centro-centro e scrollarsi di dosso la paralisi post-“finista”. Questo si chiama un mezzo risultato, il regno della mediocrità, ossia qualcosa di peggio del fallimento: l’incompiuta. Questa è la verità. Oggi, se è inutile recriminare per Monti al governo, non possiamo neanche far passare tutto in cavalleria sul versante politico-politico, per così dire. Non ci siamo.
La politica ha saputo interpretare il lato peggiore e più indecente del tradimento delle élites italiane – secondo la storia patria meno nobile, Italietta in primis -, salvo poi scaricare il costo dell’operazione al ribasso della svendita del governo al popolo retoricamente definito sovrano, in realtà considerato bue o, nella migliore delle ipotesi, utile idiota per operazioni elettoralistiche eccitate da propaganda, spesso becera, un tanto al chilo.
Dunque, i tecnici – per la mia formazione, la soluzione meno accettabile – sono il frutto di questo limite storico e strutturale di una politica fregata da un ventennio circa di massacro della cultura politica – con gli anni ’90 del secolo scorso ancora da indagare realmente, leggi alla voce Tangentopoli – e dal rientro dalla finestra di antichi parassitismi di casta e corporativi, frutto di un capitalismo che privatizza gli utili e socializza le perdite. Questa è la verità: il fallimento della politica come orientamento strategico generale e visione del Paese. I tecnici fanno i “tecnici”, sapendo di fare politica, semplicemente perché la politica – sempre meno tecnica, tosta e strutturata – ha smesso di fare la politica. Le chiacchiere, su questo punto, stanno a zero.

di 

Raffaele Iannuzzi


lunedì 5 dicembre 2011

PIANGE IL GOVERNO, NOI DI PIU'



Dicono che siamo di fronte a una manovra equa. Sarà, a noi sembra più una manovra Equitalia, cioè da esattore delle tasse. Tasse sulla casa, sui consumi, sui beni finanziari, sulle barche, sulle auto di lusso e altro ancora (vietate spese in contante sopra i mille euro). Ma guai a chiamarla patrimoniale. Mario Monti, presentando ieri sera la sua manovra, ha giocato con le parole e con una retorica un po’ pretesca, stando attento a non irritare i partiti che dovranno sostenerlo in Parlamento. 


Il centrodestra è riuscito a portare a casa che l’Irpef non si ritocca all’insù,la sinistra ha ottenuto una tassa aggiuntiva sui capitali scudati (odiosa perché annulla un precedente patto tra lo Stato e i cittadini). Ma il risultato non cambia. I sacrifici sono grossi, tanto che nell’annunciare quelli di sua competenza (riforma delle pensioni), la ministra Fornero si è messa a piangere. Che dire, se piange il governo, figuriamoci cosa dovremmo fare noi lavoratori contribuenti. Per indorare la pillola, la declinazione dei sacrifici è stata preceduta dall’annuncio di tagli alla casta della politica. In sintesi, le Province verranno ridotte al lumicino, non saranno più organi di governo (dieci consiglieri, nessuna giunta) e le poltrone di enti pubblici non costituzionali non saranno più retribuite. Nessuna parola sul Parlamento, forse per evitare di inimicarsi deputati e senatori. Al centrodestra questa manovra ovviamente non piace e di incentivi allo sviluppo se ne vedono ben pochi. 


Ma se non è ancora più punitiva per il ceto medio italiano forse lo si deve proprio al fatto che il Pdl ha accettato di sostenere il tentativo del governo Monti per condizionarne alcune scelte. È quindi probabile, anzi certo,che Alfano darà l’indicazione ai suoi di votare la fiducia che Monti chiederà in aula nei prossimi giorni. Il che non è propriamente un sì ai singoli provvedimenti, ma un secondo via libera al governo dei tecnici in attesa di vedere la prossima ondata di provvedimenti, tra i quali la riforma del mercato del lavoro. 


Se il centrodestra non ride, a sinistra si piange. La conferma di una riforma delle pensioni che tocca età e adeguamenti rende critico come non mai il rapporto tra la Cgil e il Pd che dovrà sostenerla in aula. Ma Bersani non ha via d’uscita, se non lasciare la protesta alla Camusso e a Di Pietro. Il vero capo del Pd, Giorgio Napolitano, non ammetterebbe colpi di testa.
di Alessandro Sallusti

