mercoledì 31 luglio 2013

II Memorial Paolo Borsellino..arrivederci al prossimo anno!

Venti giorni intensi sono trascorsi dalla prima partita del torneo alla finale di ieri sera.

Anche quest’anno grande partecipazione e altissimo livello tecnico per il II° memorial dedicato a Paolo Borsellino.Non ci sono parole adeguate per descrivere un torneo emozionante che oltre gli atleti ha visto impegnati tanti ragazzi,che con il loro contributo hanno reso questo torneo impeccabile.

Una venti giorni “staffetta” per tramandare e tenere alto il ricordo di un grande uomo che ha sacrificato la propria vita per migliorare la nostra comunità,la nostra terra.
Un ringraziamento speciale a tutti i partecipanti e ai ragazzi che hanno lavorato per la buona riuscita del torneo.L’appuntamento è per il prossimo anno!

Grazie a tutti.
BM MILAZZO
vincitori del Memorial Borsellino
per il secondo anno consecutivo

mercoledì 24 luglio 2013

Manif pour tous” arriva in Italia: “No al bavaglio per chi difende la famiglia”

Una pagina facebook appena nata a presa d’assalto in poche ore, una uscita pubblica in programma per giovedì a Roma sullo stile dei Veilleurs e la prima maglietta ufficiale. “Manif pour tous” sbarca in Italia. Non (solo) in segno di solidarietà alla “primavera francese” che si sta consumando oltralpe contro la legge Taubira e che sta risvegliando la volontà di partecipazione di gran parte dei giovani francesi che occupano da mesi le piazze contro le politiche antisociali del governo Hollande. Ma proprio perché anche in Italia, come denunciano i promotori, sarebbe in atto un tentativo analogo non solo di liberalizzazione del matrimonio per le coppie omosessuali ma anche l’eventualità di un vero e proprio reato d’opinione dietro le norme sul contrasto all’omofobia.
Come spiegano i fondatori del sodalizio italiano nel comunicato, «il 18 giugno 2013 è stato avviato l’iter legislativo al Senato della Repubblica sulla proposta di legge per l’accesso al matrimonio da parte delle coppie formate da persone dello stesso sesso (chiamata “Matrimonio egualitario”). Inoltre, nel cassetto c’è anche quella della Modificazione dell’attribuzione di sesso». Il punto delicato, assieme a questo, riguarda proprio «la discussione della legge in “Contrasto all’omofobia e alla transfobia” proposta dal deputato Ivan Scalfarotto (Pd) come integrazione della Legge Mancino Reale» che istituisce «tra i reati che persegue, il crimine legato alla discriminazione di genere, punendolo con il carcere. È quindi una vera e propria legge bavaglio».
Bavaglio per un motivo in particolare: «Se pubblicamente si dichiara che il matrimonio tra persone dello stesso sesso non sia paragonabile a quello tra uomo e donna (sulla proposta di legge giocano sul concetto di “idee fondate sulla superiorità”)», potrebbe accadere che questa affermazione potrebbe «essere benissimo letta come una discriminazione, se non addirittura un incitamento alla violenza, verso le persone omosessuali, cosa che può portare al carcere fino a quattro anni». Un po’ come già accade in Francia, dove episodi di censura (e anche di violenza) delle forze dell’ordine contro manifestanti pacifici di Manif pour tous hanno richiamato l’attenzione delle stesse istituzioni europee.
Secondo l’associazione «è chiaro che questa prima proposta è un cavallo di troia per far passare senza troppa fatica le altre due proposte di legge, compresa l’adozione da parte delle persone dello stesso sesso. Nella proposta di legge sul “Matrimonio egualitario” c’è l’esplicita volontà di sostituire le parole “marito e moglie” con la parola “coniugi”. Insomma, una vera decostruzione di ciò che da sempre ed in tutte le culture è stato considerato il cardine della società umana, la famiglia fondata tra un uomo ed una donna». Per protestare contro tutto questo si sono dati appuntamenti giovedì a Montecitorio dove, a partire dalle 19, «verrà distribuita a tutti i partecipanti una candela da utilizzare durante la veglia, come richiamo a non spegnere la propria coscienza». Inoltre  i promotori consigliano «di portare anche un bavaglio, a ricordare che la libertà  di pensiero e di parola può sempre essere a rischio».
L’obiettivo di Manif pour tous, insomma, è quello di far nascere anche in Italia un fronte laico, trasversale e apartitico – proprio come il fortunato modello francese al quale partecipano anche tanti esponenti stessi della comunità omosessuale – a difesa non solo del concetto di famiglia ma anche dell’impianto sociale che da questa proviene.
di Barbadillo.it

martedì 23 luglio 2013

La globalizzazione della carità sfida l'indifferenza globale

Papa Francesco cerca di riportare il cattolicesimo alle sue origini. Ma è possibile chiedere a pochi di risolvere la miseria di molti?


