venerdì 30 marzo 2012

«L’inciucio va fermato. Così svendiamo il Pdl» - Intervista a Giorgia Meloni





La Meloni contro l’accordo Alfano-Bersani-Casini: «Si uccide il bipolarismo e sitorna indietro di vent’anni. Per disciplina di partito ho votato tutto, ma questo no»


«Per disciplina di partito ho votato tutto. Nessuno, però,potrà chiedermi di votare contro la mia storia per riportare l’Italia indietro di vent’anni, alla Prima repubblica». Perché è questo che accadrebbe, attacca Giorgia Meloni, ex ministro della Gioventù, se l’accordo sulla riforma elettorale raggiunto tra il suo partito, il Pdl, e gli altri partner della maggioranza (Pd e Udc) si trasformasse in legge.
«Bene ha fatto il segretario, Angelino Alfano, a convocare l’ufficio di presidenza per martedì 3 aprile. Le indiscrezioni sull’intesa raggiunta hanno creato solo confusione. Io per prima»,rompe gli indugi il deputato proveniente da An, «se dovessi attenermi a quanto letto sui giornali, non sarei d’accordo su molte cose».
Iniziamo allora. Cos’è che non la convince dell’accordo?
«Soprattutto l’assenza del vincolo di coalizione, che ci riporta indietro di vent’anni. Il bipolarismo è stata una conquista straordinaria, una conquista figlia anche della nostra storia di centrodestra. Il diritto di conoscere,al momento del voto, chi potrà governare in caso di vittoria non può essere revocato».
Non mi dirà mica che è solo una questione di principio...
«Certo che no, c’è anche un problema di governabilità. Se queste anticipazioni fossero confermate, ci troveremmo di fronte a un paradosso».
Quale?
«Quello di concedere ai cittadiniil potere di scegliere il premier,senza concedere una maggioranza al premier. Premier che, dal giorno successivo alle elezioni, sarebbe costretto a cercarsi i numeri in Parlamento. Con il cappello in mano».
Quali le sue perplessità?
«Come sarebbe garantita la governabilità,se le coalizioni si formassero solo in un secondo momento, senza neanche essere vincolate da un programma elettorale condiviso?».
I sostenitori della riforma sostengono che in questo modo si supererebbe il “bipolarismo muscolare”, in favore di coalizioni più omogenee.
«Nessuno nega che il sistema attuale, come dimostra quantoa ccaduto dal 1994 ad oggi, sia incompiuto. Ma ci siamo dimenticati di quello che accadeva nella Prima repubblica? Dei 51 governi in 48 anni? Un sistema instabile in cui il popolo non aveva alcuna voce in capitolo,visto che tutto si decideva nei Palazzi. Io indietro non ci voglio tornare».
È contraria pure alla restituzione ai cittadini del diritto di sceglierei deputati con i collegi?
«Dire che i collegi restituiscono la libertà di scelta agli elettori è una forzatura. È sempre il partito,infatti, a decidere a monte chi è eletto e chi no. E poi mettiamoci nei panni dei nostri elettori...».
Fatto: che succede?
«Se in un determinato collegio c’è un solo candidato, e quel candidato non gli piace, che alternativa ha? Votare il candidato del Pd? Non scherziamo.L’unica scelta che gli resta è quella di non votare».
Meglio le preferenze, allora?
«Assolutamente sì. Quale migliore capacità di scelta che scrivere il nome del parlamentare sulla scheda? È ora di sfatare il mito propagandato dai detrattori della preferenza».
Quale mito?
«Quello secondo cui la preferenza sarebbe portatrice delle peggiori nefandezze, su tutte il clientelismo. La preferenza è il male assoluto? Bene: allora eliminiamola anche per le elezioni comunali, regionali ed europee.Non si capisce perché la corruttibilità rappresenti un rischio per i candidati a discutere,che so, di riforme costituzionali e non per chi concorre per occuparsi,nelle realtà locali, di bandi e lavori pubblici».
Nell’intesa c’è anche spazio perl’abbassamento dell’età per essere eletti in Parlamento. Da ex ministro della Gioventù dovrebbe approvare.
«Passi per i 21 anni necessari per diventare deputato, ma 35 per diventare senatore sono troppi. Da ministro sono stata promotrice di una legge costituzionale per introdurre la corrispondenza tra elettorato attivo e passivo. Quando un elettore vota, deve essere anche eleggibile. Invece, da quello che leggo,ancora non sarebbe così. Posso sapere per quale motivo,per altro senza il bicameralismo perfetto, un cittadino non può occuparsi, al Senato delle regioni,delle materie concorrenti prima di aver compiuto 35 anni? L’età per essere eletti a Palazzo Madama va abbassata».
Quali che siano le obiezioni, vi conviene fare in fretta: secondo il premier, Mario Monti, i partiti non hanno consenso, mentre lui ce l’ha...
«Il presidente del Consiglio si ricordi che l’unico consenso certificato che lui può vantare è quello che gli hanno espresso i partiti».
Non è che i mugugni di molti di voi ex An sono figli della tensione con i vostri colleghi ex forzisti, tornati a gonfiare il petto? Ieri Giancarlo Galan ha consigliatoa Silvio Berlusconi di tornare a Forza Italia.
«Noi che proveniamo da Alleanza Nazionale siamo quelli che hanno rischiato di più dando vita al Pdl. Abbiamo messo in gioco la nostra storia per una nuova esperienza.  Esperienza nella quale continuiamo a credere. Se qualcuno ritiene che il progetto del Pdl non sia più valido, faccia le proprie scelte. Ma non chieda a noi di fare passi indietro».

VIVERE ARDENDO ...E NON BRUCIARSI MAI!

mercoledì 28 marzo 2012

IN ARRIVO

Che Fine Hanno Fatto… GLI ASSESSORI???



