Almeno a parole sembrano essere tutti d'accordo: la nuova legislatura della Regione Molise deve partire con i tagli ai costi della politica. Nonostante le buone intenzioni, però, i gruppi consiliari in Consiglio regionale sono aumentati da 14 a 16, mentre i vitalizi e le ricche indennità dei consiglieri restano invariate.
Gli esponenti del centro sinistra avevano improntato tutta la campagna elettorale contro l’uso delle auto blu, i vitalizi e contro le esose indennità percepite da consiglieri e assessori regionali. Sulla stessa linea, il governatore di centro destra Michele Iorio ha chiesto al presidente del Consiglio regionale, Mario Pietracupa (Adc), di convocare per domattina una riunione urgente della Conferenza dei capigruppo proprio per discutere dell'argomento. Lo stesso Pietracupa, nel suo discorso di insediamento in aula, ha ammonito di “essere molto attenti ai comportamenti ed evitare gli sprechi”. Sui tagli, dunque, sono tutti d’accordo a parole, al punto che l’Italia dei valori è andata addirittura oltre. Due consiglieri regionali (Cristiano Di Pietro e Paolo Palomba) hanno rilanciato l’idea di accorpare il Molise con l’Abruzzo.
Al netto di intenzioni, proposte e promesse, adesso però si attendono i fatti. Le premesse non sono delle migliori, visto che di concreto ancora non c'è praticamente nulla, ma la speranza è che tutti, sapendo che una situazione del genere non potrà durare a lungo, si decidano a prendere le forbici in mano e tagliare i tanti privilegi che si annidano nell'amministrazione pubblica e, anche e soprattutto, nella politica. Prima o poi, in sostanza, le indennità dovranno essere dimezzate e il numero dei consiglieri dovrà essere ridotto a venti.
Ma non sono solo i tagli ai costi della Regione ad animare il dibattito politico in Molise. E' anche la manovra del governo Monti a far discutere. I due presidenti delle Province di Campobasso e Isernia, Rosario De Matteis e Luigi Mazzuto (entrambi del Pdl), criticano i provvedimenti in essa contenuti, colpevoli di “incidere pesantemente sulla qualità dei servizi che le Province erogano ai cittadini”. Vista da dentro il Palazzo, la manovra più che “salvare Italia” fa paura a molti amministratori locali, che temono possa finire con l'affossare i territori e, dunque, il Paese. Il coro degli scontenti abbraccia tutti: sindacati e associazioni di categoria, enti locali e singoli cittadini. Tutti battono sulla stessa nota: la manovra non è equa. Si poteva fare di più sui redditi alti e sarebbe stato meglio presentarla assieme a misure per la crescita.
La Cgil del Molise ha subito attivato due presìdi a Campobasso e Isernia per dire il suo no secco. A manifestare oggi a Isernia, davanti alla Prefettura, i rappresentanti di tutte le categorie sindacali e in prima fila i pensionati, che contestano le nuove norme sulle pensioni di anzianità e il mancato adeguamento degli assegni mensili al costo della vita. Provvedimenti che si teme accentueranno la condizione di crisi, visto che andranno a ricadere sui cittadini già sufficientemente provati dalla congiuntura economica. Va anche detto che non tutti i tagli del Governo trovano l'opposizione del sindacato. Per il segretario regionale dei pensionati Cgil, Giovanni Varriano, infatti, “ci vuole una riorganiozzazione dello Stato. Ci sono troppi Enti, troppe spese. Basterebbe affidare le funzioni gestite dalle Province a strutture tecniche meno costose, azzerando così i costi per mantenere attivi centinaia di consiglieri e assessori provinciali”. C'è consapevolezza, in generale, che il momento di crisi richiede misure forti e immediate, come c'è consapevolezza che gli sprechi sono troppi e vanno aboliti. Resta però aperto il dibattito su chi deve e può pagare di più e, come ha sottolineato il ministro Fornero, ieri sera, alla trasmissione televisivaBallarò, c'è disponibilità a rivedere alcuni punti della manovra come quello della indicizzazione delle pensioni, purché a saldi invariati. Il Molise, come tutte le Regioni italiane, guarda a Roma con attenzione e preoccupazione perché, si sa, il futuro del territorio dipende in buona parte dalle decisioni prese dal potere centrale.
di Giuseppe Lanese