giovedì 28 giugno 2012

Nato, sette guerre chiamate con furbizia "operazione di pace"


Il 20 e 21 maggio si è tenuto a Chicago il summit dei 28 Paesi membri dell’Alleanza Atlantica. Sul Corriere Massimo Gaggi scrive che la Nato ha potuto celebrare "il successo della sua missione storica: un mondo che da oltre 60 anni non conosce vere guerre". Ah sì? In poco più di vent’anni la Nato, improvvisatasi, in nome di non si capisce bene quale diritto "poliziotto del mondo", ha inanellato sette guerre: primo conflitto del Golfo (1991), Somalia (1992), Bosnia (1995), Serbia (1999), Afghanistan (2001), Iraq (2003), Libia (2011).
In che senso queste non sono delle "vere" guerre? Perché le chiamiamo "operazioni di pace" o, preferibilmente, "missioni umanitarie"? Credo che oggi più nessuno oserebbe sostenere questa truffa linguistica. Più probabilmente per noi occidentali queste non sono vere guerre perché non hanno coinvolto i nostri territori e, grazie all’enorme superiorità militare e tecnologica, non c’è alcuna possibilità che li coinvolgano. Ma sarebbe difficile andare a dire ai circa 400mila civili iracheni, serbi, afgani, libici morti per causa diretta o indiretta, delle nostre aggresioni, delle nostre invasioni, delle nostre occupazioni e dei nostri bombardamenti ("effetti collaterali") che quelle che hanno subito non sono state delle "vere" guerre. Quattrocentomila vittime civili stanno in rapporto di 40 a 1 con quelle provocate, nello stesso periodo, dal terrorismo internazionale, Torri Gemelle comprese.
Al sicuro, sostanzialmente ancora ben pasciuti, preoccupati di mantenere con Activia la nostra "naturale regolarità", viviamo con la coscienza tranquilla mentre le nostre macchine belliche (perché ormai non combattiamo nemmeno più con gli uomini, con i soldati ma con i satelliti, con sistemi digitalizzati, con l’elettronica con i "droni", aerei senza equipaggio) perpetrano massacri su popolazioni più o meno lontane. Molto attenti alla nostra pelle abbiamo introiettato una totale indifferenza per quella altrui. Noi italiani abbiamo guardato con comprensibile orrore ciò che è avvenuto a Brindisi: quei corpi in fiamme, quelle membra semicarbonizzate, quei feriti a terra. Ebbene queste scene, e altre ancora più sconvolgenti, si ripetono quasi ogni giorno, a causa nostra, in Afghanistan e, sempre a causa nostra in Iraq perché con la demiurgica pretesa di portarvi la democrazia abbiamo scatenato una guerra civile fra sunniti e sciiti che sotto il pugno di ferro di Saddam non c’era. I giornali della "cultura superiore" coprono le guerre, pardon le "missioni umanitarie", dell’Occidente con l’omertà, le mezze verità, i silenzi.
Durante il summit di Chicago i Talebani hanno inviato ai Paesi della Nato un messaggio. Dice: "Ci rivolgiamo agli altri Paesi membri della Nato perchè non lavorino a favore degli interessi americani e rispondano alle richieste dei loro popoli ritirando immediatamente tutte le loro truppe dall’Afghanistan". In coda i talebani ringraziano Francois Hollande per aver anticipato a quest’anno il ritiro delle truppe francesi. Nessun giornale italiano ne ha dato notizia. Lo ha fatto l’Ansa, senza peraltro riferire il contenuto del messaggio ma solo per definirlo "minaccioso". A me pare invece molto civile, considerando che viene da uomini che da undici anni, pagando un tributo di sangue altissimo, si battono per la libertà del loro Paese da truppe di Paesi che, con violenza e arroganza, pretendono di sostituire i loro valori con i propri.
Massimo Fini


sabato 23 giugno 2012

TIBET LIBERO

Non c'è oppressione che possa, alla lunga, vincere sul diritto e la giustizia
(Dalai Lama)

CONTRO L'OPPRESSIONE DEI POPOLI
TIBET LIBERO!


Io vorrei che l'Italia non fosse subalterna a nessuno



Monsignor Ernesto Galli della Loggia sul Corriere di domenica ci ha inflitto un'omelia per spiegarci che la Germania, nonostante la sua forza economica, non è adatta a guidare l'Europa. È difficile sintetizzare un'editoriale di Monsignore che la cede per prolissità solo a Eugenio Scalfari, comunque ci proverò. Secondo Monsignore la Germania è gretta, meschina, arida, incapace di sogni e “quando si addormenta la sera l'unico pensiero che può permettersi è quello sullo spread che l'attende l'indomani”. Per la verità non mi pare che gli italiani siano meno adoratori del Quattrino, con la differenza che noi tendiamo a rubarlo, la classe dirigente tedesca a usarlo in funzione del bene comune. Ma lasciamo perdere.

Si potrebbe obiettare a Monsignore che l'intera cultura europea degli ultimi due secoli è tributaria del pensiero tedesco, in ogni sua forma, filosofica, letteraria, scientifica, architettonica, urbanistica, musicale, da Kant a Heidegger, da Kafka a Thomas Mann, da Oppenheimer a Einstein, da Gropius al Bauhaus, da Mozart a Stockhausen, e che quindi sparare contro la Germania è sparare contro l'Europa. Ma è proprio ciò che interessa a Monsignore in favore dell'eterno 'amico americano'. Scrive: “Alla Germania manca la capacità di incarnare una 'way of life' libera e accattivante, di produrre universi mitico-simbolici... di inventare oggetti, specie beni di consumo (dalla gomma da masticare, alla Coca Cola, ai jeans) che alludono irresistibilmente a forme di vita easy”.