Dopo il grande successo riscosso nelle sale cinematografiche dal film di  Marc Lawrence, anche a Milazzo ci si domanda sulla fine di due dei componenti la Giunta comunale, di cui non si ha più notizia dalle ultime elezioni del 2010: Mariano Bucca, Assessore ai lavori pubblici e Gioacchino Nastasi, Assessore allo sviluppo economico- attività produttive.

Poveri uomini, di loro nessuna traccia.

Dove sono? Perché sono scomparsi?

Ma…  Ci sono mai stati? Aiutateci a ritrovarli.




martedì 27 marzo 2012

PIN-OCCHIO

PROMESSE DA CAMPAGNA ELETTORALE...NOI LO SAPEVAMO CHE ERI UN BUGIARDO INCOMPETENTE


PINO DIMETTITI

                        

lunedì 26 marzo 2012

Le Vespe, le Iene e i grillini: benvenuti allo Zoo dei Qualunquisti

"Le Vespe" era una rubrica famosa della testata L'Uomo Qualunque, fondata dal comico Guglielmo Giannini negli anni 40'. Giornale che poi diverrà ancora più noto quando, trasformandosi in partito, si farà definire filofascista. Infatti la colpa di questi movimenti populisti anti-sistema e anti politica è proprio il fatto che non avendo una matrice ideologica, per paradosso, faticano a trovare una etichettatura e così finiscono col rimbalzare tra le pareti esterne delle istituzioni. Negli anni del dopoguerra la parete più estrema in Italia erano i ruderi del PNF e perciò dunque, come si diceva al tempo, "qualunque" cosa si muovesse al di fuori di certi schemi istituzionali veniva etichettata come fascista. Gli schemi istituzionali della prima repubblica però, furono rotti a più riprese dopo gli anni 70' quando l'economia e la società italiana erano ormai assuefatti sui disegni di matrice filoamericana e capitalistica più in generale al punto da tracciare una nuova rotta per questi movimenti vox populi a risonanza. E più la povertà e il disagio crescevano più lesacche di resistenza alle strutture partitiche si arricchivano di questi "luoghi" comuni. Non si tratta di ideologie spinte verso l'anti ideologia bordeline, non mi riferisco alle Brigate Rosse, ai Nar e dir si voglia, ma a movimenti del popolo per il popolo. Giannini, che di professione faceva il comico, fu accusato di essere filofascista, lui che oggi, avrebbe plaudito l'avvento del Governo dei tecnici montiano. E se si escludono gli esempi di concentrazione amministrativa, come nello stato nazista hegeliano, che pur sempre una matrice ideologica avevano, oggi parleremmo di puro liberalismo tecnocratico.

Venendo nello specifico, ciò che oggi possiamo rinvenire come un rigurgito della Prima Repubblica, o come una crisi di rigetto della Seconda, punti di vista, il nuovo Qualunquismo dei comici assume i volti dei soliti noti di Luca e Paolo, Brignano, Beppe Grillo, Boncompagni e Crozza. Il problema dei qualunquisti è che, rifiutando ogni compromesso nei confronti dei partiti e delle ideologie che le sostengono, divengono essi stessi una sorta di ideologia confusa.Un'ideologia scarta ideologie. E così che Grillo fa un partito anti schieramento, che però quando arriva a schierarsi si scioglie, come il sale nell'acqua e così il Crozza di turno che magari comunista lo era, è costretto per la parcondition a fare battute su Berlusconi, cui ormai non ride più neanche Veronica Lario, e su Bersani in egual misura. E così laGuzzanti, che parla la stessa lingua dell'Annunziata, finisce per litigarci a sangue...

Quando il qualunquismo si prende in giro diviene Cetto La Qualunque. Molti vedono la satira di Albanese come unfinto Berlusconi all'ennesima potenza, io essenzialmente, mentre i programmi dei partiti nell'era del bipolarismo "imperfetto" si somigliano, ci vedo proprio la caricatura del politico qualunquista di professione. Albanese più che unBerlusconi polarizzato sembra più un Grillo polare artico! Animali geneticamente modificati a parte, il fenomeno delqualunquismo cartesiano trae linfa vitale dai malesseri della politica, eppure per uno strano scherzo del destino in puro stile Dottor House, finisce con l'assumere gli stessi sintomi. La terminologia medica aiuta, in quanto se si potesse dare una definizione post moderna al qualunquismo allora si tratterebbe proprio di una pura e cruda cura della sintomatologia senza diagnosi e senza posologia della malattia vera e propria! Insomma ci si concentra sul ladro ma non sulla povertà che sono in un rapporto appunto di causa-effetto. E' per questo che il qualunquismo attecchisce negli strati meno approfonditi e più profondi della società: salegiochi, palestre, bar, parrucchierie... perché è facile osservare uno starnuto ma è fottutamente complicato diagnosticarne un melanoma! E così siamo tutti lì ad esultare con il "Salute" eppure non ci accorgiamo che il vero male non si vede e non può certo essere portato all'esterno da Boncompagni e compagni... Perché? Per lo stesso motivo per cui un'erborista non potrà mai curare un'appendicite! Un comico non ha gli strumenti per amministrare uno Stato - e d'altronde spesso non ce li hanno i politici gli strumenti, vedi uno Scilipoti qualunque - al massimo può avere gli strumenti per osservare che un ingranaggio gira male! E d'altronde il comico diventa il megafono del barista che paga troppe tasse e che non capisce i privilegi parlamentari o gli elevati numeri della Camera...

Indifendibili per carità, così come bene li descrive un giornalista che certo di qualunquista non ha neanche l'aspetto -Mario Giordano - nel suo ultimo libro. E dopo la caccia "alle streghe" verso tutte le caste alla fine, colpo di scena, scopriamo che la "vacca grassa" è Politicandia. Certo anche loro non aiutano con i casini sulla nuova tangentopoli e gli strascichi di quella vecchia, i finanziamenti illeciti, i falsi bilanci, le spese inspiegabili e gli sprechi assurdi. Roba che gli ufologi italiani hanno smesso di guardare il cielo e hanno iniziato a guardare Montecitorio! 

