martedì 31 gennaio 2012

Troppe tasse, affonda l'Italia


La manovra e i primi decreti di Mario Monti non hanno spazzato via il timore che l'Italia possa cadere in una profonda spirale recessiva: gli indicatori economici, in primis il rapporto tra debito e Pil, non permettono di dormire sonni tranquilli. Inoltre, la manovra tutta tasse del professore rischia di generare recessione e di abbattere i consumi. Ma il governo dei tecnici, almeno fino a questo momento, non ha pensato a tagliare la spesa per cercare così di ridurre di qualche punto l'insostenibile pressione fiscale che soffoca il Paese. Gli investitori e gli osservatori internazionali mostrano preoccupazione per la scelta di Monti, ossia quella di correggere i conti pubblici aumentando le tasse e non tagliando la spesa. Ridurre il deficit grazie a nuove imposte, osservano Alberto Alesina e Francesco Giavazzi sul Corriere della Sera di oggi lunedì 30 gennaio, porta a una contrazione del potere d'acquisto, oltre a battaglie sindacali per l'adeguamento di salari che farebbero così lievitare il costo del lavoro. In sostanza si hanno più costi e meno consumi. Dopo il primo timido piano di liberalizzazioni, che cosa aspetta Monti per dare una sforbiciata alla spesa pubblica?

Allarme Moody's - La conferma sull'inappropriatezza della manovra ad alto voltaggio fiscale di Monti è arrivata dall'agenzia di rating americana Moody's, che per il 2012 prevede un calo del Pil italiano pari all'1% dopo una crescita di appena lo 0,6% nel 2011. In un rapporto l'agenzia annuncia una previsione di crescita della disoccupazione dall'8,2% dell'anno passato all'8,8%, un elemento che - si legge ancora - potrebbe provocare un aumento dei mancati rimborsi dei prestiti. Infatti, spiega Moody's, la manovra Salva-Italia varata da Monti "ridurrà il reddito a disposizione delle famiglie" e i debitori "avranno maggiori difficoltà nei loro pagamenti". L'agenzia, inoltre, prevede ripercussioni sui "prezzi immobiliari a causa dell'aumento delle tasse sulla proprietà". E questo "aumenterà le perdite sulle proprietà" soggette a ipoteca.

Juncker: "Bene l'Italia" -  Parole di conforto nei confronti dell'Italia, invece, sono arrivate da parte del presidente dell'Eurogruppo, Jean-Claude Juncker, che all'ingresso vip del palazzo Justus Lipsius, dove si terrà il vertice Ue, ha dichiarato: "Mi sembra che l'Italia abbia ritrovato il cammino della ragione". Juncker, senza nascondere la sua preoccupazione, ha poi aggiunto: "L'Europa è sull'orlo di una recessione tecnica" e le "previsioni macroeconomiche non sono buone. Per questo credo che si dovrebbe ora portare l'attenzione sulla creazione della crescita".

liberoquotidiano.it


l'italia dei banchieri,dei baroni,dei poteri forti
ci vogliono agnelli,saremo leoni!

lunedì 30 gennaio 2012

BLOODY SUNDAY,IRLANDA LIBERA!



30 Gennaio 1972. 13 persone muoiono sotto i colpi sparati dai soldati inglesi a Derry, città dell'Irlanda del Nord, durante una protesta per i diritti civili.

La storia dell'Irlanda del nord è travagliata e affonda le sue radici nel dominio semicoloniale dell'Irlanda da parte della corona inglese. Ma gli irlandesi, popolo fiero, si emanciparono all'inizio degli anni 20, costituendosi nazione indipendente e sovrana. Le contee che formavano l'isola si unirono sotto le insegne nazionali del tricolore bianco verde e arancione, ma 4 contee rimasero sotto occupazione inglese.

L'attuale Irlanda del Nord, con le città di Derry e Belfast, è ancora territorio britannico e negli anni 60 e 70 la lotta politica per riunire alla madrepatria queste zone fu cruenta e provocoò diversi morti. SOldati britannici da un lato, protestanti, e membri dell'IRA (irish repubblican army), irlandesi e cattolici dall'altro. L'idea di non volere più "colonie" in Europa e l'idea dell'autodeterminazione dei popoli, uniti a sentimenti repubblicani, animavano i cattolici dell'Irlanda del Nord e li spingevano a scendere in strada per chiedere a gran voce un'IRLANDA LIBERA E UNITA.