Io di questa mistica del chewing-gum ne ho pieni i coglioni. Dura da quasi settant'anni. E vediamola allora, a volo d'uccello, la storia di questo popolo tanto easy. Comincia con uno spietato e vigliacchissimo genocidio (winchester contro frecce), non disdegnando l'uso delle 'armi chimiche' allora disponibili (whisky per rovinare la salute dei pellerossa). Gli Stati Uniti sono l'unico Paese che in tempi moderni ha praticato al proprio interno la schiavitù (abolita solo nel 1862), scomparsa in Europa dal crollo dell'Impero romano. Hanno avuto l'apartheid fino a una cinquantina d'anni fa. Molto attenti alla propria pelle gli americani hanno una totale indifferenza per quella altrui. Alla fine della Seconda guerra mondiale bombardarono a tappeto Dresda, Lipsia, Berlino col preciso intento di colpire i civili, ammazzandone a milioni, “per fiaccare la resistenza del popolo tedesco”, come si espressero esplicitamente i loro comandi politici e militari. Sono i soli che abbiano usato l'Atomica.

Dopo la vittoria del 1945 hanno ridotto l'Europa in stato di minorità, di sovranità limitata e la Nato è stata uno dei principali strumenti per tenerla soggiogata, militarmente, politicamente, economicamente e, alla fine, anche culturalmente come dimostra il soccombista Galli della Loggia. Con la loro 'way of life' easy hanno provocato una crisi epocale che hanno poi scaricato sull'Europa e che continuano a scaricare con tutti i mezzi, non escluse le loro agenzie di rating. La crisi è partita dall'America, ma quel pseudodemocratico e pseudonero di Obama ha la faccia tosta di impartirci lezioni di moralità economica.

Io vorrei che l'Italia non fosse subalterna a nessuno. Ma se così deve essere, preferisco un'Europa guidata dalla Germania che sotto il tallone degli “easy, ariosi, liberi, umani” United States of America, di cui siamo, da troppo tempo, gli 'utili idioti'.


Massimo Fini

giovedì 21 giugno 2012

Pm archivia querela di Casapound: "I fascisti non meritano tutela"

Eravamo scettici sulla diffusione di questa notizia,non volevamo far pubblicità gratuita al personaggio di turno.Ma abbiamo deciso di parlarne perchè non è concepibile che un giudice svesta i panni di arbitro imparziale,super partes,e metta la maglia rossa stile anni 70.Loro,proprio loro,i rossi difensori della carta costituzionale,violano uno degli articoli principali della nostra costituzione.


(Tutti i cittadini hanno pari dignità sociale  e sono eguali davanti alla legge, senza distinzione di sesso,di razza, di lingua,di religione,di opinioni politiche,di condizioni personali e sociali.)


E come giusto che sia,nessuno si indigna,nessuno ne parla,nessuno si interessa


"'Nel nostro ordinamento le posizioni politiche legate al fascismo e al nazismo non meritano alcuna tutela'. Con questa motivazione il sostituto procuratore Luca Ceccanti ha scritto al giudice per le indagini preliminari di Aosta per chiedere l’archiviazione del procedimento penale per diffamazione", scrive il quotidiano di Antonio Padellaro.
La storia è questa: Casapound Italia sporge denuncia nei confronti di Paolo Momigliano Levi, ex direttore dell'Istituto Storico della Resistenza di Aosta e consigliere comunale per una lista di sinistra. Momigliano, durante una seduta della giunta comunale, avrebbe denunciato la comparsa in città di "organizzazioni che si rifanno al fascismo". Non sono esattamente delle accuse al vetriolo, ma Casapound se la lega al dito e decide di adire le vie legali. La pratica finisce sulla scrivania del sostituto procuratore Luca Ceccanti che, cercando di smontare la questione, ne crea una di dimensioni maggiori. 
Il pm infatti prende carta e penna e scrive al giudice per le indagini preliminari di archiviare il caso. Le motivazioni? I fascisti non meritano di essere tutelati legalmente. Per Luigi Vatta, legale di Casapound, dietro la decisione del sostituto procuratore c'è "la medesima dottrina che, durante gli anni di piombo, venne esemplarmente sintetizzata nell’agghiacciante motto uccidere un fascista non è un reato".
Adesso la parola passa al Gip, ma la polemica è già scoppiata.

SOLSTIZIO D'ESTATE



Al solstizio d’estate, quando il sole raggiunge la sua massima declinazione positiva (+23° 27′) rispetto all’equatore celeste, per poi riprendere il cammino inverso, comincia l’estate. L’evento era simboleggiato tradizionalmente dal matrimonio del Sole e della Luna: mezzogiorno del cosmo dove i due astri, uniti nelle nozze, spargono le loro energie nell’opulenza dei frutti tra il frinire delle solari cicale e il canto lunare dei grilli.

Questo giorno, la cui data è variata secondo i calendari fra il 19 e il 25 di gugno, era considerato nelle tradizioni precristiane un tempo sacro, ancora oggi celebrato dalla religiosità popolare con una festa che cade qualche giono dopo il solstizio, il 24 giugno, quando nel calendario liturgico della Chiesa latina si ricorda la Natività di san Giovanni Battista. E’ una festa molto antica se già Agostino la ricorda nella Chiesa africana latina. Ma in Oriente veniva celebrata in altre date: il 7 gennaio tra i bizantini, la domenica prima di Natale in Siria e a Ravenna.

La data del 24 giugno è collegata strettamente al Natale romano: quando si fissò per la Natività del Cristo l’ottavo giorno dalle calende di gennaio, ovvero il 25 dicembre, e conseguentemente l’Annunciazione nove mesi prima, fu facile ricavare, basandosi sui Vangeli, la data della nascita del Battista, che in realtà non si sarebbe dovuta festeggiare perché, come è noto, il dies natalis dei santi è quello della morte. Si è giustificata questa eccezione ispirandosi al Vangelo di Matteo, dove si narra che il Cristo si mise a parlare di Giovanni alle folle dicendo: “egli è colui del quale sta scritto: Ecco, io mando davanti a te il mio messaggero che preparerà la tua via davanti a te. In verità vi dico: tra i nati di donna non è sorto uno più grande di Giovanni il Battista”.

Luca narra che Maria andò a visitare Elisabetta quando costei era al sesto mese di gravidanza, nei giorni successivi all’Annunziazione. Fu dunque facile fissare la solennità del Battista all’ottavo giorno dalle calende di luglio, sei mesi prima della nascita del Cristo.