sabato 3 dicembre 2011

Una pioggia di tasse È la strada più facile

Il governo tecnico ha la mano pesante. E aziona la leva fiscale senza pietà. D’altronde i medici pietosi non hanno mai salvato alcun paziente, e l’Italia è malata grave.
Il morbo che la affligge è il debito pubblico, ormai cronico dopo quarant’anni di pessima amministrazione. Da notare che i politici responsabili d’aver sperperato denaro l’hanno sempre fatta franca. E il conto adesso lo pagano, come sempre in questi casi, i cittadini. Dal premier però ci si aspettava qualcosa di diverso dalle solite stangate.
Anche lui invece - forse per la fretta di affrontare l’emergenza - pare comportarsi alla vecchia maniera: e cioè prelevando sangue dal corpo anemico dei contribuenti onesti, quelli che hanno sempre versato di più. Prendiamone atto. Per commentare la manovra in arrivo usiamo una frase celebre: «Qualunque imbecille può inventare e imporre tasse; l’abilità consiste nel ridurre le spese» (senza demolire la qualità dei servizi, s’intende). La scrisse all’inizio del 1900 il padre della scienza delle finanze italiana, Maffeo Pantaleoni. Oltre un secolo più tardi, Tommaso Padoa-Schioppa tentò maldestramente di correggere il maestro con la seguente espressione: «Le tasse sono belle ». Talmente belle che gli evasori italiani sono rinomati nel mondo.
Transeat. Aggiungiamo soltanto che il presidente del Consiglio se non altro ha provato a incidere sulla spesa corrente,quella che provoca l’innalzamento del debito, ritoccando il sistema pensionistico (vedremo lunedì prossimo come) e annunciando tagli alla sanità. Poca roba rispetto alle necessità di bilancio, ma è sempre meglio del niente fatto finora dagli esecutivi incapaci di eseguire il loro compito: non vivere al di sopra delle proprie possibilità, preoccuparsi di recuperare le risorse prima di spartirle. Prediche inutili. Per il resto, a giudicare da quanto si è saputo, il professore bocconiano non ha resistito alla tentazione di agire sul piano dell’ovvietà: aumentare i tributi, esattamente il contrario di ciò che suggeriva Pantaleoni, del quale abbiamo ricordato l’insegnamento.
E allora che dire? Per inasprire le aliquote dell’Iva e dell’Irpef (sui redditi stupidamente considerati alti, quando invece sono bassissimi: circa 70mila euro ed oltre), per reintrodurre l’Ici sulla prima casa e aggiungere un’Ici (patrimoniale) sulla seconda e la terza, per rivalutare gli estimi catastali degli immobili (minimo 15 per cento), per tagliuzzare qua e là, parliamoci chiaro, forse non era indispensabile un governo di docenti: come già abbiamo avuto modo di dire, sarebbe potuto bastare un ragionier Rossi, un Andreotti qualunque.
Infatti, il gigantesco apparato burocratico messo in piedi in sessant’anni di Repubblica delle banane, i numerosi enti dannosi che costano e non producono (le Authority per esempio, o i Tar, ma ce ne sono a bizzeffe), le Regioni, le Province eccetera non saranno nemmeno sfiorati dalle cesoie.
In sostanza, con i provvedimenti che Monti si accinge a presentare non andremo da nessuna parte. Nel senso che non sistemeremo i conti pubblici, non aggiusteremo lo spread, non cominceremo neppure l’opera di risanamento sollecitata dalla Ue. La speranza è che il premier abbia qualche altra carta da giocare e che il Parlamento gli spiani la strada anziché, com’è sua abitudine,creargli ostacoli e vanificare i suoi deboli sforzi. Difficile essere ottimisti. Antonio Di Pietro, sulle pensioni, ha già detto a Monti: marameo. Idem la Lega.
da ilgiornale.it

giovedì 1 dicembre 2011

Alluvione nel Messinese, in migliaia ai funerali delle tre vittime di Saponara


Si sono svolti stamattina a Saponara i commossi funerali delle tre vittime dell’alluvione di martedì scorso:Giuseppe e Luigi Valla e il piccolo Luca Vinci. Sua madre è arrivata in barella, e ha ricevuto l’abbraccio di tutto il suo paese.
Non posso non esprimere disappunto e sdegno per i tentativi di sciacallaggio, per le precipitose conclusioni di quanti si limitano solo ad accusare gettando fango sulla nostra gente e sul nostro territorio. Non posso permettere a nessuno di sporcare la dignita’ della nostra gente”. Lo ha detto l’arcivescovo di Messina, Calogero La Piana, durante l’omelia della messa celebrata nella chiesa di san Domenico insieme all’ex parroco di Giampilieri, Giovanni Scimone. ”La nostra terra – ha osservato il presule – e’ sempre tacciata di mafia corruzione e abusivismo. Dico, a che serve denunziare, se poi scelte e comportamenti non annunciano qualcosa di di diverso?”.
L’arcivescovo, che ha invitato a pregare per le vittime, ha espresso anche ”gratitudine per i numerosi aiuti arrivati da ogni parte e riconoscenza per l’opera svolta da numerosi volontari per liberare strade e case dal fango ed aiutare la popolazione”.

Tanti giovani generosi – ha ricordato monsignor La Piana – sono stati impegnati ad aiutare la popolazione. Grazie per il vostro esempio, da voi arriva il coraggio il conforto per risollevare questo teritorio. Non rimanete solo gli angeli del fango, ma fate in modo che i vostri cuori siano sempre aperti agli altri”. L’arcivescovo di Messina ha poi ricordato che l’alluvione di Saponara e’ avvenuta ”a poco piu’ di due anni dal doloroso evento che ha colpiti i centri della zona ionica. Di nuovo con gli occhi pieni di lacrime sconvolti e confusi ci ritroviamo di fronte all’ennesimo disastro che ha interessato il versante tirrenico che provocando tragedie e stravolgimenti”. Il presule ha poi espresso solidarieta’ ai parenti del piccolo Luca, di Luigi Valla e del figlio Giuseppe ”vittime di una frana imprevedibile” ed ha invocato gli ”aiuti necessari” alla popolazione ”per riappropriarsi del proprio futuro, per pianificare interventi per la ricostruzione”. A questo proposito monsignor La Piana ha invitato ”ad andar al di la’ della convenienza personale con atteggiamenti condannabili come minacce estorsioni, tangenti. Ognuno deve avvertire forte la propria responsabilita’: governi nazionali, regionali locali e singoli cittadini. L’aiuto non tardi ad arrivare affinche’ il sacrificio non risulti vano”.
Durante la celebrazione dei funerali un compagno di scuola di Luca Vinci, 10 anni, una delle tre vittime dell’alluvione di Saponara, ha letto una lettera scritta insieme agli altri amici e compagni di giochi del bambino. ”Caro Luca – ha detto con la voce straziata dal pianto – tu per noi sei sempre qui. Sei sempre stato un ragazzo splendido e quando arrivavi tu era come se arrivasse il sole. Tu che ora sei in cielo con Gesu’ sarai per sempre il nostro angelo custode”.
a cura di meteoweb.eu