È possibile praticare e non solo predicare la globalizzazione della carità contro la globalizzazione dell'indifferenza? Fin dove si può spingere l'aiuto al prossimo e la condivisione della sua sofferenza? Nel suo semplicismo evangelico, Papa Francesco a Lampedusa ha proposto la carità come valore assoluto e risposta globale.

Ma poi, si può abbracciare a oltranza la difesa della vita anche quando le nascite rischiano di convertirsi in ecatombe planetaria per eccesso di abitanti? Le risorse del pianeta non sono illimitate, ricordano gli stessi eco-solidali, e l'uso della tecnologia e i consumi estesi a miliardi di persone collassano il mondo.Ma è possibile chiedere a una minoranza di benestanti di assumersi sulle proprie spalle la miseria di una sterminata maggioranza di poveri? Il mondo in cui nascemmo era abitato da poco più di due miliardi di persone, il mondo presente è affollato da sette miliardi di persone. L'umanità ha triplicato nel giro di mezzo secolo. Per ogni benestante ci sono dieci poveri. Possiamo ritenere immutabili il precetto della carità, il metro della solidarietà e il valore assoluto della vita, anche in caso di sovrappopolazione? Sì, magari in astratto, ma poi nella vita concreta il meglio che si può fare è circoscrivere la carità, riversarla su campioni d'umanità, aiutarne uno nel nome di cento, che intanto muoiono di fame. Il significato simbolico sostituisce l'efficacia reale.
È grandioso il principio cristiano della carità: un sentimento esclusivo come l'amore viene esteso dalla coppia o la famiglia all'umanità. È comprensibile pure la rabbia irreligiosa contro la profonda ingiustizia della sorte che punisce chi è nato, senza averne colpa, in contesti poveri, e favorisce noi fortunati.
Ma il principio della carità, come quello della redistribuzione più equa delle risorse, è praticabile solo in contesti limitati. La carità funziona a numero chiuso, è selettiva, a suo modo anch'essa è ingiusta. San Martino che divide il suo mantello con il povero non avrebbe potuto compiere con successo lo stesso gesto a favore di dieci o cento poveri che morivano di freddo. Lo sperimentiamo nella vita di ogni giorno: aiutiamo chi ci chiede l'elemosina o vuol venderci qualcosa; ma quando arrivano ai nostri tavoli, alle nostre auto, ai nostri ombrelloni sessanta immigrati all'ora, la carità muta in astio e rifiuto. Eppure il bisogno di aiuto resta reale anche se si moltiplica. Ma umana e non infinita è la nostra capacità di sopportare ed è naturale la nostra insofferenza.
Gli immigrati che sbarcano a Lampedusa e sono accolti, assistiti e sfamati, sono tra i dannati della terra i meno dannati perché sono in condizioni di raggiungere le nostre coste. I più bisognosi invece sono inchiodati dalla loro miseria, non hanno la forza, la salute, i mezzi per lasciare le loro baracche. Il realismo di chi governa, rispetto all'idealismo di chi predica, spingerebbe a frenare e filtrare l'immigrazione, e se è realismo illuminato, a disporre piani di sostegno alle popolazioni in loco. Ma le porte aperte al mondo intero sono dissennate.
La verità è che, nonostante S. Tommaso e la dottrina della Chiesa, tanti precetti cristiani urtano contro la realtà e a volte anche contro la natura. La carità assoluta, incondizionata e totale è uno di questi. L'amore del prossimo indipendentemente dal suo grado di prossimità è un altro. Secondo natura noi amiamo prima chi ci è più vicino, i nostri cari, poi i nostri amici, quindi via via gli estranei. L'amore cristiano dell'umanità invece prescinde da questo elementare principio naturale e vitale, prescrive di amare lo straniero. La stessa cosa avviene per la procreazione. Se si nega la necessità della contraccezione dove c'è sovrappopolazione, procreare diventa un altro precetto che urta se non contro la natura, certo contro la realtà e la vita stessa: la nascita è un dono, ma la natalità eccessiva in aree povere è una maledizione. L'astinenza sessuale, la rinuncia, il sacrificio, l'altruismo sono altri precetti cristiani che cozzano contro gli istinti naturali e gli impulsi di autoconservazione e di benessere individuale. Quando la chiesa denuncia alcune pratiche sessuali perché contro-natura dovrebbe ricordarsi che contronatura sono molte delle sue prescrizioni. Si dovrà allora precisare che gli atti considerati contro natura sono in realtà contro l'ordine naturale delle cose e gli assetti civili derivati. Ma se vivessimo davvero secondo natura, saremmo tutt'altro che cristiani. E se vivessimo davvero da cristiani vivremmo contro natura. Non è una considerazione polemica o anticristiana. La nobile assurdità del cristianesimo è nel capovolgimento della realtà naturale e della sua gerarchia: prima i deboli, gli ultimi saranno i primi, beati i poveri, anche di spirito, i brutti e gli storpi sono prediletti dal Signore.
Il primato etico sull'estetica, il buono che scaccia il bello, è un'altra legge cristiana che capovolge la primazia naturale della bellezza. La dottrina cattolica modificherà poi nei secoli l'impronta originaria del cristianesimo e la plasmerà con l'esperienza del mondo, il pensiero greco e il realismo romano. Ma Papa Francesco fa riemergere lo spirito cristiano delle origini, simboleggiato dal pesce che ostentava a Lampedusa. Bergoglio lascia il sacro per il santo, lascia il carisma venuto dall'alto per sposare l'umiltà rivolta al basso. Quella cristiana è una grandiosa visione che rovescia gli assetti naturali, compresa la resurrezione della carne. Di quella visione rivoluzionaria il comunismo è un fallimentare epigono e una torva imitazione. Torva perché il principio che muove il cristianesimo è l'amore verso l'umanità e il suo Signore, invece il motore del comunismo è l'odio verso la natura e la realtà, verso la proprietà, la ricchezza e i suoi detentori. Papa Francesco ha oscurato in un colpo solo decenni di demagogia progressista, egualitaria, socialista, riproponendo in tutta la sua originaria semplicità il pauperismo evangelico. Chissà quali fatti sortiranno, se mai sortiranno, dalle sue parole; quanto della sua predica diventerà pratica di vita, soprattutto a livello ecclesiale e se davvero aiuterà a migliorare la vita in terra. Ma la svolta francescana spacca il mondo col proposito di unirlo.
Il suo predecessore Ratzinger aveva affrontato la morte di Dio e la perdita del sacro in Occidente, ma ha perso la sua sfida e si è ritirato. Papa Francesco riprende dal basso, si preoccupa di svegliare la devozione dei popoli, a partire dagli umili, a colpi di catechismo e carità. Con lui la Chiesa torna alle elementari. Dio non c'è ma voi cercatelo in mare. Si spera non tra le salme.