San Giovanni “porta degli uomini”

Nella religione greca antica i due solstizi erano chiamati “porte”: “porta degli dei” l’invernale, “porta degli uomini” l’estivo. Nell’Odissea Omero descriveva il misterioso antro dell’isola di Itaca nel quale si aprivano due porte: “l’una rivolta a Borea, è la discesa degli uomini, l’altra, invece, che si rivolte a Noto è per gli dei e non la varcano gli uomini, ma è il cammino degli immortali”. Il poeta spiega che la porta degli uomini è rivolta a Borea, cioè a nord percheé al solstizio estivo il sole si trova a nord dell’equatore celeste; mentre quella degli dei e degli immortali è rivolta a Noto, ovvero a sud, perché l’astro al solstizio invernale si trova a sud dell’equatore.

I solstizi erano dunque simboli del passaggio o del confine tra il mondo dello spazio-tempo e lo stato dell’aspazialità e dell’atemporalità. Per la prima porta solstiziale, quella estiva, si entrava nel mondo della genesi della manifestazione individuale, per l’altra invece, si accedeva agli stati sopraindividuali.

In realtà questo simbolismo non era solo greco: “Si tratta di una conoscenza tradizionale” commenta Guénon “che concerne una realtà di ordine iniziatico, e proprio in virtù del suo carattere tradizionale non ha né può avere alcuna origine cronologicamente assegnabile. Essa si trova dappertutto, al di fuori di ogni influenza greca, e in particolare nei testi vedici, che sono sicuramente di molto anteriori al pitagorismo; si tratta di un insegnamento tradizionale che si è trasmesso in modo continuo attraverso i secoli (…)”.

Nella tradizione romana il Custone delle porte, comprese le solstiziali, era il misterioso Ianus (Giano), signore dell’eternità. (…) Giano tiene un bastone, ovvero uno scettro, nella mano destra e una chiave nella sinistra. Il primo è un emblema del potere regale, la seconda di quello sacerdotale: insieme simboleggiano la funzione regale-sacerdotale del dio al quale Ovidio fa dire nei Fasti: “Io solo custodisco il vostro universo e il diritto di volgerlo sui cardini è tutto in mio potere”. Egli è dunque colui che ruota sulla sua terza facia nascosta e invisibile, l’asse del mondo, che rinvia al simbolismo solstiziale.

L’etimologia del suo nome rivela questa funzione: Ianus deriva dalla radice indoeuropea *y-a, da cui il sanscrito yana (via) e il latino ianua (porta). Egli è Colui che conduce da uno stato all’altro, e dunque anche l’Iniziatore. Per questo motivo gli iani avevano la funzione catartica di eliminare ogni impurità in chi vi passava. Nel cristianesimo Giano venne interpretato come l’immagine profetica del Cristo, Via e Signore dell’Eternità.

Alfredo Cattabiani

mercoledì 20 giugno 2012

L'Europa ha venduto l'anima ai banchieri




Siamo prigionieri di politici che hanno rinunziato al loro ruolo per permettere ai banchieri di distruggerci come «Nazione», come «Stato», come «Popolo» attraverso un unico strumento, quello finanziario.

Sono convinta che della nostra civiltà, italiana, francese, tedesca, di quella di tutti i Popoli d’Europa, non rimarrà nulla, sopraffatta dalle invasioni africane, musulmane, cinesi, ma soprattutto dalla volontà di ucciderci che anima i nostri governanti. I banchieri ne sono lo strumento più rapido e più spietato.

Non è catastrofismo. Il libro Dopo l’Occidente , che ho presentato ieri alla Libreria Feltrinelli di via Orlando a Roma, con gli amici Barbara Palombelli e Giordano Bruni Guerri, è stato scritto anche con una segreta, disperata speranza: che ciò che affermo non avvenga; che parlandone, discutendone, mettendo il quadro davanti agli occhi di tutti, qualcuno sia spinto ad agire per impedirlo. Saremmo ancora in tempo, infatti, se domani, non più tardi di domani, l’Italia desse il segnale della ribellione al suicidio, della volontà di riappropriarsi di se stessa, della propria identità, della propria cultura, della propria storia, quella storia attraverso la quale siamo riusciti con tanta fatica e tanto coraggio a diventare liberi, liberi del dominio papale, del dominio austriaco. Liberi, liberi, liberi, ma vi rendete conto? Come si è potuto pensare di far ritornare gli italiani ad obbedire agli stranieri? Chi ha potuto credere che gli italiani, e non soltanto gli italiani, ma tutti i popoli d’Europa non sarebbero morti, morti nell’anima, prima ancora che nelle proprietà e negli affari, così come appaiono oggi, nel trovarsi prigionieri e fustigati di volta in volta da un tal ignoto belga, da un talaltro ignoto tedesco, sudditi di un impero surreale, creato a tavolino da quei pochi potenti che aspirano al governo mondiale e che debbono necessariamente perciò distruggere le nazioni, i singoli popoli.

L’Europa unita non esiste e non può esistere salvo che inducendo i popoli alla morte politica e civile; facendoli guidare, dominare da banchieri nel nome del denaro, della moneta. Oggi ne abbiamo avuto l’ennesima prova. La Borsa va male, come al solito, o perfino peggio del solito. Tutti quelli che credevano e speravano che in base ai risultati delle elezioni in Grecia, interpretati come una risposta «pro euro», finalmente la Borsa avrebbe cominciato a dare qualche segnale positivo, esprimono il proprio disappunto come se davvero la catastrofe provocata dall’unificazione europea potesse essere annullata con il grido di sottomissione emesso dalla vittima all'ultimo respiro nel momento in cui il carnefice sta per stringerle definitivamente il cappio al collo. I greci hanno appunto detto di sì perché avevano il cappio al collo. I governanti, politici e banchieri, che esultano per questo risultato, si rivelano per quello che sono: ripugnanti usurai che la penna di Balzac non sarebbe sufficiente a descrivere.

La cosa più tragica, poi, è che non sono soltanto avidi usurai: tutti i banchieri, salvo le rare eccezioni di coloro che hanno accumulato grandissime ricchezze riducendo sul lastrico milioni di persone, sono di mediocrissima intelligenza e commettono enormi errori nella loro cupidigia come dimostrato dalle crisi di cui stiamo pagando il conto dal 2008 a oggi. Non sono stati forse i banchieri a scrivere il trattato di Maastricht, capolavoro d’ignoranza e di falsità, a progettare la moneta che ci ha portato al disastro?