Questo non ha niente a che vedere col fatto che chi non ha una militanza alle spalle non può far politica poiché come dice Aristotele non serve essere un cuoco per valutare la bontà di un piatto, ma forse aiuterebbe... non ce ne rendiamo conto perché sinora le Iene hanno intervistato politici non in grado di saper controbattere e non in grado di saper rispondere a inchieste spesso sommarie e spezzoni di film... Perché è di questo che si tratta. Spezzoni di informazioni. Ma il mosaico va ricostruito. Perché indignarsi davanti al fatto che il Senatore Leoni paga i debiti dell'associazione automobilisti di Torino quando invece potremmo e dovremmo indignarci davvero dinanzi al fatto che un massone senza essere eletto dal popolo, ci sta togliendo l'aria dalle bombole mentre siamo a 330 metri sotto il livello del mare-spread??


Iene, Vespe e Grilli sempre più svegli, italiani sempre più ghiri in letargo, ci accontentiamo di vedere un trailer immaginando il resto del film, ma forse dovremmo guardarlo tutto prima di farci un'idea. Non un'ideologia. Ma alla fine la mia resta solo una riflessione forse tautologica. Vorrei evitare di diventare qualunquista, la militanza non conta quando sei al bar o su un blog...


di Santi Cautela 

venerdì 23 marzo 2012

CONTRO LA CHIUSURA DEL "CUTRONI ZODDA"

‎"..La gioventù è forte, grande la sfida,la gioventù è forte, lo senti che arriva il momento di agire, alzarsi, lottare.."


Questa mattina davanti il Cutroni Zodda di Barcellona P.G. Il movimento giovanile di Casaggì Milazzo insieme alla Giovane Italia di Barcellona P.G. Ha manifestato il suo dissenso nei confronti del Governatore Raffaele Lombardo, in visita per l'apertura del PTA. 

La struttura fatiscente è stata smembrata a più riprese in questi anni nonostante l'imponente bacino di utenza che interessa il territorio e la struttura. Chiuse le unità cardiologiche e geriatria, il pronto soccorso mal funzionante, i posti letto dimezzati. Ciò che resta del presidio ospedaliero è appunto un enorme sala d'attesa in cui Lombardo ha potuto oggi ricevere degli ospiti per presenziare un convegno. 

Le critiche sono arrivate da più parti e si sono sfiorati momenti di tensione dopo il saluto ironico del Presidente siciliano in quota Mpa ormai al suo quinto governo. E se ai rimpasti Lombardo ci ha abituato, i barcellonesi non ci stanno a farsi “deospedalizzare” come recita il lungo striscione davanti il Cutroni. Il problema interessa tutto il comprensorio e persino Milazzo, dove solo il pronto soccorso riceve 45 mila interventi l'anno, quote vicine alla città di Torino. E la situazione potrà solo peggiorare visto il gravoso sforzo che l'ospedale milazzese dovrà sostenere per sopperire alle mancanze del Cutroni, struttura enorme e costosissima ma mai finita. 

Un esempio di mala gestione della sanità come ormai siamo abituati a vedere dopo il recente scorporamento a Milazzo dei codici bianchi dirottati sulla sede della guardia medica di San Francesco, tra immigrati e impiegati. Ci chiediamo dove Lombardo voglia condurre la sanità siciliana, perchè sinora, tra i fischi e le grida di chi soffre, ha condotto la barca in una tempesta perfetta. 

di Santi Cautela

giovedì 22 marzo 2012

"Ridateci il vero calcio altro che codice etico"



Io non sono mai andato a vedere una partita allo stadio con una ragazza. O l'una o l'altra. Alle fidanzate dovrebbe essere proibito per legge entrare in uno stadio'. In questa battuta - tutt'altro che buttata lì per ridere - che chiude la nostra lunga chiacchierata, c'è tutto l'integralismo calcistico diMassimo Fini, giornalista da una vita (Il Giorno, L'Indipendente, Quotidiano Nazionale, recentemente Il Fatto Quotidiano) ma anche attore, scrittore e filosofo - nell'accezione più contemporanea possibile del termine -, dalle posizioni sempre dissacranti e provocatorie, mai allineate. Sostenitore delle teorie della decrescita e dell'antimodernismo, Fini da tempo si batte per un ritorno del calcio alle sue origini più pure, e sull'argomento si è concesso ai microfoni diCalciomercato.com.
Lei vanta di aver scritto già nell'82, dopo la vittoria dell'Italia ai Mondiali e la decisione di introdurre il terzo straniero, che ci si avviava verso la 'morte del calcio'. Oggi sembra che questo processo stia subendo, se possibile, un'accelerazione...

'Purtroppo non si è capito che il calcio prima di essere spettacolo, gioco, addirittura sport, è un rito collettivo. E i riti vanno modificati meno possibile. Invece hanno cambiato tutto, hanno distrutto il vero contenuto del calcio, che è simbolico, rituale, identitario. Le maglie cambiano per esigenze di sponsor, i giocatori si trasferiscono in ogni momento: io Ibrahimovic ormai non so neanche più dove giochi... Il calcio non può essere uno spettacolo in senso stretto: qualsiasi tifoso di calcio preferirebbe uno squallido 0-0 piuttosto che veder perdere la propria squadra al termine di una partita molto divertente. Il calcio è una grande festa nazional-popolare, che unisce i ceti sociali. Se diventa uno spettacolo come tanti altri, prima o poi ci si stancherà di seguirlo, come ci si stanca di uno show in tv. Qualche anno fa moltissimi ultrà, in rappresentanza di 78 società di calcio, in una domenica di giugno manifestarono sotto gli uffici della Lega a Milano. Una manifestazione civilissima al grido di Ridateci il calcio di una volta! È quello che pensano, credo, tutti i veri tifosi'.


