La famiglia all’interno dell’alloggio che brucia è composta da papà Mario Mattei, che si salva gettandosi da una finestra, mamma Annamaria, miracolosamente fuggita attraverso la porta di casa portando con sè il figlio più piccolo, Giampaolo, di soli tre anni, e altri quattro figli: Lucia, di 15 anni, si getta da un balconcino ed è afferrata al volo dal padre; Silvia, 19 anni, si butta dalla veranda della cucina e se la cava con due costole e tre vertebre rotte. Ma gli altri due non ce la fanno: Virgilio Mattei, di 22 anni, e Stefano, di soli 10 anni, restano intrappolati tra le fiamme e muoiono carbonizzati. Un quartiere attonito, svegliato dalle fiamme e sceso in strada, assiste dal vivo alla morte dei due fratelli. Persino un fotografo, Antonio Monteforte, immortala Virgilio appoggiato al davanzale della finestra, agonizzante.
Perché è successo? Mario Mattei è segretario della sezione del Msi di Primavalle. Un “fascista”. E negli anni in cui “Uccidere un fascista non è reato” va punito, anche a costo di stroncare giovani vite in modo crudele.
Quello che succede dopo è anche peggio, se possibile. La macchina perversa del “Soccorso Rosso” si attiva prontamente, sia per proteggere gli assassini, arrestati quasi subito, sia per elaborare tesi innocentiste a dir poco vergognose. Viene pubblicato un libro: “Primavalle, incendio a porte chiuse”, con lo scopo di dimostrare la teoria per l’appunto dell’”incendio a porte chiuse”, ossia che i Mattei si siano bruciati la casa da soli. O sono diffuse tesi ugualmente strampalate sul “regolamento di conti interno tra militanti del Msi”.
Nessuno, negli ambienti della sinistra ma non solo, crede alla colpevolezza dei militanti di Potere Operaio. O si fa finta di non credere. Tant’è che Achille Lollo riceve lettere di stima e solidarietà da leader politici, come Riccardo Lombardi del Psi, e intellettuali come Franca Rame, che il 28 aprile 1973 scrive al “caro Achille” (Lollo) augurando, tra parole intrise di comprensione e affetto, “una brutta fine al giudice Sica”, ossia il giudice che l’ha inquisito. Persino Jacopo Fo, figlio di Dario Fo e Franca Rame, disegna vignette satiriche di assai dubbio gusto sul rogo di Primavalle.
Poi arriva la giustizia: nel primo grado i tre aguzzini sono assolti per insufficienza di prove, nel secondo condannati a 18 anni per omicidio preterintenzionale. Preterintenzionale!
Achille Lollo, rilasciato in attesa del processo di appello, fugge in Brasile, dove ancora attualmente è militante attivo del Pt, il partito dei lavoratori di Lula. Manlio Grillo scappa in Nicaragua con la complicità di Oreste Scalzone. Marino Clavo fa perdere le sue tracce.
Ogni 16 aprile, ma non solo, sarebbe bene ricordare che tre assassini non hanno mai pagato per avere ucciso in modo efferato un ragazzo di 22 anni e un bambino di 10. E che gli stessi tre, in nome dell’odio politico e di un’ideologia discutibile, sono stati difesi strenuamente da politici e intellettuali. Uno degli intellettuali di “Soccorso Rosso”, Dario Fo, anch’egli in prima linea nel difendere gli assassini del rogo di Primavalle, anni dopo ha vinto un premio Nobel.
di Riccardo Ghezzi (qelsi.it)