Non c’è nulla di più vergognoso e stupido che mettere a capo delle istituzioni dei banchieri. Dobbiamo trovare il modo per liberarcene.

 Ida Magli

Di generazione in generazione..


martedì 19 giugno 2012

Marciare,non marcire. Ma rigenerarsi è necessario


Sì, certo: destra e sinistra sono concetti che non hanno più senso. La gente non ne può più eccetera eccetera… L’abbiamo detto da così tanto tempo che ci siamo stufati pure di precisarlo. Insomma lo sappiamo. E abbiamo metabolizzato questa consapevolezza da decenni, quando ancora tanti di quelli che oggi pontificano sulla vecchiezza di queste categorie ci guardavano come marziani, se non addirittura come traditori.

Quel che ci sta a cuore è l’Italia, non solo una parte di essa e tantomeno una parte che non si sa come chiamare perché non ha neanche l’ombra di un’uniformità ideologica. D’altro canto, pretendere di trovare convergenza di vedute tra quanti hanno in qualche modo rappresentato il nostro universo politico è un gioco non solo inutile ma sbagliato: non di destra si dovrebbe parlare, infatti, semmai di “destre”, al plurale. E ognuna ha sempre riunito al suo interno un’ulteriore pluralità di sfumature neanche tanto piccole.

Anche chi - come chi scrive - è nato politicamente in un movimento che rifiutava le categorie destra/sinistra, sa perfettamente che lo stesso rifiuto comprendeva in sé posizioni diversissime e a volte contrapposizioni di non poco conto.
Quello che ha unito (e in qualche modo unisce ancora) il nostro mondo non sono le ricette: sono gli ingredienti, ovvero “il modo” di rapportarsi al mondo. Marzio Tremaglia era riuscito a riassumerne la sostanza con la qualità rarissima della semplicità: «Credo nei valori del radicamento, dell’identità e della libertà; nei valori che nascono dalla tutela della dignità personale. Sono convinto che la vita non può ridursi allo scambio, alla produzione o al mercato, ma necessita di dimensioni più alte e diverse. Penso che l’apertura al Sacro e al Bello non siano solo problemi individuali. Credo in una dimensione tipica della vita che si riassume nel senso dell’onore, nel rispetto fondamentale verso se stessi, nel rifiuto del compromesso sistematico, e nella certezza che esistono beni superiori alla vita e alla libertà per i quali a volte è giusto sacrificare vita e libertà».
Qualcuno ha criticato l’appello di Marcello Veneziani (apparso sul Secolo d’Italia) perché parlava ancora di destra. Altri l’hanno stigmatizzato perché era rivolto a un mondo che non esiste più. Altri ancora hanno risposto che non c’è bisogno di rivoluzioni e che, con qualche aggiustamento, le cose si possono ancora rimettere a posto.
Su Libero, Renato Besana ha raccontato come, insieme a Veneziani, ha pensato di proporre un laboratorio politico dal nome “Itaca” per una nuova rivoluzione conservatrice italiana. Sullo stesso quotidiano, nella sua nuova rubrica, l’editore Freda ha giudicato positivo l’appello cogliendone l’intento di fondo al di là del nome.
Tuttavia, i nomi formano la sostanza e giustamente Marcello de Angelis, oltre ad ospitare sul quotidiano che dirige numerosi interventi stimolati dall’articolo di Veneziani, ha scritto che per chi ha voluto passare le Colonne d’Ercole un ritorno a Itaca non è possibile né auspicabile e la sfida è quella di trovare un continente nuovo.
Si potrebbe pensare che la sintonia venga dalla lunga frequentazione, ma io credo l’esatto contrario: la lunga frequentazione è resa possibile dalla sintonia. È per questo che, senza averne parlato con de Angelis, quando Besana mi ha inviato la bozza dell’appello ho avuto la sua stessa reazione, e nel riferimento al “ritorno a Itaca” ho percepito un senso di nostalgia lontanissimo dalla volontà di assaltare il futuro. Ma quella nostalgia è lontanissima anche dall’intento degli stessi promotori, che è un intento giusto e razionale anche se magari non hanno azzeccato il nome.
Perché è sacrosanta la necessità di rigenerare quel mondo che per semplicità chiamiamo destra. Nessuno vuole tornare indietro, ma avanti così non si può andare.
Gabriele Marconi

lunedì 18 giugno 2012

NO ESM!

GIOVANE ITALIA OCCUPA LA SEDE ROMANA DEL PARLAMENTO EUROPEO.

NO ESM: LIBERTA', DIGNITA', SOVRANITA'!



NO ESM: GIOVANE ITALIA OCCUPA SEDE PARLAMENTO EUROPEO A ROMA...

Più di cento militanti della Giovane Italia, movimento giovanile del PdL, hanno occupato questa mattina la sede del Parlamento Europeo a Roma, per manifestare contro il trattato sul Meccanismo Europeo di Stabilità (ESM).

"Le parole che l’Europa ha bisogno di ascoltare sono dignità, libertà e sovranità, non ratifica dell’ESM: un trattato che in teoria dovrebbe aiutare i Paesi in difficoltà, ma che in realtà istituisce un organismo finanziario senza alcun tipo di controllo e giurisdizione.

La ratifica di questo trattato equivale alla perdita di ogni tipo di sovranità, in quanto ogni Paese aderente dovrebbe negoziare scelte di politica interna, non come Stato sovrano, ma in qualità di socio e debitore.

La manifestazione simbolica di oggi vuole accendere i riflettori su un tema volutamente ignorato ed è l’inizio di una grande mobilitazione nelle piazze, diretta ad informare e raccogliere firme per convincere i nostri rappresentanti politici a non cedere di un passo davanti ai poteri forti di questa Europa della banche". E' quanto dichiara, in una nota, il presidente romano della Giovane Italia, Cesare Giardina.




sabato 16 giugno 2012

Quella notte a piazza Vescovio. Cecchin, 33 anni senza giustizia


Ma quella nave non è mai affondata, l'ho rivista ieri sera
Con le vele gonfie di vento e il tuo nome sulla bandiera!

Francesco era primavera, Francesco era libertà!