Non è un problema solo italiano, a quanto pare...'L'Italia ha esportato il peggio di sé negli altri Paesi, ma il problema riguarda tutti, almeno in ambito europeo. C'è stato uno spostamento dal calcio visto allo stadio al calcio televisivo: tutto è funzionale a Sky o alle altre emittenti, ormai. E anche in Spagna o altrove si comportano così. Il paradosso è che il calcio odierno, pur essendo impostato totalmente sul business, riesce a essere sempre in passivo. Del resto quale altro evento porta 40mila persone lo stesso giorno nello stesso posto, se non forse il concerto di una grande rockstar? Eppure i club sono in perdita...'.


Riensando al passato, quale aspetto del calcio di una volta le sembra oggi più anacronistico?'Mi vengono in mente alcuni calciatori: Bulgarelli, Antognoni, Riva. Erano giocatori simbolo, al di là della bravura. Erano capaci di rimanere nello stesso club per tutta la vita, pur giocando in squadre minori o che comunque non avrebbero vinto scudetti. Oggi questo non è più concepibile. Colpa di quella sciagurata sentenza Bosman, ma anche del fatto di aver abbandonato il vivaio come serbatoio per la prima squadra. Oggi appena esce fuori un giovane bravo, se non sei un grande club te lo portano subito via'.


La settimana scorsa in un articolo sul Fatto Quotidiano ha parlato del contrasto Luis Enrique-De Rossi, contestando una certa ossessione per il concetto di 'gruppo' che è sempre più frequente nel calcio di oggi...'Se si adopera il concetto di gruppo in modo estremo, si distrugge l'individualità. Sacchi, che pure era un buon allenatore, stava per metter fuori Van Basten perché non rientrava nei suoi schemi; poi è stato costretto a ricredersi... Del resto ciò che sta avvenendo nel calcio non è altro che l'emblema di ciò che accade nella società di oggi. Una società invididualista senza individui, la nostra'.


Detto dei giocatori, va detto che si è evoluta anche la figura dei presidenti...'Mi ricordo che, in una delle rare volte in cui fui invitato in una trasmissione sportiva, incontrai il presidente dell'Inter Pellegrini, e gli dissi: La ringrazio perché non so neanche lei che lavoro faccia. Ecco, il buon presidente secondo me è quello che riesce a lavorare nell'ombra. Merce rara, oggi'.


Si può dire che sia stato Silvio Berlusconi, negli anni '80, a cambiare la situazione sotto questo punto di vista?'Certamente, lui è stata la punta di lancio della distruzione. Ha portato nel calcio gli interessi della Fininvest e poi i suoi interessi politici, introducendo una mentalità più americana. Ma il calcio è nato in Europa, non c'entra niente con le americanate che si vedono, ad esempio, al Super Bowl, con gli elefanti e le soubrette scosciate...'.


È ancora possibile, per un ragazzino, innamorarsi del gioco del calcio?'È molto difficile. Vedo infatti che molti ragazzi, a differenza di quanto accadeva un tempo, si dirigono verso sport in cui l'aspetto economico è ancora marginale e i valori sono rimasti intatti, come il rugby, la pallavolo o l'hockey sul ghiaccio. Mi ricordo ad esempio che Berlusconi tentò di ripetere quanto fatto nel calcio con il Milan anche nell'Hockey Milano, ovvero comprare tutto e tutti per sbaragliare la concorrenza. Acquistò tutti i giocatori di una squadra che quell'anno aveva vinto il campionato, mi sembra fosse quella di Como. Bene, accadde allora che tutta la Milano hockeista face il tifo contro la squadra della propria città, anche quando giocava in Europa, perché il suo presidente aveva fatto qualcosa di profondamente antisportivo. Nel calcio non sarebbe accaduto'.


Nonostante tutto, lei riesce a coltivare comunque una fede calcistica?'Certo, io sono un tifoso del Torino. Ma per quelli della mia generazione è diverso. Per noi esisteva solo il calcio: lo sci era solo per chi abitava in montagna, il tennis era uno sport per ricchi... La passione rimane, ma negli ultimi anni sono sempre più distaccato, lo ammetto. Una volta non avrei mai perso una partita del Torino, ora invece mi capita di saltarne qualcuna. Del resto anche in serie B si vedono squadre con cinque-sei stranieri: è chiaro che il processo identitario viene meno. Forse l'unico calcio ancora veramente seguibile è quello delle Nazionali, dove si vedono i migliori giocatori di ciascun Paese'.


A proposito di Nazionale: che ne pensa del cosiddetto 'codice etico' di Prandelli?'Io credo che i codici etici, nel calcio, non dovrebbero esistere. Coi codici etici, Maradona non avrebbe mai giocato'.

di Germano D'Ambrosio

mercoledì 21 marzo 2012

martedì 20 marzo 2012

"Altro che Gandhi, questa è l'India dell'arroganza!"

Mi dispiace, ma non condivido affatto l’ottimismo delle nostre istituzioni circa l’esito della perizia balistica che si terrà nei prossimi giorni, e non ho affatto fiducia per l’obiettività e il buon senso delle autorità giurisdizionali indiane che si sono arrogate la competenza del caso: tutto lascia pensare che tale esame sarà per noi sfavorevole. Anzitutto ci sono le elezioni in India, e il governo indiano in carica temo proprio che premerà per usare i nostri soldati a mò di “manifesto elettorale” , per dar prova ai propri elettori di “quanto siamo tosti, che abbiamo messo in riga gli italiani!”

