Il ritornello nauseante di questi ultimi sei mesi è stato quello della perdita di credibilità della politica, dei politici e dei partiti.
Probabilmente è vero, ma alla base della decadente immagine dei nostri rappresentanti c’è la totale perdita di credibilità e di affidabilità da parte dell’intera struttura statale italiana, consistente di Pubblica Amministrazione, giustizia, sanità, scuola, università, società partecipate e ogni altro manifestarsi del rapporto fra Stato e cittadino.
Lasciando perdere le considerazioni ideologiche, che credibilità possiamo avere se, le minime operazioni negli enti locali, anche le più banali e di routine, portano ad attese bibliche, alla compilazione di cataste di carte e moduli e, magari, a dover ritornare più e più volte nei diversi uffici?
E’ certamente un ragionamento trito e ritrito, ma nell’attuale dibattito pseudo-politico e nei propositi del meraviglioso governo tecnico, questo argomento non è toccato. Lo snellimento dei rapporti fra cittadino e struttura statale non sembra importare a nessuno.
Probabilmente invece, la soluzione di buona parte degli italici dilemmi sta proprio qui: non possiamo più permetterci di mantenere una struttura di questo genere, dobbiamo sfoltirla, privatizzarne buona parte e migliorare ciò che non si privatizza. Ad esempio, per dirne una, sarebbe molto interessante eliminare dalla faccia della penisola le aziende partecipate, che notoriamente sono dei buchi neri, forieri di disservizi e inefficienze. Un’operazione del genere, come tutte le privatizzazioni, sarebbe molto difficile da effettuare, perché si toccano interessi di parte e personali molto grossi.
Molti personaggi che vivono di incarichi a nomina politica si ritroverebbero a doversi cercare un lavoro, ma questo non deve essere un paletto, se mai un incentivo ad operare.
Probabilmente è vero, ma alla base della decadente immagine dei nostri rappresentanti c’è la totale perdita di credibilità e di affidabilità da parte dell’intera struttura statale italiana, consistente di Pubblica Amministrazione, giustizia, sanità, scuola, università, società partecipate e ogni altro manifestarsi del rapporto fra Stato e cittadino.
Lasciando perdere le considerazioni ideologiche, che credibilità possiamo avere se, le minime operazioni negli enti locali, anche le più banali e di routine, portano ad attese bibliche, alla compilazione di cataste di carte e moduli e, magari, a dover ritornare più e più volte nei diversi uffici?
E’ certamente un ragionamento trito e ritrito, ma nell’attuale dibattito pseudo-politico e nei propositi del meraviglioso governo tecnico, questo argomento non è toccato. Lo snellimento dei rapporti fra cittadino e struttura statale non sembra importare a nessuno.
Probabilmente invece, la soluzione di buona parte degli italici dilemmi sta proprio qui: non possiamo più permetterci di mantenere una struttura di questo genere, dobbiamo sfoltirla, privatizzarne buona parte e migliorare ciò che non si privatizza. Ad esempio, per dirne una, sarebbe molto interessante eliminare dalla faccia della penisola le aziende partecipate, che notoriamente sono dei buchi neri, forieri di disservizi e inefficienze. Un’operazione del genere, come tutte le privatizzazioni, sarebbe molto difficile da effettuare, perché si toccano interessi di parte e personali molto grossi.
Molti personaggi che vivono di incarichi a nomina politica si ritroverebbero a doversi cercare un lavoro, ma questo non deve essere un paletto, se mai un incentivo ad operare.
Se la classe politica vorrà riacquistare la propria credibilità, dovrà definitivamente abbandonare l’idea che lo Stato sia un offerente di posti di lavoro e che i partiti siano agenzie di collocamento. Inoltre ci si deve rendere conto che il nostro mondo produttivo sta soccombendo per colpa della burocrazia e delle tasse, queste ultime utili solo a mantenere una struttura inefficiente.
Questa mentalità dovrebbe proprio partire dal PDL, che si è fatto sempre araldo dell’efficienza, soprattutto nel periodo caldo della “cura Brunetta”. E’ ora di abbandonare, da parte del centrodestra, ogni tipo di statalismo, non perché si deve eliminare lo Stato, ma proprio per non farlo morire.
Ci si deve convincere che, così com’è, “il Pubblico” non può andare avanti, altrimenti avverrà la disgregazione del Contratto Sociale che sta alla base dell’idea stessa della sua esistenza.
Ci si deve convincere che, così com’è, “il Pubblico” non può andare avanti, altrimenti avverrà la disgregazione del Contratto Sociale che sta alla base dell’idea stessa della sua esistenza.
Francesco Filipazzi