Roma, quartiere Trieste Salario, notte tra il 28 e il 29 maggio 1979. Piazza Vescovio è immersa nel buio e per strada non c’è più nessuno. Solo due persone si attardano in una rapida passeggiata. Sono lo studente del Fronte della Gioventù Francesco Cecchin e la sorella Maria Carla. A un certo punto una Fiat 850 bianca con quattro persone a bordo s’accosta al marciapiede. Poi la macchina si blocca e una voce dall’interno dell’abitacolo grida: «È lui, è lui, prendetelo!». Immediatamente due uomini scesi dall’auto si mettono a correre in direzione dei due giovani. Francesco intuisce il pericolo e rivolto alla sorella grida: «Va via, scappa, corri a chiamare aiuto!». E inizia a correre a perdifiato anche lui, con i due sconosciuti alle calcagna. Maria Carla sta anch’essa per lanciarsi, ma Francesco e gli inseguitori la superano in un baleno, scomparendo dietro l’angolo. S’ode uno schianto, un rumore sordo, e poi più nulla. La ragazza, terrorizzata, ha solo il fiato di gridare: «Francesco, Francesco… Aiuto!». Ma non c’è niente da fare. Francesco viene ritrovato esanime nel terrazzino sottostante via Montebuono, ben quattro metri e mezzo più in basso del marciapiede. Il diciassettenne è ancora vivo, ma privo di conoscenza. Nella mano destra stringe un pacchetto di sigarette, nella sinistra un mazzo di chiavi. Quella che sporge tra le nocche è piegata. Inoltre perde sangue dalla tempia e ha un’emorragia al naso.
 

Dopo diciassette giorni di coma profondo di Francesco rimane solo l’ennesimo necrologio pubblicato sul “Secolo d’Italia”. Per i giornali allineati l’episodio fu “spiegato” prima ancora che qualcuno si prendesse la briga di fare uno straccio d’indagine. Il militante di destra era “inavvertitamente” caduto di sotto. Ma, obiettò qualcuno, se fosse precipitato da solo non avrebbe avuto l’occhio sinistro tumefatto, le labbra e il naso gonfi, un profondo taglio sul collo, uno squarcio sulla tempia, la milza spappolata e lividi dappertutto. E poi perché impugnava ancora il mazzo di chiavi e il pacchetto di sigarette? Come mai un ragazzo di diciassette anni che fa un salto di cinque metri non tenta neppure di attutire la caduta cercando di atterrare con le proprie gambe? Non è che è stato tramortito e gettato a peso morto nel vuoto? Allora è sicuramente rimasto vittima di una faida interna al mondo neofascista, rilanciarono i velinari di regime. 


La storia era sempre la stessa. Per Francesco, studente all’istituto tecnico Mattei, entrare in classe era sempre stato un po’ come entrare nella gabbia dei leoni. Erano più le volte in cui restava fuori dall’aula, bloccato da qualche picchetto organizzato dai soliti farabutti con gli stracci rossi, che quelle in cui riusciva ad accedervi. Il tutto nell’indifferenza delle autorità scolastiche e delle forze dell’ordine. Una vita impossibile. Respinto due volte, decise di trasferirsi al liceo artistico di via Ripetta assecondando la sua innata passione per il disegno. Ma qui, se possibile, le cose peggiorarono ulteriormente. L’artistico infatti rigurgitava di ultras di estrema sinistra, tanto che senza menare le mani non poteva nemmeno avvicinarcisi. La tragedia, insomma, era nell’aria e si verificò puntualmente. Ma qualcuno s’è forse degnato d’indagare su questo ennesimo assassinio? Ma certo, le indagini ci furono, come no. Tuttavia, tanto per rendere l’idea di che aria tirasse, basta dire che l’allibita Maria Carla in questura si sentì apostrofare dai poliziotti: «Tuo fratello se l’è cercata». E che secondo i giudici le disattenzioni degli inquirenti sfiorarono il dolo. Tuttavia, gira che ti rigira, qualche nome venne fuori. Quello del proprietario dell’850 bianca, ad esempio, un noto comunista della zona. E quello di un suo compagno – comunista anch’egli, naturalmente – un personaggio che dopo l’ennesima zuffa per un manifesto stracciato se ne andò profferendo fior di minacce. Qualcosa del tipo: «Tu stai attento perché se poi m’incazzo ti potresti fare male. Vi abbiamo fatto chiudere la sezione di via Migiurtina, vi faremo chiudere anche quella di via Somalia». Sì. A quei tempi i compagni erano onnipotenti, e spadroneggiavano per il quartiere, vezzeggiati e coccolati da mass media, forze dell’ordine, giornalisti e intellettuali éngage. Tanto che ancora oggi, dopo trentatré anni suonati, per lo Stato Francesco Cecchin è stato vittima d’ignoti e della criminalità comune. Eh sì, perché, per chi non lo sapesse, nessuno ha pagato per la sua morte.


Angelo Spaziano - Secolo d'Italia

mercoledì 13 giugno 2012

La mia "destra" nel dopo Fini-Berlusconi.Intervista a Pietrangelo Buttafuoco



Nonostante i richiami all’unità del Pdl le spinte verso la frammentazione del partito non sembrano fermarsi. Al di là del dibattito animato dai possibili fondatori di liste civiche, l’ala destra del Popolo della Libertà sta infatti riflettendo sul suo futuro, sospinta dai suoi intellettuali.
«Berlusconi e Fini costituiscono inevitabilmente un ciclo concluso» ha scritto Marcello Veneziani nel suo appello, pubblicato settimana scorsa dal Secolo d’Italia, per «ricostruire un soggetto civile, prima che politico o culturale». A questo proposito Pietrangelo Buttafuoco, intervistato da IlSussidiario.net, non ha dubbi: «Che questa comunità si ritrovi dopo il disastro è assolutamente inevitabile e nella realtà dei fatti».

Secondo lei nascerà presto un nuovo soggetto di destra che andrà oltre il Pdl?