Quel 30 Gennaio, 26 manifestanti disarmati furono colpiti in strada, durante una manifestazione non autorizzata, dai paracadutisti inglesi, nel tentativo di disperdere la folla. 13 persone morirono, tra loro molti ragazzi di appena diciassette anni. QUel giorno, passato alla memoria come BLOODY SUNDAY, la domenica di sangue, fu uno shock per tutta gli irlandesi e suscitò nella popolazione una forte ondata emotiva che si tradusse in un boom di richieste di reclutamenti tra le fila dell'IRA, che conduceva una lotta armata contro gli inglesi. 

Nonostante all'Irlanda del Nord sia stata concessa autonomia, le tensioni permangono ancora oggi tra irlandesi cattolici e figli di immigrati inglesi protestanti nelle contee del nord-irlanda. Nel ricordo dei 13 martiri dell'indipendenza irlandese, e nel nome dei nobili ideali che animarono quella lotta, oggi i giovani identitari italiani ricordano il Bloody Sunday, al grido di Tiocfaidh ár lá! (verrà il nostro giorno)

venerdì 27 gennaio 2012

Oggi ho un buon motivo per ricordare



Ci sono tanti motivi per ricordare. Spesso velati da altri motivi. L'Olocausto è una strage senza tempo. L'annientamento umano, non ha mai una precisa connotazione politica. La storia è piena di genocidi. Dalla Vandea ai Pogrom ai Gulag alle Foibe.Per restare nella storia moderna altrimenti potremmo anche accennare alla strage degli indiani nativi o degli aborigeni australiani. Suonano sempre lontane queste storie, in senso spaziale e temporale. Un po' come l'Olocausto, ricordato in tutto il mondo. Altri genocidi lo sono meno poiché non c'è una comunità con cui potersi identificare nel massacro. I francesi sono francesi, mica tutti vandeani, toccar loro la rivoluzione, l'unica guerra che hanno vinto, quella contro sé stessi, è un tabù. Sono un tabù i campi di concentramento di Stalin così come il fatto che fino a 30-40 fa nel cuore degli Stati Uniti vi fossero autobus per “negri” e autobus per bianchi. C'è poi ilbloody Sunday dei soldati britannici ai danni dei cattolici irlandesi. E via via stragi a noi più vicine, di cui però stranamente nessuno parla.

Ci hanno educato a ricordare attraverso film, immagini, paragrafi e paragrafi di libri di storia. Come un ossessione alla memoria. Paura di non ricordare o paura nel ricordare? Ho aspettato solo questo momento per accennare alla situazione palestinese.

Funziona così. Dopo l'Olocausto toccava che questi signori “liberatori”, parliamo di Mister Alcolisti anonimi, l'uomo che sussurrava alle bombe atomiche e il mangia bambini di turno, trovassero una soluzione per i tanti esuli ebrei. Si saranno detti “qui no, qui c'è il deserto, qui ci serve, lì è mio lì è tuo toh! Ecco! Una terra di contadini che si affaccia sul mediterraneo! Quelli stanno lì solo da tremila anni!” Pianti il seme del male e aspetti che cresce. 3 guerre, milioni di morti, il Settembre Nero, Nasser, Arafat, Hamas, e tutto il resto... la polvere sotto il tappeto prima o poi ti uccide.

Ma la verità è anche peggio degli slogan. Parliamo di vere e proprie colonie, di recinti, di McDonald che sorgono dietro baracche, uomini che vivono in reggie sopra uomini costretti al degrado totale della dignità. Non si chiamano campi di concentramento. Non è l'Olocausto. Non è una strage. Non è vendetta. Non è conosciuta. Eppure oggi ricordare, deve far valere il dovere di sbagliare di nuovo. Eppure in Palestina oggi, si continua a morire mentre si va a fare la spesa. Lì dove alcuni uomini hanno comprato la libertà di altri. Nessuno farà un film, nessuno li ricorderà a scuola, nessuno ne parlerà su RaiUno. Eppure l'Olocausto continua e Israele ne è responsabile. Un buon motivo per ricordarlo...