di Marcello Veneziani (ilgiornale.it)

sabato 20 luglio 2013

Paolo Borsellino.Il ricordo è vivo!

Ogni anno ritrovarsi a Palermo,il 19 luglio,e percorrere silenziosamente le via della città,giungendo in via D'Amelio,è un’emozione difficilmente descrivibile.Migliaia di siciliani,e non solo,si ritrovano per commemorare un grande uomo che diete la propria vita per migliorare una terra difficile come la nostra.

Tante,anche quest’anno,le persone che si sono ritrovate in Piazza Vittorio Veneto e che hanno marciato fino a Via D’Amelio,che hanno cantato l’Inno di Mameli,che si sono sentite orgogliose di ricordare Paolo Borsellino.

Un’emozione surreale trovarsi a percorrere la strada che porta in Via D’Amelio,ritrovarsi sotto quel portone che ben 21 anni fa ci portò via un fiero servitore dello Stato,un uomo al servizio dei Siciliani onesti,un simbolo per la nostra comunità.

Oggi e per mille anni ancora,saremo orgogliosamente presenti.
Il ricordo è vivo. 

A Paolo Borsellino e agli agenti della scorta.






venerdì 19 luglio 2013

A Paolo..


Paolo Borsellino è stato un magistrato coraggioso, un uomo giusto, un marito ed un padre che ha amato fino alla fine la sua famiglia. È stato anche un militante e dirigente del Fuan-Fanalino di Palermo. Nel suo nome continua la nostra azione! 

