lunedì 14 aprile 2014

E se Ulisse tornasse…


È la storia di quel tale che per qualche strano motivo torna nella Milazzo che in vita sua, aveva visto solo una volta. Immaginate Ulisse, tornare a Milazzo, passare dalla grotta di Polifemo, il suo mostro preferito, vedere che è chiusa e pericolante, come tutte le strutture attorno, notare come il sicuro pietrisco dello sterrato ha lasciato il posto alle buche e all’asfalto. 

Ulisse e i suoi si stupirebbero, anche se ora sono invecchiati, anche se la sapienza ha lasciato spazio alla saggezza, alla pacatezza e alla serenità. Eppure l’eroe di Itaca a rivedere la sua Milazzo farebbe fatica a trovare pesci nel mare – qualora trovasse acqua poco inquinata – a riconoscere un tempio alla divinità di Atena, tra le guglie metalliche della Raffineria. Si fermerebbe a parlare con gli anziani e scoprirebbe che questa città è amministrata da un collegio di probiviri che poco hanno a cuore le sorti di Mylae.

Uffici bloccati, zero entrate zero uscite, uno stallo politico e burocratico che tiene a scacco la vita della città del Capo. Tra le palme piegate al suolo dai punteruoli rossi, come l’orgoglio dei cittadini, e le attività commerciali praticamente in dissolvenza nell’elogio funebre di una Troia in fiamme, il fedele marito di Penelope riconoscerebbe solo tristezza e povertà. Morta è persino la demos-crazia. 

Eppure quella Milazzo dai dirupi calcarei del capo, tra le insenature pacifiche dei laghetti di Venere, le splendide vedute della Baronia e del Castello restaurato dalla passata amministrazione, ha ancora qualcosa che potrebbe ispirare Omero. Una lirica soffiata nel vento, provenire dalle isole di quel Dio Eolo, raccontata da millenni di storia che hanno fatto di Milazzo la patria della cultura messinese. Ulisse padre del libero arbitrio potrebbe chiedersi se, questa Grande Bellezza, possa trovar pace tra le mura di un vuoto che aleggia nei silenzi del borgo, nei sussurri della Piana, nella rabbia dei precari.

 Nella sua Grecia, culla del mètron e della misura oltre che della ragione, i tiranni, gli oligarchi, i profittatori e gli usurai, i politici corrotti e i medici osannati avrebbero certamente trovato punizione al loro ego. Eppure in questa terra, un tempo dominata da quei figli dimenticati che erano i giganti a un occhio solo, c’è disperazione. E i giganti sono divenuti uomini piccoli, lontani dal popolo e vicini al potere tanto da dissolverli come cenere di pire ardenti. “Ma di chi è la colpa?” Sembra chiedersi Ulisse tra le grigie barbe e le rughe parlanti. “Chi può farvi scordare il terrore dei Ciclopi??” Poi dal Palazzo dell’Aquila si leva un sospiro, tra le carte e il fumo, le sentenze e gli avvisi di garanzia… “di nessuno è la colpa, Ulisse. Tornatene a casa tua se conservi metà della tua passata sapienza. Questo è il nostro tempo!”

di Santi Cautela 
InformAzione Milazzo del 12.04.14)