Santi Cautela


mercoledì 25 gennaio 2012

IO STO CON I CAMIONISTI

Biasimiamoli pure ma i camionisti non hanno altro modo per farsi sentire


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Io sto con i manifestanti, con le migliaia di Tir che in questi giorni bloccano l’Italia. E’ vero che in questo modo stanno facendo ricadere soprattutto sugli incolpevoli cittadini il prezzo della protesta, attirandosi così il biasimo di chi vede intralciarsi lo svolgersi della penosa vita quotidiana; ma è una prepotenza che va compresa perché è altrettanto vero (anzi è “più vero”) che è l’unica maniera rimasta a quei lavoratori per dar voce alle loro legittime richieste. 
La giornata di ieri resterà l’emblema di ciò che sta succedendo in Italia nei nostri giorni, orfana di una Politica portavoce di bisogni e necessità dei cittadini. Ieri, come forse non è mai successo negli ultimi tempi, si è mostrato in tutto evidenza quanto la nostra società sia spaccata su un argomento che è poi il “principio” della Repubblica Italiana: il lavoro.
Da una parte quel tavolo, al caldo e all’asciutto, tra Ministri e Sindacati per discutere di lavoro (mi riferiscono al tavolo per le trattative tra Governo e Sindacati sulla riforma del lavoro); da tutta altra parte – sulle strade e presso i caselli delle autostrade – tanti tavolinetti da picnic, montati alla meno peggio dagli stessi manifestanti, per rifocillarsi e distribuire volantini con le ragioni delle loro proteste.
"L’Italia è una Repubblica democratica, fondata sul lavoro", recita l’Articolo 1 della Costituzione. Eppure, a guardare bene la fotografia di ieri, non tutto il lavoro appartiene a quel lavoro posto alla base dei principi della nostra Repubblica: dentro quello dei lavoratori subordinati, fuori quello degli autonomi.
"La Repubblica riconosce ai tutti i cittadini il diritto al lavoro e promuove le condizioni che rendano effettivo questo diritto", stabilisce l’Articolo 4 della Costituzione. Eppure, a guardare bene la fotografia di ieri, la Repubblica non tratta con la stessa premura tutte le specie di lavoro lasciando nello sconforto una parte dei lavoratori – le migliaia di camionisti – che non vedono promuovere, a proprio favore, condizioni che rendano effettivo quel loro “diritto al lavoro”.
Dov’è il sindacato? E quale unità d’intenti (come ha fatto sul lavoro dipendente) sta promuovendo la Triplice (Cgil, Cisl e Uil) a favore di camionisti e imprese di autotrasporto? Dov’è il governo? E quali tavoli concertativi sta promuovendo a favore di camionisti e imprese di autotrasporto? Non c’è il sindacato e il governo latita. Sono troppo impegnati sulla riforma…. del lavoro: ecco l’assurdo!
La verità è che questo governo di professori è troppo lontano dalla realtà del vivere quotidiano, di chi, cioè, come i camionisti, affronta quotidianamente le fatiche del campare dei propri stenti, come quel giorno fosse il primo della vita ma forse anche l’ultimo.
Questo governo di professori, anziché correre dietro ai sindacati e alla loro prepotente pretesa di “non toccare l’articolo 18”, farebbero meglio a mostrare più attenzione alle proteste dei tir mettendo da parte proprio quel fallimentare sindacato. Attenzione; non sono proteste di “piazza”, che spesso valgono il tempo che durano. Sono proteste di strade e autostrade….
La vera riforma di cui ha bisogno l’Italia è culturale. Una riforma che deve riportare la “persona” (il dipendente, il pensionato, i professionisti, i lavoratori autonomi inclusi i camionisti) al centro delle scelte politiche. Tutto il lavoro, anche quello dei camionisti e delle imprese, e non solo quello dei “dipendenti”, merita attenzione da parte dello Stato. E magari una buona “riforma”. Lo dice la Cotituzione.
di 

D. C.

(L'occidentale)

lunedì 23 gennaio 2012

IL CORAGGIO DI SCHIERARSI


Iniziammo da piccoli,forse troppo piccoli per capire realmente cosa stavamo facendo.Affascinati da un progetto che vedeva come suo massimo esponente uno dei più grandi statisti della storia italiana.Eravamo pochi,quasi tutti amici.All’epoca era facile salire sul carro dei vincitori,come molti fecero,e campare di rendita,tanto bastava poco.Negli anni la situazione si evolse,aprendo scenari politici che nessuno si poteva mai immaginare.Tradimenti,gente che si perde,si ritrova e si perde di nuovo.