Il ricordo è vivo
19.07.1992 - 19.07.2013.

PAOLO BORSELLINO EROE NAZIONALE 


giovedì 18 luglio 2013

Terza Giornata del Memorial "Paolo Borsellino"

Spettacolo ed emozioni nella terza giornata del II Memorial Paolo Borsellino

Nella partita delle 20:00 la FC Amato centra la prima vittoria nel torneo imponendosi per 5-1 sulla ormai ex capolista Ciclimania.Una partita tiratissima ed equilibrata (il primo tempo si era chiuso sull’1 a 0 per la squadra di Miroddi e soci) fino alla fine.Nel secondo tempo si è vista tutta un’altra Fc Amato,che trascinata dai colpi di Bartuccio e Miroddi,si è imposta portando a casa i tre punti.Battaglieri!

Gol a valanga nella partita delle 21:00 tra DS Team e Fiumarella City.Partita molto sentita tra le due squadre che chiudevano la classifica.Alla fine il risultato è di 8-5 per la DS Team,rinvigorita dai ritorni eccellenti di elementi chiave che avevano saltato le prime due partite.Ancora una sconfitta per Fiumarella City,una squadra battagliera ma troppo sfortuna sotto porta,i pali e un ottimo portiere avversario negano la gioia della prima vittoria!

Il match delle 22:00 metteva di fronte i campioni uscenti della BM Milazzo,di Bonvegna e mister Cambria, e l’outsider SS Lazio di Mister Sgrò.Un Big Match,secondo l’opinione degli oltre 60 spettatori che hanno affollato il campo di San Papino nonostante l’orario. Una partita molto sentita e nervosa,nervosismo che gioca una brutta carta ai ragazzi di Mister sgrò,che nonostante il vantaggio iniziale,escono sconfitti per 4-3.Promosso con lode il Team,campione uscente,di Mister Cambria che anche se con qualche sofferenza finale,dovuta alla stanchezza ,ha portato a casa il bottino balzando in testa alla classifica.Da segnalare l’errore dal dischetto di Bomber Dama che però continua a guidare la classifica marcatori con 12 reti.

PROSSIMO TURNO
Venerdì 19 luglio

Ore 20:00 BM Milazzo - Ciclimania
Ore 21:00 Fiumarella City - SS Lazio
Ore 22:00 DS Team - Fc Amato

San Papino - Milazzo


martedì 16 luglio 2013

Seconda giornata Memorial "Paolo Borsellino"

Grandi emozioni ieri (15/7) nella seconda giornata del II Memorial Paolo Borsellino.

Nella partita delle 20 le due new entry del torneo,"Ciclimania" e "Fiumarella City", si danno battaglia per un'itera ora di gioco.Alla fine la spunta Ciclimania con un rotondo 6-2,nonostante la pesante assenza del portiere titolare,rimpiazzato da un ottimo Parisse in un ruolo non suo.I ragazzi di "Fiumarella City" hanno messo tanto impegno fino alla fine mancando di lucidità e di un pizzico di fortuna.Bravi!

La partita delle 21 ,tra "BM Milazzo e Fc Amato,ci ha regalato gol,emozioni ed uno spettacolare 8-8.I ragazzi di Bonvegna,guidati da Mister Cambria,hanno dilapidato il vantaggio di ben 3 gol facendosi bloccare sul pari da una squadra tenace tecnica e combattiva come la FC Amato di Miroddi e soci,bravi a non mollare e a crederci fino alla fine.Spettacolare!

Infine nella partita delle 22:00 la SS Lazio di Mister Ciccio Sgro' si è imposta per 8 reti a 4 sulla DS Team decimata dalle assenze.Ennesima dimostrazione di forza di Bomber Dama che ,con i suoi 5 gol di ieri,sale in cima alla classifica marcatori con ben 10 gol in 2 partite.Carro Armato!

