mercoledì 3 aprile 2013

Caso Battiato: quando l’arte politica è monopolio degli artisti.

Nell’epoca dei tecnocrati, in cui va di moda la politica “dei competenti” per merito, anche gli artisti devono fare la loro parte. Capita però che talvolta si esageri tra moderatume, partitocrazia e “partiti di testa”.
L’arte di fare politica è diventata la politica di fare arte. E non è una novità. In tempi di crisi, si schieravano i letterati in prima linea. Lo sapeva bene Lorenzo de’Medici, che ferito durante un assalto dalle truppe dei Della Rovere, dovette cedere il comando al famoso letterato Bernardo Dovizzi da Bibbiena, che ovviamente dovette ritirarsi per incapacità militare. La vicenda del Ducato di Urbino ricorda molto quella della Giunta Crocetta, cinquecento anni dopo. Il governatore siciliano, conscio della spiacevole situazione socio-economica in cui versa l’Isola, ha mandato al macello due vacche sacre come Franco Battiato, noto cantautore catanese, e il prof. Antonio Zichichi.
Nell’epoca dei tecnocrati, in cui va di moda la politica “dei competenti” per merito, anche gli artisti devono fare la loro parte. Capita però che talvolta si esageri tra moderatume, partitocrazia e “partiti di testa”. Capita che un Franco Battiato messo a suo agio durante un convegno a Bruxelles, abituato ad un certo linguaggio spesso metaforico spesso perverso, esordisca così «Queste troie che si trovano in Parlamento farebbero qualsiasi cosa. È una cosa inaccettabile». Secondo Battiato sarebbe meglio che «aprissero un casino». Forse avrà dimenticato per un un’ora di essere l’Assessore al Turismo della Regione punta di diamante della «villeggiatura, unica cosa che si può ancora fare» secondo un altro intellettuale catanese, Pietrangelo Buttafuoco, che aggiunge, sul caso in questione «io gli avevo persino fatto un appello affettuoso: bisogna tenersi alla larga dalla vicende siciliane».
 La lista degli “sconvolti” è lunga e trasversale, quasi come se paradossalmente, l’artista sia riuscito a mettere d’accordo tutti, repubblicani e democratici, guelfi e ghibellini: dalla Mussolini alla Boldrini, da Grasso a Grillo, dalla Fornero alla Santanchè. E Crocetta, che non avrebbe addirittura dormito la notte a suo dire, si è così potuto sbarazzare di un Assessore scomodo, spesso assenteista e forse semplicemente incompreso. Come quando si presentò senza cravatta all’Assemblea Regionale e fu rimproverato dal Presidente Ardizzone, come un comune scolaretto al primo giorno di scuola. Ma l’affaire Battiato ha ancora qualcosa di stonato. Pochi giorni prima infatti aveva esclamato “la destra non appartiene al genere umano”. Stavolta però le proteste sono rimaste evidentemente su musicassetta, perchè nessuno le ha ancora ascoltate. Certo “l’era del cinghiale bianco” aveva illuso molti destrorsi, ma evidentemente, nonostante le sue amicizie di area, Battiato è agli antipodi del “genus dei regimi” anche se, scusate l’anagramma, parla tanto come un “negus di regime”. A poco sono servite le sue chiarificazioni sul fatto che il riferimento fosse alla “prostituzione della scorsa legislatura, nello specifico, alla compravendita di deputati e senatori”. Forse avrebbe dovuto aggiungere “di centrodestra” per essere scagionato dai travaglini di turno.
In un solo colpo, il Duca di Palermo e amico dei grillini, il Presidente Crocetta, manda a casa un altro che a casa non è mai tornato: Antonio Zichichi, residente a Ginevra. Mai un solo giorno di presenza per lui a Palazzo dei Normanni ma solo tante parole. Capita anche agli artisti e ai tecnici di perdere il “centro di gravità permanente”. La lezione che il prof Battiato ha imparato questa volta, l’avrà letta tra le righe di Machiavelli, amico del Lorenzo de’Medici: in politica, l’arte è uno strumento ma non un fine.
di Santi Cautela per lintellettualedissidente.it