Il tutto si riflette come uno specchio sul movimento giovanile,ancorato,saldato a determinati valori e ideali ,che qualcuno sbandiera a suo piacimento quando c’è da mettersi in mostra su un palco davanti ad una platea,sperando in una pioggia di applausi,mentre qualcun altro fa di quei valori una bandiera da portare alta e sventolare orgogliosamente,bandiera che si rifiuta di ammainare,come disse un grande della politica italiana.

La nostra breve storia inizia da lontano,in una calda estate,la voglia era quella del riscatto,di far capire realmente cosa significa per noi fare politica seriamente senza mettere in mezzo i propri interessi personali.
Durante il viaggio abbiamo perso pezzi importanti,ne abbiamo ritrovati altri animati da quella forza che ci contraddistingue e che a molti,amici e non,da fastidio,molto fastidio.
Ci ritenevano una meteora,un fuoco di paglia,chiamatelo come volete,ma oggi ci ritroviamo ad essere il motore,la colonna portante di un grande movimento giovanile,animati da un'impressionante voglia che il tempo non è riuscito a scalfire.

La nostra forza è  una grande passione che viene da dentro,è il coraggio di guardare in faccia il nostro avversario,è il coraggio di non piegarsi alla volontà di nessuno. E’ il coraggio di giovani virgulti,come definiva i suoi ragazzi il segretario,è la voglia di cambiamento,è la voglia di non restare inermi a guardare il trascorrere del tempo.

E’ IL CORAGGIO DI SCHIERARSI

Gabriele Italiano

giovedì 19 gennaio 2012

Jan Palach Eroe contro il comunismo!

"... quando ciascuno ebbe tinta la mano, quando quel fumo si sparse lontano, Jan Hus di nuovo sul rogo bruciava all'orizzonte del cielo di Praga"

Con queste parole Francesco Guccini nella canzone Primavera di Praga volle ricordare un gesto estremo che oggi in Italia e in Europa pochi conoscono. Il gesto fu quello di Jan Palach, giovane studente cecoslovacco che il 19 Gennaio del 1969 si cosparse il corpo di benzina e si diede fuoco in Piazza San Venceslao, al centro di Praga. Un ragazzo di ventuno anni che, come tanti suoi coetani, aveva visto nella fase riformista della cosiddetta Primavera di Praga un'occasione per una maggiore possibilità di espressione e per un maggior rispetto dei diritti di libertà. Non fu così. I Carri Armati Sovietici occuparono la Cecoslovacchia e così distrussero quello che per tanti poteva essere un sogno. Palach era uno studente come noi, con tante idee e tanti progetti, la cui unica colpa era quella di volere esprimere le sue opinioni in contrasto con un regime nel cui le opinioni non potevano e non dovevano esistere. Jan Palach, arrivò a questo gesto estremo per testimoniare il suo desiderio di combattere ogni tipo di oppressione, ogni tipo di dittatura (seppur mascherata), ed è diventato per gli allori anti-sovietici un eroe e un martire. Oggi, molte associazioni studentesche, anche di sinistra, lo ricordano come una persona morta in nome dei suoi ideali, e non sono pochi i circoli di giovani dedicati a Jan Palach. Oggi non possiamo che guardare con ammirazione il coraggio di un giovane, che con la sola forza delle idee cercò di combattere anche i carri armati e i fucili. 

Un grande esempio che non può e non dovrà essere mai dimenticato.


Anthony La Malfa

martedì 17 gennaio 2012

GIOVANE ITALIA-CASAGGÌ MILAZZO OFFRONO SOSTEGNO ALLA PROTESTA SUI RINCARI DEL CARBURANTE IN SICILIA



COMUNICATO 


“I blocchi messi in atto in questi giorni dagli imprenditori agricoli, gli autotrasportatori dell'Aias, il movimento dei Forconi, dei pescatori e degli artigiani, hanno il nostro sostegno e la nostra solidarietà. La situazione denunciata da tutte queste sigle pone l'accento sulla delicata questione economica e che vede la Sicilia in testa, come Regione con la più alta pressione fiscale riguardo i rincari dell'accise sui carburanti.” 

Con queste parole il Movimento Giovanile Giovane Italia-Casaggì Milazzo esprime la vicinanza e il pieno appoggio alla protesta pacifica di tutti i lavoratori di settore e le piccole e medie imprese interessate dalla forte pressione messa in atto dalla recente manovra finanziaria dal Governo Monti. 