Domani (17/7) con inizio alle 20:00 si disputerà la terza giornata del Memorial.Queste le partite in programma:

Ore 20:00 Fc Amato - Ciclimania
Ore 21:00 Fiumarella City - DS Team
Ore 22:00 Bm Milazzo - SS Lazio

San Papino - Milazzo.





lunedì 15 luglio 2013

II Memorial "Paolo Borsellino" Luglio 2013 - S.Papino Milazzo

Conclusa la prima giornata del II Memorial Paolo Borsellino.
Grande agonismo in campo soprattutto grazie all'elevato tasso tecnico del torneo,che vede impegnati atleti provenienti da categorie importanti come la Lega Pro.Durante questa prima giornata da segnalare la vittoria di misura della SS Lazio di mister sgrò,trascinata dal bomber Dama,e le vittorie dei campioni uscenti "BM Milazzo",coordinati dal duo Bonvegna-Cambria,e la vittoria della new antry CicliMania.
Oggi(15/7) alle 20,alle 21 e alle 22 sono in programma le partite della seconda giornata.




martedì 9 luglio 2013

Le affinità ecologiste e rivoluzionarie tra Erza Pound e Benito Mussolini

“progresso, al diavolo il vs. progressola pigrizia di conoscere la terra e la rugiada”  (Ezra Pond, Canto LXXVI)
E’ noto che Pound paragonava il mestiere del poeta a quello dell’artigiano e amava fabbricarsi da sé i mobili.Quando “formica solitaria d’un formicaio distrutto” scrive questi versi di grande forza e bellezza,  non è solo un poeta a parlare, ma anche un maestro di pensiero a 360°, un ecologista tout court. Non soltanto critica la nozione quantitativa di progresso, che si fonda sulla crescita della produzione e del consumo, ma, anticipando il pensiero d’una decrescita felice, vi contrappone una sorta di bioeconomia, una nozione di  progresso rispettoso dei ritmi vitali e biologici. E’ dunque più che mai attuale il suo pensiero oggi che crisi economica e crisi ambientale vanno di pari passo, si alimentano e si aggravano vicendevolmente.
Da un punto di vista storico-politico la portata rivoluzionaria del pensiero di Pound fu colta da Benito Mussolini, secondo cui Pound “insegna a consumare al modo giusto, secondo logica di tempo, quel che è possibile produrre.”(Taccuini di Yvon de Begnac). Un filo verde è, infatti, rintracciabile tanto nella politica del regime fascista dal ruralismo all’autarchia, quanto in varie dichiarazioni di Mussolini, che, possiamo affermarlo fondatamente, ebbe vere e proprie illuminazioni ecologiste.
Citiamo a mo’ di esempio:  C’è un tipo di urbanesimo che è distruttivo, che isterilisce il popolo ed è l’urbanesimo industriale… vi spiegherete quindi come io non ammetta in Italia che le industrie sane, le quali sono quelle che trovano da lavorare nell’agricoltura e nel mare.” (1927, Il discorso dell’ascensione). Ed ancora: “Non si deve fabbricare qualunque cosa e in qualunque modo. Ciò è follia e genera catastrofi. Bisogna finirla con le vecchie idee del capitalismo liberale.” (intervista di De Kerillis in “Il popolo d’Italia” 8/X/1933).
 di Sandro Marano (barbadillo.it)

