mercoledì 15 maggio 2013
Qual è lo scandalo di Brescia: i ministri che manifestano o gli intoccabili che aggrediscono?
Come al solito bisogna immaginare la scena a parti inverse. La giustizia borghese processa pretestuosamente uno dei tanti beniamini della sinistra, amato dai salotti radical chic e dall’ottanta per cento dei giornalisti italiani che, se non sono stati a Lotta continua perché erano troppo giovani, ci hanno avuto uno zio, una mamma o un papà o, almeno, avrebbero voluto esserci. Immaginiamo un caso “Popi Saracino”.
Nessuno se lo ricorda vero? Era un capetto del ’68 milanese, bell’uomo, professore di liceo di quelli che si fanno qualche tiro con le alunne, come la diciottenne Simonetta Ronconi. Nel glorioso maggio dell’anno Ottanta del secolo scorso, il fascinoso capo di una delle fazioni più pimpanti del Movimento studentesco fu accusato di aver violentato una sua assolutamente splendida studentessa.
Al processo c’erano giovanette dell’ultrasinistra che anziché contestarlo sbavavano per lui, mentre alcune vecchie racchione femministe invece lo mostravano all’indice come stupratore e sostenevano che proprio perché era un “compagno” andava giudicato anche più severamente e fucilato due volte. Un po’ come diceva la destra forcaiola negli anni Settanta, che chiedeva la pena di morte per i terroristi ma DUE volte se erano di destra. Il che ha sempre sollevato un dibattito tecnico legittimo su come si faccia ad uccidere uno DUE volte… Ma Popi era uno giusto, coi contatti giusti e gli amici giusti.
Alla fine tutta la stampa si schierò con lui e così i vecchi e nuovi compagni: parlamentari, giornalisti, attori, galleristi d’arte, magistrati eccetera. Tutti quelli che avevano fatto il ’68 dalla parte giusta. E così venne finalmente assolto per non aver commesso il fatto. La sentenza disse che, anche se la Simonetta all’inizio aveva fatto resistenza, se a un certo punto aveva smesso e aveva ceduto non si trattava di violenza. Quindi, il ’68 era salvo.
Immaginiamoci – così, solo per ridere – che a una manifestazione per la sua innocenza, o per l’innocenza di Sofri, o di Tortora (i familiari non si impennino) o di chiunque altro che legittimamente o meno possa essere considerato un innocente perseguitato dalla magistratura per altri fini, si fossero presentati dei fascistoni o fascistelli e avessero aggredito, spaccandogli la faccia o rompendogli la testa, professionisti, padri e madri di famiglia, pensionati o innocui simpatizzanti che si recavano alla manifestazione di solidarietà. Immaginiamoci i titoli della stampa nazionale (ed estera!!).
Immaginiamoci il messaggio del sindaco, del vescovo, dei presidenti di Camera e Senato e della Repubblica, dei sindacati, del prefetto e del questore. Immaginiamoci l’alacrità con cui avrebbero risposto la magistratura e la polizia, le perquisizioni, gli arresti, le condanne preventive e successive, i sequestri di documenti compromettenti e di armi improprie (coltelli da cucina e mattarelli della mamma) e le conferenze stampa. Pensiamoci. O meglio, ricordiamoci quante volte è avvenuto, rendiamoci conto di quante altre volte avverrà. E vomitiamo. Si, vomitiamo. Liberiamoci dalla naturale bile che qualunque persona per bene produrrebbe in quantità. E ripetiamocelo: senza riforma della giustizia, senza una giustizia che non faccia sempre figli e figliastri, qualunque discorso sulla libertà e sulla democrazia è una chiacchiera vana.
Bastano due magistrati faziosi e due giornalisti bugiardi per sovvertire qualunque Stato democratico. E in Italia è già accaduto troppe volte.
di Marcello De Angelis (secoloditalia.it)