Poi, per come tale perizia è stata organizzata: i giudici avevano inizialmente bocciato la richiesta da parte italiana a che due esperti balistici del nostro esercito presenziassero alla cosa, poi a forza di litigare abbiamo ottenuto l’autorizzazione per i due consulenti dell’arma dei carabinieri. Ma questo non è un buon segno, circa il clima e la serenità con cui tale esame si terrà. 

Terza poi, stando a voci di corridoio purtroppo fondate, sembra che gli esperti indiani siano orientati per ritenere i fori dei proiettili “compatibili” con il calibro in dotazione ai due marò e con la traiettoria (da sopra a sotto) che potrebbero avere se fossero stati per l’appunto sparati dalla petroliera, accogliendo così la tesi dell’accusa. A ciò aggiungiamo che i cadaveri dei due pescatori sono stati pure già cremati, quindi niente perizie sui corpi. Non tira una buona aria per i due seconde me, e credo purtroppo che si addiverrà, per i motivi suddetti, ad una condanna in primo grado, per poi riportarli a casa quando le acque della campagna elettorale e dell’indignazione popolare si saranno quietate, con metodi più o meno ortodossi (leggi dazione, da parte nostra, di una cospicua somma di denaro). In tutto ciò, la vicenda dei due marò solleva una serie di questioni a livello di diritto internazionale. Purtroppo per l’Italia in questo caso, ma per i paesi meno “potenti” sullo scacchiere internazionale in generale, il diritto internazionale è lungi dall’essere un sistema di norme “certe ed inequivocabili”: in buona sostanza, vige la legge del più forte, al di là delle belle frasi edulcoranti che gli esperti della materia raccontano a lezione ai propri studenti nelle nostre università. 

Contrariamente alla norma di un ordinamento nazionale, dove la consuetudine ricopre il gradino più basso nella gerarchia delle fonti giuridiche, essendo ovviamente primaria la legge “scritta”, il diritto internazionale è un diritto a base principalmente consuetudinaria, e in una comunità di Stati come è facile intuire, un “comportamento” diventa giuridicamente vincolante ( acquista, come si dice tra gli esperti di diritto, l’opinio juris sive necessitatis) in maniera più rapida ed efficace quando è posto in essere da una potenza - economica e militare - il che fa si che gli stati meno potenti si adeguino in modo pedestre a quella prassi, fino a farla diventare una norma non scritta. L’India è una potenza militare (possiede un arsenale atomico), economica (l’industria informatica e delle telecomunicazioni è oggi un loro domino ) e demografica (con il suo miliardo e duecento milioni di abitanti) quindi fa la voce grossa, può creare “precedenti pericolosi”come vengono chiamati in questi giorni, e quindi diritto. 

Lo dimostra la faccenda della competenza territoriale sul caso: l’Italia sostiene con forza che la competenza spetta alla nostra magistratura, in quanto il fatto è avvenuto su una nave italiana e quindi in territorio italiano; le autorità indiane sono ferme sulla posizione opposta. Purtroppo una norma chiara, certa ed inequivocabile che risolva questo dilemma, dopo secoli di questi incidenti, ancora non c’è, e nemmeno ci sarà in futuro: ci si affida al caso per caso, e a chi fa la “voce più grossa”. Sempre che sei nella condizione di farla. La faccenda è avvenuta in acque internazionali, come è chiaro, ma la nave italiana ha commesso l’imperdonabile ingenuità di accogliere l’invito delle autorità portuali indiane ad attraccare nel vicino porto, in tal modo consegnandosi e, almeno secondo l’interpretazione della controparte, “costituendosi” alle autorità indiane. Una sorta di prima ammissione di responsabilità... ma come si fa? Se la petroliera nostrana fosse rimasta in acque internazionali nessuno poteva toccarla, e se lo avessero fatto allora si che potevi fare la voce grossa a livello internazionale pur senza arsenale atomico! 

Seconda poi, un altro problema che emerge dalla vicenda è lo status giuridico dei militari posti a presidio di interessi civili, come nel caso dei due del San Marco sulla petroliera italiana, in funzione principalmente anti-pirateria. Tale previsione purtroppo ci mette continuamente a rischio di situazioni del genere, perché i nostri militari, laddove se ne presenta la necessità, fanno quello per il quale sono stati ingaggiati e per il quale si trovano su quelle navi, ossia difenderle a suon di mitra da eventuali attacchi dei pirati, e il tutto avviene purtroppo non a largo dell’Inghilterra, o della Spagna o degli Stati uniti, dove i pirati non ci sono e tali problemi non si pongono, ma al limite delle acque territoriali di Stati inquieti come appunto l’India ,o gli stati costieri africani, che hanno il dente avvelenato circa le intrusioni armate di uomini provenienti da paesi dell’Occidente, non gradendo che ai propri criminali ci pensino le forze armate di altri stati, e che quando possono (come nel caso dell’India) mostrano di non gradire affatto questa prassi con prove di forza come quella che stanno subendo in prima persona i nostri due sfortunati ufficiali. Spero tanto di sbagliarmi circa le mie sensazioni negative sulla vicenda, ma credo che non dobbiamo farci molte aspettative circa il “buon senso” delle autorità indiane, come stanno facendo i nostri deboli emissari governativi che si stanno occupando della vicenda. L’India non è il paese delle vacche sacre a passeggio per le strade, di Gandhi e della nonviolenza: è una nazione bellicosa, arrogante e violentissima, e ce lo sta dimostrando.


di Federico Ponzo

lunedì 19 marzo 2012

La Consulta Giovanile contro la chiusura del Trifiletti!

Primo firmatario Giorgio Italiano di Casaggì Milazzo.
La politica della coerenza e concretezza! 
Avanti così! 


La Consulta Comunale Giovanile , dopo la riunione del 16 Marzo, decide di schierarsi ufficialmente dalla parte della Cultura, una cultura che, a Milazzo, ormai stenta a sopravvivere. In seguito alla chiusura del Teatro Trifiletti, la Consulta ritiene necessario spendere qualche parola sull’ inaccettabile realtà che i giovani e i teatranti sono costretti ad ammettere.