giovedì 4 luglio 2013

Antoni Gaudì, l’architetto di Dio: un genio mistico, colto e rivoluzionario

antoni gaudiQuando lo tirarono fuori da sotto il tram numero 30, i soccorritori pensarono fosse un barbone, magari in preda ai fumi dell’alcol. Malandato, con la giacca troppo larga, le tasche sfondate con dentro qualche noce e un po’ d’uva passa, i pantaloni lisi, le gambe fasciate per proteggerle dal freddo, magro, quasi diafano. Venne ricoverato in un ospedale per indigenti e solo il giorno successivo fu riconosciuto dal cappellano della Sagrada Familia. Ma era ormai troppo tardi. Era il 10 giugno del 1926 e Antoni Gaudì, l’architetto di Dio, morì senza riprendere conoscenza. Aveva 74 anni ed era nato a Reus, sulla costa a sud di Barcellona, il 25 giugno del  1852.
La strana morte del genio catalano, profeta del “modernismo” europeo, non fu altro che l’emblematica parabola di un personaggio straordinario, che malgrado ricchezza e celebrità visse una vita irregolare, fuori dal coro, interamente dedicata alla sua professione. Una professione che Gaudì interpretò sempre come strumento per creare unaconnessione fra uomo e Dio:  «Chi cerca le leggi della natura per conformare ad esse opere nuove, collabora con il Creatore», era solito affermare.
In effetti ogni opera di Gaudì – dal Parc Güell alle famose case (Botines, Batllò, Milà), fino all’opera più celebre, ambiziosa e monumentale, la cattedrale neo-gotica della Sagrada Familia – è pregna di simboli e riferimenti culturali di carattere mistico. Un misticismo cristiano e cattolico, come ha sempre assicurato lo stesso architetto catalano e come conferma il processo di beatificazione di Gaudì avviato dal Vaticano nel 2000. Ma al tempo stesso frutto di secoli di tradizioni alchemiche ed esoteriche tramandate da società segrete e logge massoniche. Lo scrittore Josep Maria Carandell analizza nel suo libro El parque Güell, utopía de Gaudí, una grande quantità di dettagli di chiara radice massonica; mentre un altro suo biografo,  Eduardo Cruz, assicura che fu rosacrociano e altri insinuano persino che ebbe tendenze panteiste ed atee.
Letture, voci, interpretazioni. Suffragate dall’indubbio simbolismo ermetico e  alchemico presente in molte opere dell’architetto catalano: dalla X al fornello dell’alchimista, dall’albero della vita al labirinto, fino a svariati animali che assumono da secoli una simbologia iniziatica, come il pellicano, il serpente, il drago. Quel che è certo, però, è che il prossimo alcuni anni fa la Sagrada Familia – ormai costruita la 60 per cento – è stata consacrata niente meno che da Benedetto XVI, un Papa molto attento agli aspetti teologici del suo pontificato.
Del resto l’opera di Gaudì è per sua stessa ammissione ispirata alla natura: «Ciò che è in natura è funzionale, e ciò che è funzionale è bello. Vedete quell’albero? Lui è il mio maestro», diceva Gaudi a chi gli domandava da dove traeva le sue forme. Parole poco adatte a un architetto cripto-massone… «La Sagrada Familia o la Cripta della Colonia Güell, dove ogni elemento decorativo ha un profondo simbolismo religioso – ha scritto Michele Palamara – sono esempi di una fede fortissima radicata nel centro rurale dove Gaudì ha vissuto da bambino, e dove la professione del cristianesimo era l’anello di congiunzione fra l’individuo e la collettività».