“I blocchi che stanno avvenendo in Sicilia sono necessari per far capire la contrarietà di tutta la Sicilia, senza distinzione partitica, a una politica iniqua e ingiusta nei confronti di chi lavora onestamente e non si sente di far gravare questi rincari sulle tasche delle famiglie già depauperate in questi mesi dall'attuale azione governativa.” 

L'accise sui carburanti in Sicilia resta la più alta d'Europa e questa manifestazione è stata organizzata per bloccare le esportazioni del carburante raffinato, che rappresenta il 50% del totale italiano. Il Movimento Giovane Italia Casaggì Milazzo denuncia questa politica ingiusta e si adopera per sensibilizzare i giovani e le famiglie siciliane al fine di far capire l'importanza di una tale protesta, non volta al recare disagi ai cittadini, ma viceversa alla salvaguardia dei loro stessi interessi di contribuenti e consumatori. 


Giovane Italia - Casaggì Milazzo

venerdì 13 gennaio 2012

E' partita ufficialmente la prima campagna tesseramenti di Casaggì.Sarà possibile aderire compilando il breve modulo ogni martedì dalle 18 alle 20 nella sezione di Via Umberto Primo 117.

mercoledì 11 gennaio 2012

Cambiare Mentalità per Cambiare l’Italia

Il ritornello nauseante di questi ultimi sei mesi è stato quello della perdita di credibilità della politica, dei politici e dei partiti.
Probabilmente è vero, ma alla base della decadente immagine dei nostri rappresentanti c’è la totale perdita di credibilità e di affidabilità da parte dell’intera struttura statale italiana, consistente di Pubblica Amministrazione, giustizia, sanità, scuola, università, società partecipate e ogni altro manifestarsi del rapporto fra Stato e cittadino.
Lasciando perdere le considerazioni ideologiche, che credibilità possiamo avere se, le minime operazioni negli enti locali, anche le più banali e di routine, portano ad attese bibliche, alla compilazione di cataste di carte e moduli e, magari, a dover ritornare più e più volte nei diversi uffici?
E’ certamente un ragionamento trito e ritrito, ma nell’attuale dibattito pseudo-politico e nei propositi del meraviglioso governo tecnico, questo argomento non è toccato. Lo snellimento dei rapporti fra cittadino e struttura statale non sembra importare a nessuno.
Probabilmente invece, la soluzione di buona parte degli italici dilemmi sta proprio qui: non possiamo più permetterci di mantenere una struttura di questo genere, dobbiamo sfoltirla, privatizzarne buona parte e migliorare ciò che non si privatizza. Ad esempio, per dirne una, sarebbe molto interessante eliminare dalla faccia della penisola le aziende partecipate, che notoriamente sono dei buchi neri, forieri di disservizi e inefficienze. Un’operazione del genere, come tutte le privatizzazioni, sarebbe molto difficile da effettuare, perché si toccano interessi di parte e personali molto grossi.
Molti personaggi che vivono di incarichi a nomina politica si ritroverebbero a doversi cercare un lavoro, ma questo non deve essere un paletto, se mai un incentivo ad operare.
Se la classe politica vorrà riacquistare la propria credibilità, dovrà definitivamente abbandonare l’idea che lo Stato sia un offerente di posti di lavoro e che i partiti siano agenzie di collocamento. Inoltre ci si deve rendere conto che il nostro mondo produttivo sta soccombendo per colpa della burocrazia e delle tasse, queste ultime utili solo a mantenere una struttura inefficiente.
Questa mentalità dovrebbe proprio partire dal PDL, che si è fatto sempre araldo dell’efficienza, soprattutto nel periodo caldo della “cura Brunetta”. E’ ora di abbandonare, da parte del centrodestra, ogni tipo di statalismo, non perché si deve eliminare lo Stato, ma proprio per non farlo morire.
Ci si deve convincere che, così com’è, “il Pubblico” non può andare avanti, altrimenti avverrà la disgregazione del Contratto Sociale che sta alla base dell’idea stessa della sua esistenza.
Francesco Filipazzi

martedì 10 gennaio 2012

10.01.1979

Per arrivare all'alba
non c'è altra via
che la notte


ALBERTO GIAQUINTO&STEFANO CECCHETTI
vittime dello stato e dell'odio comunista

lunedì 9 gennaio 2012

PALERMO, FIACCOLATA IN RICORDO DELLA STRAGE DI ACCA LARENTIA

Acca Larentia, Palermo ricorda.