Intanto metterei ordine nelle definizioni. Questa storia ha origine nel Movimento sociale italiano, la cui storia non può essere considerata di “destra”. È nata infatti in un contesto fortemente tragico, nel Dopoguerra, raccogliendo intorno a sé l’insieme delle esperienze derivate dalla Repubblica sociale italiana.
Dal punto di vista filosofico e culturale quel deposito di valori non può perciò essere considerato interno dell’ambito del conservatorismo dell’Italia borghese o moderata. È un equivoco che si è trascinato nel tempo.

Qualcuno si è preoccupato di risolverlo?

Direi di no, è perdurato facendo collocare a destra quel tipo di esperienza, al di là delle sue varie trasformazioni prima in “Destra nazionale” e poi in “Alleanza nazionale”.
Al di là di questo però è rimasto sempre vivo un punto di vista sociale che non ha mai reso questa forza una sorta di Democrazia Cristiana solo un po’ più ancorata alla dimensione nazionale e che è rimasta un punto di aggregazione per tantissimi italiani. Una comunità di tre milioni di persone ancora presente e radicata in tutto il territorio nazionale. Si pensi alla Sicilia o alla città di Roma dove Gianfranco Fini sotto le insegne della Fiamma Tricolore poté affermarsi e prepararsi alle sfide future.

Che fine ha fatto secondo lei questa comunità politica?

Con una battuta qualche tempo fa dissi che sta tutta nella sim di Maurizio Gasparri. L’ex colonnello di An è uno dei pochi che ha saputo tenere i contatti con tutto questo mondo e, a differenza di altri dirigenti pidiellini, potrebbe contare su un amico o su un riferimento se la sua macchina andasse in panne in qualunque città del Paese.
Scherzi a parte, il radicamento è una componente importantissima in politica e in questo ambito non è mai venuta meno. Non a caso, con lo sfascio del Pdl sul campo rimangono soltanto le sezioni tramandate nel solco di questa esperienza.

La fine del Popolo della Libertà secondo lei è scritta?

Non c’è nemmeno la necessità di formalizzarla. Le dirò di più, per una comunità che ha trovato motivo di riaggregazione dopo la tragedia della Guerra mondiale, il “disastro” del Pdl è solo una piccola disavventura di un pomeriggio. Per questo motivo, la riaggregazione è inevitabile e nella realtà dei fatti, senza bisogno di dover ricostruire la ragnatela della diaspora o di fare il borsino di chi a questo punto ha dei crediti da vantare.

Si potranno superare secondo lei le divisioni di questi anni? 

Se si riferisce a Fini la sua è una storia a sé, non c’entra niente con questo percorso. Anche quando venne eletto segretario, venne catapultato per via oligarchica. Una scelta che non venne mai digerita e che oggi mi permette di dire, sine ira, che non lo rimpiangerà nessuno. E comunque, non sarà questo l’ostacolo, per intenderci.

E quale sarà allora?

Il fatto che l’Italia non ha una sovranità politica. Un’azione politica come questa metterebbe in discussione gli equilibri dell’attuale status quo. Non credo che ci lasceranno alzare la testa in termini di unità nazionale.
Non confondiamo comunque questo mondo con ciò che vediamo all’estero. Le specificità di cui parlavamo all’inizio rendono questo fenomeno imparagonabile con il Front Nationale della Le Pen. Questa comunità non sposerà mai le stupidaggini della xenofobia o le scorciatoie della demagogia e del populismo.

Ma un nuovo soggetto secondo lei nascerà da una piattaforma già esistente? 

Inutile fare delle ipotesi, in politica le cose accadono seguendo il loro corso. Prendiamo l’esempio di Flavio Tosi a Verona. Pur avendo contro la Lega e il Pdl si è sviluppata un’aggregazione spontanea che ha portato al successo il giovane leghista.
Visto comunque che si parla di futuro, le facce che vediamo attualmente in quella parte politica che tutti chiamano “destra” non vanno considerate.

Nessuna? Nemmeno quella di Gasparri di cui parlava prima?

Nessuna. Al massimo qualche personaggio stravagante come Nello Musumeci, cacciato dal Pdl perché prendeva più voti di Fini.

Dovrà comunque emergere un leader oppure no? 


Me la cavo con la dottrina. Carl Schmitt diceva che in una situazione di crisi serve un “decisore”. E dato che questa classe politica dovrebbe averlo letto, farebbe bene a trovarlo.

intervista a Pietrangelo Buttafuoco rilasciata a Carlo Melato per ilsussidiario.net

domenica 10 giugno 2012

SOS Terremoto Emilia..CASAGGì MILAZZO PRESENTE!





Ancora una volta la Città di Milazzo si dimostra solidale verso le popolazioni colpite da calamità naturali,che ormai da due anni colpiscono con cadenza regolare il nostro paese.


Casaggì,risponde presente!


Come sempre in prima linea nell'impegno sociale.La raccolta viveri di ieri(09/06) è l'ennesima dimostrazione della costante presenza sul territorio dei ragazzi di Casaggì Milazzo.


Nella giornata di lunedì 11 giugno,i viveri raccolti verranno consegnati alle autorità preposte e situate nei paesi colpiti dal sisma.

mercoledì 6 giugno 2012

carmelo pino e la "rivoluzione gentile"

agli occhi di molti potrà anche sembrare una carnevalata,invece a noi questo tizio sembra tanto un ribelle,uno di quelli che rompono le palle,uno di quelli che vogliono fare qualcosa per il proprio paese.
E' veramente sconvolgente il comportamento del nostro sindaco,che ormai di sindaco ha veramente poco,e ancora più sconvolgente il commento dei ragazzi,Milazzesi,e "dell'ospite a cavallo"


<<che dirvi del sindaco di Milazzo??un animella!!..nel senso,eeee...SENZA SPINA DORSALE,era li con la manina fredda,più morto che vivo>>

<<come sindaco di Milazzo,neanche se fosse il più grande comune della sicilia,AUTOBLU AUTISTA,aveva un impegno,ha soltanto detto buon giorno e buona sera "sbiscicando"qualche parola>>

<<questa è gente,parlo del sindaco di milazzo,che alla prossima tornata elettorale sarà TROMBATO,nel senso che non salirà..ed è gente che va SCAPPANDO...ha fatto finta di non sapere,quasi per dire.."ma che mi domandate soldi?!cosa volete!?>>

<<la rivoluzione parte dai sindaci,quelli INUTILI andranno a casa,quelli utili,invece saranno il punto di partenza per il rilancio di questa nostra italia>>



MINUTO 12:00

martedì 5 giugno 2012

S.O.S TERREMOTO EMILIA..AIUTIAMOLI!