Non bisogna dimenticare, inoltre, che molti dei presunti simboli alchemici e massonici fanno più riferimento alla tradizione classica che non a probabili messaggi per “iniziati”. Come nota Angela Patrono, se all’ingresso del Parc Güell troviamo un dragone a sorvegliare l’entrata dei padiglioni, si tratta di una citazione del mito del giardino delle Esperidi, dove Ercole – sconfitto il drago alato – può accedere per cogliere le mele d’oro. Eusebi Güell, committente dell’opera e principale mecenate di Gaudí, era infatti un appassionato di mitologia greca e intendeva fare del parco una nuova Delfi: un luogo incontaminato, ispirato alla città greca sede del tempio di Apollo, dio della poesia. E a chi sottolinea la presenza di arcani simbolismi persino nel progetto della Sagrada Familia, risponde lo stesso Antoni Gaudì, che ha sempre spiegato la presenza delle 18 torri come una rappresentazione dei 12 apostoli, dei 4 evangelisti, della Madonna e, la più alta di tutte, di Gesù. Le torri degli evangelisti sono sormontate da simboli della tradizione: un uomo, un toro, un aquila e un leone.
Che Gaudì, anche dopo la morte, venisse percepito come un importante esponente della cultura cattolica lo conferma pure un episodio avvenuto nel ’36, durante la guerra civile spagnola, quando un gruppo di militanti anarchici incendiò il suo studio, bruciando i preziosi progetti originali della cattedrale, e tentò persino di appiccare il fuoco al cantiere della Sagrada Familia. E questo benché l’architetto non fosse un simbolo dell’odiato potere centralista di Madrid, bensì un noto – anche se tiepido – simpatizzante della causa catalanista:  nel ’24 venne persino fermato dalla polizia mentre si recava ad una messa celebrata in memoria degli eroi catalani morti nel 1714 in difesa della città.
Antoni Gaudì era figlio di calderai e proprio alle sue origini artigiane tributò sempre la sua capacità di dare forma ai progetti teorici. Si diplomò nel 1878 alla Scuola Superiore di Architettura di Barcellona, ma già prima riuscì a lavorare con i migliori architetti del tempo, anche per potersi pagare gli studi. La sua grande fortuna fu di incontrare un ricco industriale, rimasto estasiato da una vetrina per un negozio di guanti disegnata dal maestro in gioventù. Si trattava di Eusebi Güell, il quale, diventando il suo mecenate, gli diede massima fiducia e massima disponibilità economica. Tra la fine dell’Ottocento e i primi anni del Novecento, Gaudì realizza le sue opere più celebri, destinate a passare alla storia, riprendendo le linee dell’architettura araba, gotica e barocca e mischiandole con tratti innovativi e fantasiosi, elementi curvi, mosaici e ciminiere. La famosa Casa Milà, conosciuta come “la Pedrera”, sembra ricavata dalla roccia; in realtà la struttura è in acciaio ed è ricoperta da grandi blocchi di pietra lavorati. A partire dal 1910, però, rinunciò ad ogni altro incarico per dedicarsi esclusivamente all’edificazione della Sagrada Familia. Una chiesa che sapeva benissimo di non poter finire, data l’imponenza dell’opera e la scarsità di risorse economiche a sua disposizione. «Il mio cliente non ha fretta», ironizzava alludendo a Dio.
Nel 1915 Gaudí arrivò a chiedere l’elemosina tra i ricchi borghesi di Barcellona per continuare l’opera: stendendo la mano tra le strade e le case della città che lui stesso aveva contribuito ad abbellire, chiedeva “un centesimo per amor di Dio”. Fiorirono gli aneddoti e le leggende su un uomo che aveva rinunciato al denaro e alla fama per un’impresa che molti giudicavano improba. Ma per lui non era così: «Nella Sagrada Familia tutto è frutto della provvidenza, inclusa la mia partecipazione come architetto». Al suo funerale parteciparono migliaia di barcellonesi, dall’aristocrazia al popolino: gli studenti di Architettura portarono il feretro di Antoni Gaudì a spalle fino al cantiere della Sagrada Familia, dove venne interrato nella cripta che lui stesso aveva progettato e costruito.
 di Giorgio Ballario (barbadillo.it)