Passo lento ma deciso. Pochi ragazzi ma valorosi. Pochi stemmi ma molti significati. Pochi cori ma molto sentiti. La Palermo delle stragi di mafia ha conosciuto invece laPalermo silenziosa delle stragi politiche. Due giorni prima le avvisaglie comuniste. La molotov lanciata sul portone della sezione dell'ex Msi. Un corteo che getta sull'odio comunista l'onore dei morti e della loro presenza, viva come non mai, nellacomunità siciliana missina che ben si sa erigere come asta della bandiera del rispetto.

Saremo stati due centinaia di ragazzi, anche giovanissimi, in molti provenienti ancora dalle scuole. Tante ragazze anche. Partiti da piazza Croce, nel bel centro palermitano, insieme diverse realtà: la Giovane Italia con le sue diverse correnti, che ormai hanno raggiunto il mare siciliano, la Gioventù Italiana, i ragazzi diCasaPound, l'associazione catanese Cervantes, e gli esponenti di TemerariaMente. Tutti insieme, da esempio e da monito a chi non crede nella coesione tra i giovani militanti di destra. Una fiaccolata nera di silenzio e onore. Onore verso Stefano, Franco e Francesco, morti ammazzati quel 7 gennaio del 1978 in quel vile attentato 'brigatista' nella sezione romana di Acca Larentia, vicino Colli Albani. Palermo ricorda. Lo fa per chi non ha potuto, per motivi di sicurezza non ben chiariti, far partire un corteo di tale importanza, nella Capitale.

La quinta città d'Italia invasa da questo fiume di tricolori e ceri illuminati, il volto della gente sorpresa poiché purtroppo in pochi conoscono questa strage così efferata, una delle più violente e significative degli anni di piombo. Nessun politico o esponente in mezzo. Solo i lenti passi della memoria, scortati dalla Polizia e dalla Digos, che temevano il peggio.

Superando Piazza Politeama le scritte demoniache '10, 100, 1000 Acca Larentia', sono state illuminate dalle nostre fiamme. Quei muri hanno rimbombato i nostri cori "Acca Larentia non un ricordo ma una presenza". La gente invisa, paonazza, a tratti addolorata e solidale. Se qualcuno volesse leggere in queste righe il significato di questo corteo (il servizio di TmNews), potrebbe farlo mentre racconto di quel palermitano che mi chiese "cos'è Acca Larentia" e io provai a spiegargli senza scompormi, continuando la marcia a sguardo teso: "L'uccisione di 3 ragazzi romani che credevano nei loro ideali di libertà". Ideali di vita, non di morte, ideali d'amore, non di odio. I nostri passi, sulle loro storie di militanza.

Sono tornati a vivere a Palermo: Stefano, Franco e Francesco. Noi li abbiamo sentiti vicino mentre raggiungevamo ilTeatro Massimo, mentre l'ultima fiaccola illuminava il nostro percorso, mentre il nostro applauso cacciava l'odio antifascista, che qualcuno ha definito "mafia antifascista", dalle strade di Palermo...



Santi Cautela

domenica 8 gennaio 2012

Palermo-Corteo in ricordo dei Martiri di Acca Larentia - 7/1/2012




“Profondo è l'odio che l'animo volgare nutre contro la bellezza” recitava uno degli striscioni ieri in piazza a Palermo. È una frase di Ernst Jünger tratta dal suo romanzo “Sulle scogliere di marmo”.

Questa volta l’odio ha perso. A Palermo si è svolta regolarmente la manifestazione in ricordo dei caduti della strage di Acca Larentia. Centinaia di giovani, e meno giovani, hanno percorso in corteo le vie del centro. Fiaccole al vento, file ordinate, stile sobrio, slogan misurati. Né una sfilata paramilitare, né una gita turistica. Anche una manifestazione ha una sua “mistica”. I movimenti identitari (Giovane Italia, CasaPound, Gioventù Italiana, Spazio Cervantes, TemerariaMente) hanno rinunciato per un giorno alle proprie sigle ed ai propri simboli per unirsi nel ricordo. Senza personalismi e senza divisioni. La Questura ha pensato bene di "circondare" il corteo con decine di agenti. Dicevano di garantire la nostra sicurezza (come se fossimo dei bimbi indifesi in preda a chissà quali orde di barbari, non pervenute). Sembravamo noi i  cattivi da controllare e recintare, come se fossimo un pericolo per i cittadini. Grazie questi surreali metodi di gestione dell’ordine pubblico viene permesso ogni volta a 30 autonomi di tenere sotto scacco un’intera città.