La Consulta trova le ragioni di questo gesto estremo e inaudito nell’incapacità amministrativa, tecnica, economica e relazionale a cui è stata affidata la gestione del teatro.

I fatti dicono questo: disposta una determinata quantità di fondi da utilizzare per garantire le norme di sicurezza anti-incendio e la copertura elettrica e, quindi, una decente conclusione della stagione teatrale nel mese di maggio con una media di 3-4 spettacoli mensili (prova il fatto che il calendario degli spettacoli in programma chiudeva proprio nella data del 25 del suddetto mese), probabilmente per una visione egocentrica della direzione teatrale o per il subentrare di vari interessi personali, si è dato il via allo sperpero di tutto l’ammontare dei fondi nel solo mese di Dicembre, programmando in un calendario di 31 giorni ben 21 spettacoli.

Come se non bastasse, molti di questi violavano tutte le norme di sicurezza e controllo, essendo spesso destinati ad un pubblico due volte superiore a quello previsto dalla capienza del teatro.

Ne pagano le spese le compagnie teatrali milazzesi le quali, vedendosi cancellati tutti gli spettacoli, hanno dovuto rimborsare totalmente gli spettatori dei biglietti già venduti.

Era stata annunciata mesi orsono l’imminente nascita di una fantomatica fondazione che avrebbe dovuto gestire il Teatro. Constatiamo con amarezza che le parole giunte alle nostre orecchie erano prive di fondamento e verità, alla luce dell’odierno fallimento.

E’ il disagio giovanile che la Consulta vuole portare alla visione della cittadinanza: oggi, Milazzo e i giovani si ritrovano senza uno spazio vitale, l’arte e la cultura sono state bandite.

La Consulta Comunale Giovanile resta dalla parte della cultura, un diritto imprescindibile, in mancanza del quale viene meno lo spirito di una città intera. Il popolo milazzese non merita una simile condanna, ama l’arte e la cultura, non cede all’imbarbarimento.

Quest’opera è stata voluta e costruita da un imprenditore privato venuto da lontano che, circa un secolo addietro, amando Milazzo, ha voluto dotarla di una struttura che l’ha portata all’avanguardia fra le città del sud e del nord Italia.

Se questo è stato possibile un secolo fa, riteniamo che lo sia anche adesso.

Milazzo non ha più un teatro, i milazzesi sono stati brutalmente ed ingiustamente privati di una loro componente essenziale, la Cultura. La Consulta Comunale Giovanile si affianca alla

Compagnia Teatrale "Borgo Artico" coordinata da Enzo Paci e a tutte quelle associazioni e gruppi che, quotidianamente e a titolo gratuito, si spendono per la crescita sociale e culturale della città.

La Consulta, in quanto sintesi dei giovani mamertini, non può esimersi dal sostenere la protesta collettiva contro la classe dirigente colpevole di questa esasperazione politica e della cattiva gestione che ha ucciso l’arte del fare teatro.

"Un popolo senza teatro è un popolo morto" diceva Federico Garcia Lorca: la Consulta invita, dunque, l’Assessore competente, Stefania Scolaro, a rimeditare il proprio operare nell’utilizzazione del teatro.

La consulta giovanile

Come approvato nella riunione del 16 Marzo 2012

E se fosse Tangentopoli bis?

È iniziato tutto il 20 luglio del 2011 quando l’On. Filippo Penati, presidente della provincia di Milano, del Pd, è stato iscritto nel registro degli indagati per corruzione, concussione e illecito finanziamento ai partiti.
Allora si disse, i soliti politici corrotti. Ma da quel 20 luglio ad oggi ne è passata di acqua sotto i ponti e anche gli avvisi di garanzia nei confronti di personaggi politici e amministratori locali si moltiplicano di giorno in giorno. La corruzione è un problema vecchio, anzi, classico, per definire la sua immutabilità nel tempo.

Già nell’antica Grecia l’autore Polibio scrisse della corruzione nella classe dirigente greca del II secolo a.c.
Nel titolo ho ritenuto doveroso fare un riferimento alla stagione di mani pulitedi cui ricorre il ventennale quest’anno in quanto i casi di corruzione o di utilizzo indebito dei finanziamenti ai partiti da qualche mese ne è piena la cronaca. Se forse è vero che molti politici fanno politica per pure interessi di tornaconto personale, è ancor pur vero che questocriterio, se così può essere definito, non ha colore politico (dalla Lega al Pd, passando, ahimè, anche per il Pdl), non ha preferenze territoriali (Milano, Bari, Bologna, Firenze, Napoli).

Faccio politica militante e non amo l’antipolitica ma quel che è certo: il sistema inizia a fare fumo per tutti quei meccanismi sopra accennati, forse sarebbe il caso di rivedere i meccanismi che hanno permesso la sopravvivenza politica di molti individui “inutili”. Soluzioni possibili? Trasformare in associazioni riconosciute partiti e sindacati per una maggiore trasparenza e onestà nei confronti dei cittadini, sempre più indignati. Rivedere l’assegnazione delle gare di appalto magari assegnando ad organi terzi e privi di influenze la regolarità delle gare stesse.

Queste sono alcune delle sfide che deve porsi l’attuale classe politica, chissà se riuscirà a vincerle, anche se al momento, aldilà di manifestazioni formali, non ne ha proprio l’intenzione…



di Rocco Vaccarino

domenica 18 marzo 2012

San Patrizio: considerazioni post-sbornia

Qualcuno facendo dietrologia osservava che l'Italia ieri festeggiava i suoi 151 anni eppure, nessuno sbandierava tricolori o Costituzione. Neanche unicolori, rosso, bianco o verde che sia. Qualcun'altro osservava che per essere nazione serve qualcos'altro. A qualcuno a dire il vero basta davvero poco: un colore, un santo e una pianta. Poco importa se poi la festa è divenuta folklore lontano dalle umili origini religiose della ritualità. San Patrizio è la festa degli irlandesi e dell'Irlanda. E persino la Duchessa di York deve vestire di verde, persinoObama si lascia andare ad un bicchiere di Guinness, persino i vescovi concedono "uno strappo alla quaresima".