lunedì 1 luglio 2013

Perdere l’"identità" è perdere la faccia


Persona, comunità, politica e cultura devono avere un tratto distintivo. Lo insegnava Aristotele ma lo abbiamo dimenticato

Ma ha senso, nell'epoca fluida e globale, appellarsi alle identità personali e comunitarie, politiche e culturali? Le identità non sono reperti arcaici, inerti e retorici o, come rozzamente dice qualcuno, cazzate e baggianate? L'identità è un principio fondamentale in filosofia: è di derivazione presocratica ma Aristotele fonderà la logica occidentale sul principio d'identità.

Un'epoca labile e mutante come la nostra, segnata dalla velocità e dalla rapida deperibilità di tutto, principi, legami e consumi, ha bisogno per contrappeso di punti fermi, di fedeltà che sfidano la precarietà e il volgere delle mode. Mai come oggi abbiamo bisogno di riscoprire la gioia delle cose durevoli. È questo, in fondo, il principio che regge il pensiero conservatore e che qualcuno lo banalizzi e lo ridicolizzi mortifica la sua intelligenza e il suo spirito liberale ma non scalfisce la grandezza e il valore di quei principi. È così difficile accettare che ci sia un pensiero conservatore imperniato sull'identità così come c'è un pensiero progressista fondato sull'emancipazione? La Tradizione è un bisogno fondamentale dell'animo umano, almeno quanto lo è il movimento. All'uomo si richiede duttilità e costanza, e non può rinunciare a uno dei due o applicarle all'inverso. 
Ogni società necessita di assetti stabili e piani mutevoli.Quella logica su cui ancora ci basiamo per capire e distinguere. Ma è anche un concetto usurato nella pratica se ne consideriamo l'uso e l'abuso per rassicurare le proprie pigrizie, non confrontarsi col mondo, chiudersi nel proprio recinto. Personalmente preferisco riferirmi a un principio più fluido e vitale che è la tradizione, dove la continuità implica il mutamento, il passaggio generazionale di padre in figlio, e dove il senso della trasmissione non riguarda solo il passato ma anche il futuro. Diciamo che l'identità sta alla tradizione come la montagna sta al mare. O, con una formulazione più filosofica, l'identità attiene all'Essere, la tradizione è l'essere in divenire. Comunque riconoscere l'identità è riconoscere in ogni persona e comunità non solo i diritti individuali ma un volto, un'anima e una storia, rispettando nell'identità la sua dignità.
Su queste premesse va fondato il discorso sulle identità politiche. Nessuno può ragionevolmente pensare di imbalsamare destra e sinistra - e magari anche il liberalismo, che non è un'essenza eterna ma una categoria storica come le altre. E nessuno può pensare di fondare oggi un'identità politica sul fascismo o sul comunismo. Sono il passato, fanno parte della memoria. Destra e sinistra si usano solo per capirsi all'ingrosso ma sono categorie residuali. La politica che non ha contatti con la storia e la tradizione, con l'etica e i valori, si riduce a quella cosa miserabile che è sotto i nostri occhi. Se non è animata da passione civile e ideale si riduce a servitù e meschinità, corruzione e affarismo.
La politica ha due compiti fondamentali. Uno è governare un Paese, guidarlo e amministrarlo, affrontare i problemi pratici, decidere. Ma c'è pure un altro compito che non è ridicolo o superato, bensì essenziale: la politica è il luogo in cui le nostre solitudini, le nostre individualità convergono in uno spazio pubblico e in scelte condivise. Nella politica si esprimono e si rappresentano i valori pubblici, le visioni comuni e si fonda la concittadinanza. Intendiamoci, la politica non è l'unico spazio pubblico che esprime valori condivisi, ci sono altri ambiti, altre comunità. E poi, accanto allo spazio pubblico, c'è la sfera privata che riguarda la nostra intimità e le nostre scelte individuali. La politica è il luogo di sintesi in cui masse di individui si sentono popolo, partecipano alla vita pubblica, sentono di appartenere a una polis, pur senza escludere le differenze. Tutto questo non nasce coi regimi dispotici o con le ideologie totalitarie, come pensano i cronisti di corte vedute; nasce con la politica, anzi con il pensiero, nasce con Platone e Aristotele e poi continua nei secoli. Anzi, di più: quel mondo comune è l'essenza della politica e la base di ogni civiltà.
In quella chiave assume significato il richiamo politico alle identità. Identità aperte e non chiuse, mobili e non fisse, identità che si rispettino nelle loro differenze e non pretendano d'imporsi una sulle altre. La più grande rivoluzione, benefica e incruenta del Novecento, fu fatta nel nome dell'identità, della sovranità e della tradizione: dico quella di Gandhi. Da cui non scaturì un ritorno al passato ma una modernizzazione armoniosa dell'India. L'identità francese fu il perno della svolta di De Gaulle e anche la liberale Thatcher compensò il suo liberismo economico con la difesa conservatrice della tradizione e dell'identità inglese. E la riunificazione delle due Germanie non fu fondata sul desiderio di ricucire la ferita di un'identità divisa forzosamente in due?
Che le identità siano preziose e non sterili o nocive lo dimostra a contrario la loro assenza nella nostra politica. Quando non ci sono identità da confrontare, quando non c'è una cultura civica e una tradizione alle spalle, quando non c'è una civiltà come terreno condiviso, inclusa la civiltà delle buone maniere, nasce quello schifo di politica e antipolitica da cui tutti stiamo fuggendo. Le differenze non sono più fondate sui contenuti, sulle diverse sensibilità, sulle idee o sui temi concreti della vita; ma su livori, personalismi, banalità e malaffare. Preferisco dividermi sullo ius soli piuttosto che su Ruby; preferisco una politica che si differenzi sui contenuti politici e non sui contenuti delle intercettazioni telefoniche. E poi non veniteci a raccontare che la tanto invocata rivoluzione liberale è andata a puttane in Italia a causa di quattro gatti che dicevano di tenere alle identità... Suvvia, tornate alla realtà.
Certo, al tema delle identità un liberale è meno interessato e io lo capisco, lo rispetto e non pretendo che si adegui a questa visione. Per un liberale contano di più gli individui, i contratti, i mercati. In politica so distinguere tra la parte e il tutto, so che ci sono culture, e soprattutto inculture, diverse, anche nel centro destra. Nessuna reductio ad unum. Chiedo attenzione alle identità, soprattutto da chi ha fondato la sua ragione politica e il suo consenso su quei temi, ma non per questo irrido e disprezzo chi è refrattario alle identità. Segua la sua strada, che non è la mia, ma non pretenda di ridurre le nostre diversità al suo modo di pensare, ritenendo che sia l'unico moderno, universale, indiscutibile. Alla fine, questo differenzia chi rispetta la libertà da chi dice di essere un liberale.
di Marcello Veneziani (ilgiornale.it)

Ai caduti di El Alamein..

01.07.1942 - 01.07.2013
MANCO' LA FORTUNA
NON IL VALORE.