Gli antifascisti palermitani dei centri sociali, nei giorni scorsi, hanno ricoperto la città di scritte intimidatorie, hanno lanciato una molotov contro la sede di Giovane Italia. Volevano creare un clima di “guerra” per ottenere l’annullamento del corteo dalla Questura. Questa volta gli antifascisti sono rimasti a casa. Restano solo i proclami su facebook (i leoni da tastiera sono sempre attivi). Hanno capito che ormai c’è un’intera comunità umana e politica che, superando le divisioni, non ha alcuna intenzione di cedere alle minacce e alle violenze. A cominciare dalle piazze, dalle scuole e dall'università non viene più concesso spazio all'intolleranza politica degli autonomi dei centri sociali.

Quando nel 1978 i terroristi antifascisti sparavano sui militanti del Fronte della Gioventù, la mafia siciliana usava gli stessi metodi per zittire i suoi avversari. Oggi i novelli antifascisti utilizzano gli stessi metodi mafiosi a cominciare dall’ostentazione della forza e dell’intimidazione.

La “mafia antifascista”, negli ultimi anni attiva a Palermo, ha quindi subito ieri una clamorosa sconfitta. Le mafie possono essere vinte solo mettendo da parte la paura.

Ieri 7 gennaio la paura non ha trovato spazio nei nostri cuori. Continuiamo così, per mille anni e soprattutto per Franco, Francesco, Stefano e tutte le vittime della violenza antifascista.

Mauro La Mantia




 

 

 

 

 
















sabato 7 gennaio 2012

7 GENNAIO


‎7 gennaio 1978 - 7 gennaio 2012. Ai caduti di Acca Larentia


giovedì 5 gennaio 2012

BEFANA TRICOLORE

GRAZIE A TUTTI I CITTADINI E MILITANTI CHE HANNO CONTRIBUITO A QUESTA RACCOLTA GIOCATTOLI.
UN PICCOLO GESTO CHE REGALERA' UN GRANDE SORRISO A TUTTI QUEI BAMBINI CHE NON POSSONO PERMETTERSELO.





mercoledì 4 gennaio 2012

Siamo uomini, non salvadanai

Ma che miseria cominciare l'anno festeggiando il decennale dell’Euro e continuare nei giorni. Roba da usurai. Commemoriamo semmai il decennale in cui l'Europa si ridusse a un soldo bucato.
Era grande l'Europa, da millenni, grande ma divisa. Grandi le opere, i leader e le imprese. E proprio nel secolo che finì in moneta grandiosi testi narrarono lo spirito europeo e il suo declino. Poi tutto fu monetizzato e si ridusse al lancio di una monetina, come si fa per decidere il campo di gioco o chi tira per primo.
Non fraintendete, era buona l'idea della moneta unica; ma era infame pensare che l'unione europea potesse nascere dalla moneta unica. Per tutto il novecento le grandi menti d'Europa avevano pensato la Tecnica: Junger e Heidegger, Spengler, Anders e Gehlen, il Circolo di Vienna e i neopositivisti, e su altri versanti Fermi, Maiorana, von Braun. Il sanguigno Bernanos scriveva «lo spirito europeo e il mondo delle macchine ». Profetizzarono che i nuovi cesari sarebbero venuti dall'Economia e dalla Tecnica.
Poi un giorno spuntò al potere, tomo tomo cacchio cacchio, il Tecnico, Mario Monti, mentre il Leviatano economico partoriva i suoi Draghi. In Europa schizzava lo spread dappertutto, la vita cedette alla borsa, il bund bund fu il gioco erotico della tecno-Europa: e la porca Italia di Berlusca, castrata dai tedeschi, mutò il maiale in salvadanaio. L'Europa passò alla cassa, altrimenti detta feretro. Ma siamo uomini, non salvadanai; e non voglio pensare in che fessura c'infilano gli euro prelevati dalle tasse.
Marcello Veneziani