SABATO 9 GIUGNO
dalle 10:00 alle 20:00
RACCOLTA VIVERI
P.zza San Papino
RACCOGLIAMO:
pasta,riso,acqua,olio,aceto,sale,
succhi di frutta,biscotti,prodotti per l'igiene,
bicchieri e posate di plastica.
per info 348.1708984 - 345.5889056


Ora scendiamo in campo noi



“Confusione… confusione, mi dispiace!”
Leggendo le prime ANSA mi viene in mente una canzone di Lucio Battisti, nel cui ritornello è racchiuso il mio stato d’animo attuale: confusione. Nella nostra comunità politica, nel nostro partito, nei nostri elettori (ed ex).
Secondo Nietzsche il caos è vita. Anche la paura e il vuoto sono vita. E oggi noi siamo incasinati, impauriti e un pochino vuoti. Non perché la nostra testa sia stata recisa e il nostro cuore asportato, ma in quanto le nostre emozioni e idee navigano a vista, senza più riuscire a diventare progetto continuativo e a lungo termine.
Questo non significa che ci lasciamo andare. Non saranno certamente le sconfitte elettorali ad abbattere il sogno. Ma ci eravamo abituati negli ultimi anni a realizzare questi sogni, farli diventare realtà, non incubi.
Oggi il Popolo della Libertà, dove ci troviamo e da dove vogliamo ripartire, è emblema della crisi, politica e sociale. Il partito ha bisogno di noi e noi abbiamo bisogno del partito, vicendevolmente. Struttura, programmi, sacrificio: la ricetta quasi perfetta per rimettere sui binari un treno deragliato oramai da molti mesi.
E’ necessaria un’iniezione di coraggio e di impegno disinteressato. Non sappiamo più parlare al popolo delle partite IVA, non siamo in grado di chiedere l’abbattimento delle tasse e il relativo taglio della spesa, non siamo nelle condizioni di gestire una nuova classe dirigente fresca e grintosa, che cerca di farsi spazio nelle reti di un partito che ha ancora il peggio della prima e della seconda repubblica.
Oggi Parma ha un nuovo sindaco. Non ha vinto Grillo, ha vinto Pizzarotti. Giovane, preparato, programma chiaro, magari non condivisibile per certi versi, ma lui sa di cosa parla, e noi? Noi, Giovane Italia, Azione Universitaria, soggetti di serie C all’interno di un partito retrocesso nella B politica, abbiamo il dovere di pretendere il rinnovamento, ma non sbraitando, ma mettendo le basi per un programma di Governo, da attuare nei Comuni e nell’Esecutivo nazionale.
Siamo in un periodo buio, critico, non tanto perché usciamo continuamente sconfitti, ma perché siamo in stato di confusione!
Liberiamoci dal giogo del “chi siamo – dove andiamo”, troviamo il coraggio di dire la verità, la forza di creare nuovi dirigenti e un dinamico rapporto con il territorio, liberandoci delle frattaglie putride che ammorbano il nostro movimento.
Mettiamo in azione le idee, perché ora siamo noi a dover scendere in campo.
Michele Pisano

lunedì 4 giugno 2012

Tutto è rito, e l'antimafia è liturgia.


di Petrangelo Buttafuoco

Messina:Lettera aperta al Pdl


Lettera degli esponenti del PdL di Messina,pubblicata sul Secolo d'Italia del 02.06.2012.
Ripartire da ZERO è obbligatorio!
«Piffer col 5% invitato  ad Arcore. Noi col triplo minacciati di espulsione»
«Cos'è la società civile? E chi fa politica è forse "incivile"?». A domandarlo sono Ciccio Rizzo, Piero Adamo, Ferdinando Croce e Felice Panebianco in una lettera aperta a Silvio Berlusconi e Angelino Alfano. I quattro si definiscono «ragazzi di strada», sebbene facciano politica a Messina dal 1998, prima in An e poi nel Pdl.
In un momento in cui il partito è impegnato a ripensarsi, lasciandosi tentare dal "modello Grillo", i quattro intervengono per ricordare che «la piazza oggi è con i grillini perché solo loro vanno in piazza». È una lettera franca la loro. A Berlusconi dicono che «ti hanno raccontato un partito che non c'è, pensieri che nelle piazze non ci sono». Ad Alfano ricordano che «non serve un nuovo reality, ma un partito che coinvolga davvero la base». «Il mondo giovanile del Pdl - sottolineano - è pieno di centinaia, anzi migliaia, di persone che finora hanno mangiato la polvere, ma che credono nella politica, nella militanza, nella possibilità di un mondo migliore per tutti». 


Il problema è, però, che il partito spesso non se ne rende conto e talvolta li penalizza. Nella lettera è riportata la vicenda di uno dei quattro, Ciccio Rizzo, e delle comunali di Lipari. Rizzo è stato fra i fondatori del Pdl di Messina e nel 2009 ha creato il movimento "Il vento eoliano" per intercettare un elettorato che altrimenti sarebbe stato perso. Con quella sigla, mentre il partito parlava di aggregare i movimenti civici, ha proposto le primarie per il sindaco di Lipari, «ma la dirigenza provinciale messinese - si legge nella lettera - le ha fatte saltare». 


Il Pdl ha candidato un ragioniere di 64 anni che ha preso il 16,5%, mentre Rizzo, avvocato 37enne, da solo ha preso il 14,5%. Ma per il giovane dirigente è arrivato anche un procedimento disciplinare. Ora i quattro chiedono che si guardi anche all'esperienza positiva del messinese e non solo a quella di Primavera Monza di Paolo Piffer, che si è fermato al 5% ma è stato invitato ad Arcore per un colloquio sulla politica nuova. Chiedono inoltre che il 9 giugno, Berlusconi o Alfano partecipino a un'assemblea organizzata con «la gente del Pdl», anche se «Messina non è Pavia». «La società civile - scrivono - siamo noi, è una parte della società che non si riconosce in una certa politica e, quindi, è una certa politica che non è capace di rappresentare la società. Tocca a chi fa politica sapersi rinnovare per essere sempre interprete della società».

venerdì 1 giugno 2012

INTERVISTA A LEILA KHALED La situazione drammatica a Gaza, l’operato degli Hezbollah, i due fallimenti dell’imperialismo: Iraq e Libano.