Perché non è solo un fiume che si colora di verde a Chicago, non è semplicemente la festa di migliaia di ubriaconi. E' la festa che ci ricorda che negli anni 70' il verde divenne il simbolo della lotta dell'Ulster e dei cattolici irlandesi, dei repubblicani e dei ribelli comeBobby Sands. Poco importa se in Irlanda di serpenti non se ne incontrano. San Patrizio li scacciò comunque, è importante crederlo, è importante ricordarlo. Perché il trifoglio con il quale spiegò ai tanti nativi pagani la trinità cristiana, serviva da collante con la natura e con la terra, con i quali gli irlandesi, popolo fiero e umile, hanno un rapporto intenso. E così il 17 marzo è una festa verde, data in cui San Patrizio sarebbe morto nel 461, probabilmente a Saul, nella contea di Dawn.

E l'Italia? Ha avuto il suo momento di gloria battendo la Scozia nel Torneo delle Sei Nazioni. Ma nulla di più. Basti pensare che su Google quando si clicca "150esimo anniversario" è più facile imbattersi in notizie di cronaca e di mala politica piuttosto che in cenni storici veri e propri. Qualcuno osserva che in Irlanda ci si senta irlandesi con poco mentre in Italia ci si sente poco italiani con tanto... sono sbagliate entrambe le provocazioni in quanto l'Irlanda ha un patrimonio culturale di tutto rispetto per essere una nazione di 5 milioni di abitanti. Da Beckett ad Oscar Wilde a Joyce per citarne solo alcuni. E la cultura musicale millennaria, dagli U2 ai Cranberries ai Westlife, Enya, Sinead O'Connor... E nella musica hanno trovato i simboli dietro cui schierarsi, come l'Arpa celtica d'oro, e l'Amhràn na bhFiann, l'inno gaelico divenuto l'emblema della lotta alla dominazione britannica tra l'800' e il 900'. Tutti lo cantano, nonostante il gaelico sia una lingua considerata "clandestina" e molto complicata... noi è già tanto se intoniamo il poropopopo dell'Inno di Mameli.

Semplicemente imbarazzanti. Il nostro 17 marzo perciò noi lo ricordiamo tra le croci celtiche e i simboli irlandesi, nazione esempio e faro di libertà cui la militanza deve ambire. Meglio una Guinness che un poropopopo? Come dicono gli irlandesi "meglio una trota nella pentola che un salmone in mare".

 


 


 


venerdì 16 marzo 2012

NO AI POLITICANTI DA TASTIERA!


"E su tutto la convinzione che la militanza non fosse che Arte E che l'Arte non fosse che Azione"

Ogni guerra che si rispetti, è anche una guerra di propaganda. Contro mitomani, millantatori, bugiardi, bori, finti, tatuati a buffo, falsi camerati, gente che non ha mai tirato un pinolo, contro chi non ha mai fatto un minuto di militanza, contro chi non conosce l'odore della soda e della farina, della colla e della vernice. Contro chi non ha mai aperto una sezione, fatto un banchetto, aperto una serranda. Contro chi non ha mai donato una parte di se stesso per un sogno comunitario...

Chi non ha mai fatto un giorno di militanza, non ha mai donato un minuto del suo tempo per un sogno collettivo, non ha mai rischiato per difendere la sua, la nostra Idea!
Presto a criticare gli altri, se hanno idee traversali da dietro una tastiera... Onore a chi difende le propie idee per strada.
Coloro che si vantano della propria ex militanza ed ora pontificano dietro un pc! Non seguite il loro esempio, non ci sono mai piaciuti... "Non aver paura di aver coraggio"

Volantini, odore di manifesti, colla, scope, bombolette e vernice, avambracci che si stringono e gente che ti resta dentro.
Che bella vita abbiamo scelto! La militanza, quella vera...

NO AI POLITICANTI DA TASTIERA!

- chiacchiere + militanza


Anthony La Malfa


giovedì 15 marzo 2012

Il dissesto è solo un pretesto,ELEZIONI SUBITO!



Nelle settimane passate l'attenzione delle televisioni locali,dei giornali,dei giornalisti,dei politici e della stragrande maggioranza della popolazione,era focalizzata sul fantomatico dissesto finanziario,che farebbe sprofondare Milazzo nel baratro del fallimento(forse già ci siamo?).


Anche noi,come gruppo militante,c'eravamo espressi,carte alla mano,sull'argomento.articoli,comunicati,riunione niente di più.


Da qualche giorno,l'argomento sembra essere passato sottogamba,taciuto dalle tv locali,celato dai giornali,eclissato dai nostri politici.Proprio per questo motivo,un manipolo di temerari,ha sfidato il freddo e ha inondato la città di volantini,spiegando il perchè quest'amministrazione ci sta portando alla deriva e chiedendo fermamente,forse per la prima volta(il vaso è colmo,per dirla in maniera educata) ELEZIONI SUBITO.


Ciò che si imputa all'amministrazione è il regresso che ha fatto la nostra incantevole città.Una vergognosa gestione della "casa comunale",col fine di vanificare il lavoro svolta da amministratori,nettamente superiori a questa banda di "improvvisati" (per non dire pagliacci).Una gestione amministrativa fallimentare.Una politica volta al distruggere il passato e non saper creare il "futuro".Una città spenta,morta,rassegnata.


Noi non glielo permetteremo,Saremo sempre in prima linea,come abbiamo fatto fino ad oggi,perchè Milazzo non merita questo.


IL DISSESTO E' SOLO UN PRETESTO.

ELEZIONI SUBITO





martedì 13 marzo 2012

SAN PATRIZIO 17.03.12

‎..AL GRIDO DI IRLANDA LIBERA..
SABATO 17 MARZO
• BUON SAN PATRIZIO • 
MANGIATABEVUTACOMUNITARIA
"sasizza rustuta-birra a ciumara-vino a bagghiulati"
info e adesioni Casaggì Milazzo su FB



Cara Merkel..

L'ITALIA NON HA PADRONI
L'ITALIA NON PRENDE ORDINI

lunedì 12 marzo 2012

12 Marzo 1980

‎"Non è più tempo di parlare ma di fare. Non è più tempo di concioni ma di azioni. Voi dovete impedire che un pugno di ruffiani e di frodatori riesca a imbrattare e a perdere l'Italia." G.D'Annunzio


In ricordo di Angelo Mancia, Caduto per l'Italia.


domenica 11 marzo 2012

QUANT’ERA BELLA MILAZZO OGGI VITTIMA DEL DEGRADO (Dal Secolo D'Italia del 10/03/2012)





MA CASAGGÌ VUOL FARLA RINASCERE PARTENDO DAL VOLONTARIATO E DALL’IMPEGNO SOCIALE


Nascere in mal punto non è prerogativa soltanto degli uomini. Anche un borgo non nasce come o dove vorrebbe, ma là dove per qualche necessità naturale urga la vita. E se troppi uomini convengono in quel punto e troppi ve ne nascono e il punto è troppo angusto, per forza il borgo deve crescere male».


Pirandello, quando parla di Nisia nel suo “Viaggio”, sembra proprio descrivere Milazzo e il suo borgo antico. Posta tra due golfi, quello di Milazzo a est e quello di Patti a ovest, in un luogo strategico della Sicilia nord-orientale, è il punto di riferimento di un comprensorio di 204.000 abitanti circa. In origine città greca, e dal 36 a.C. riconosciuta come Civitas Romana, Milazzo è oggi una meta turistica ed un ottimo punto di partenza per le isole Eolie, il Parco dei Nebrodi, Tindari. Città costruita nei secoli e accavallata su se stessa e sui suoi problemi, dalla spiaggia fin su al cimitero, i cittadini godono di un territorio bellissimo ma di una gestione di esso mal sana. Se vi capita di passare dalla ridente cittadina che bacia il Tirreno con il suo lungo promontorio che sembra il collo di una donna, vi accorgerete di come la sporcizia e l’incuria regnino sovrane da qualche tempo. Da più di un anno un manipolo di giovani ragazzi, tra cui studenti universitari e liceali, si sono dati un gran da fare per dare risalto allo scempio che la loro città sta vivendo. 


Noi, i ragazzi di Casaggì Milazzo, lamentiamo una classe dirigente preistorica, nelle vesti di un’amministrazione goffa e stagnante, formatasi dall’aborto del Terzo Polo rinfoltito dalla“cura Pd-Sel” ...e chi più ne ha più ne metta! Una ricetta che in Sicilia ha già dato spiacevoli risultati soprattutto sulla costa tirrenica.Ora il primo trimestre del 2012 conferma un trend in discesa per i piccoli esercizi commerciali della città, con l’aumento delle chiusure del 30%. Centri commerciali a parte, il turismo tradizionale, quello portato dal mare, non dalle multinazionali, non ha stimoli per la crescita. I turisti,invece di arrivare, se ne vanno. E loro, finiani e non, rifiutano ogni tipo di dialogo con i cittadini, rinchiusi come oligarchi della Magna Grecia nei loro bastioni, aumentano i dazi e le tasse sui servizi. Nonostante questo, ci si dà di verso qui in Sicilia. Non sono bastate alluvioni dimenticate dai media e proteste dei Forconi, i ragazzi del centro sociale di destra ce l’hanno messa tutta. Spalando tra il fango e la miseria,prima a Saponara, poi a Barcellona, raccogliendo fondi e viveri d’ogni tipo. Attività che si è poi rivolta ai bambini poveri con l’ausilio delle famiglie volenterose che hanno regalato giocattoli e vestiti durante la Befana Tricolore. C’eravamo per protestare contro l’inquinamento della raffineria e le “morti bianche”. C’eravamo al fianco dei Forconi per dire no all’accise sproporzionata sul carburante. C’eravamoquando hanno voluto toglierci il teatro,per mala gestione, ancora una volta. C’eravamo per ricordare anche a Palermo lastrage di Acca Larentia. 


E ci siamo oggi per portare il Secolo nel centro storico della nostra città, per la prima volta, e farlo leggere ai milazzesi. Su un territorio in cui la politica più estrema è stata fatta sotto il simbolo dello scudo crociato, non è mai facile presentarsi come gioventù identitaria. Eppure lavorando sodo, partendo dalle scuole, arrivando ai più anziani, si è riusciti a darsi credibilità come nel giorno in cui s’è ricordata la caduta dell’ultimo Muro prima, e nella giornata per il ricordo delle foibe dopo: i più grandi hanno ricordato attraverso gli occhi dei più giovani. Tra una cena sociale e l’altra, una serata in sede piuttosto che in giro per le strade deserte di una Milazzo violentata, Casaggì ha costruito un percorso forte e alternativo con una famiglia che vede nella propria comunità e nella propria città una meta e non una via di fuga. E c’è ancora tanto da fare, da restaurare, da gridare, da attacchinare. Siamo pochi ma siamo pronti a viverla questa militanza, in questo “viaggio pirandelliano” l’eco ci esorta “al rezzo placido dei verdi faggi, correte, o giovani vaghe beltà...”



(Dal Secolo D'Italia del 10/03/2012)