Estratto dell’intervista fatta a Leila Khaled da Samia Halaby , Defend Palestine Coalition, Leilani Dowell, quotidiano Workers World, e Sara Flounders di International Action Center, durante una visita in Libano nel settembre 2006.


- L’offensiva nella striscia di Gaza era violenta durante il periodo (della guerra in Libano)

Leila Khaled: era più intensa perché l’attenzione era focalizzata in Libano. Israele ha compiuto tre massacri, grandi massacri, nella zona settentrionale della striscia dove ha distrutto tutto; ora è rimasta una zona isolata.

Gli israeliani telefonano ai residenti e dicono loro:  “Bombarderemo la tua casa a breve, vai via. Hai mezz’ora di tempo”. Le persone abbandonano la propria abitazione, aspettano a lungo, ma il bombardamento non arriva. Allora rientrano in casa, continuano a vivere lì per una settimana e poi la casa viene bombardata e muoiono.

Ogni volta che una famiglia riceve una telefonata lasciano l’abitazione, ma quando vedono che la casa non è bombardata ci ritornano. Ricevono una seconda telefonata: “ Vi avevamo detto di andarvene, perché siete ancora lì?. Avete 5 minuti ora per andare via. Vi avevamo dato mezz’ora la prima volta, ora vi diamo 5 minuti”. Alcuni non credono a questa seconda minaccia, non se ne vanno e vengono uccisi.

Ecco come gli Israeliani si comportano con gli abitanti della striscia di Gaza.
E’ terribile. Ogni volta che chiamo i compagni mi dicono: “ Stanno facendo diventare la nostra vita un inferno!”
Gaza è una zona molto piccola, densamente popolata, ovunque colpisci ammazzi qualcuno e distruggere le case significa che le persone senza casa non riescono più trovare nessun altro posto dove vivere. Ci sono le tende ora al posto delle case ed è così da tre anni a questa parte.
I confini sono chiusi, le persone non possono ricevere nessun tipo di aiuto neanche finanziario; se vuoi inviare denaro ci sono ora nuove restrizioni nelle banche.
A Gaza vogliono che le persone muoiano di fame e siano uccise per costringerle a dire: “ Qualunque soluzione, noi la accettiamo”.

In Libano distribuiscono volantini dagli aeroplani che dicono che gli Hezbollah non stanno dalla nostra parte, operano per conto dell’Iran non per i palestinesi.. Questa è anche guerra psicologica. Ma le persone non si fanno influenzare.

Qual’è il motivo secondo te per cui gli Israeliani hanno smesso di bombardre il Libano?

Questa volta hanno perso perché è la prima volta che i missili colpiscono le città israeliane. Fin dalla prima settimana gli Israeliani bombardavano il Libano. Gli Hezbollah, per rappresaglia, bombardavano le città e i villaggi (israeliani).
Un milione e mezzo di Israeliani hanno abbandonato la Galilea. Ho telefonato ai miei parenti e mi hanno riferito che è  la prima volta in 58 anni che sono stati costretti ad andarsene.

Quali sono ora i pericoli? Cosa è più probabile che succeda ora?

Penso che questa guerra rappresenti una svolta nella zona mediorientale perché Israele non potrà più lanciarsi in una nuova guerra. Ieri ci sono state dimostrazioni a Tel Aviv per chiedere una commissione di indagine. E’ la sesta guerra contro gli Arabi, ma è la prima volta che sono stati colpiti.

Sappiamo bene che gli Hezbollah sono sostenuti da Siria e Iran e penso che questo sia legittimo. Perché non bisogna avere alleati? Israele ha il sostegno della maggiori potenze mondiali.

Dal punto di vista politico, gli Hezbollah cercheranno di creare delle forti contraddizioni all’interno del Libano, a livello di governo e parlamento, ma non possono fare ciò a livello di massa perché le persone, anche quelle che hanno perso i propri figli e mariti, hanno la forte convinzione che tutto quello che succede loro è il prezzo che bisogna pagare per la lotta per la propria terra. Abbiamo visto molte persone che davanti alle macerie delle loro case dicevano:”Le ricostruiremo, non è la prima volta. Conosciamo il nostro nemico, non è la prima volta.”

Non dico che tutti i Libanesi mostrino solidarietà agli sfollati, dove ci sono i cristiani  ed i drusi. La maggior parte delle città sciite sono state distrutte e le persone che vivevano lì si sono spostate nei dintorni ed è la prima volta che abbiamo visto l’unità tra i libanesi. Non ci sono state critiche contro gli Hezbollah nelle zone sciite durante la guerra

Ma durante la guerra i Palestinesi sono usciti dai campi profughi (in aiuto ai Libanesi) e i Libanesi hanno chiesto loro rifugio nei campi. Il Libanesi hanno dichiarato ai media che questa volta si sono resi conto di avere dei fratelli e delle sorelle nei campi profughi. I Palestinesi hanno risposto che era loro dovere, che sempre i Libanesi li avevano  protetti ed toccava ora a loro difendere i Libanesi in pericolo.

Gli israeliani non hanno bombardato i campi, ma solo i loro dintorni. Non vogliono l’unità tra Libanesi e Palestinesi. Hanno scelto obiettivi   fuori dai campi ma non al loro interno.

Alcune persone dicono che questa guerra è stata una prova fatta dagli USA per veder le reazioni della comunità internazionale in previsione di un attacco alla Siria ed all’Iran.

Non penso, personalmente, che l’amministrazione USA possa attaccare l’Iran. In Iraq gli USA non sono riusciti ad ottenere dalla guerra quello che volevano. Hanno preso il petrolio, ma non facilmente.

Almeno nel futuro prossimo non penso che Israele ci provi ancora. Ma naturalmente questo governo è così folle da compiere qualunque gesto. Quello che stanno cercando di fare adesso è assediare il medioriente da due parti, Iraq e Sudan .
Hanno colpito in Libano non per prova, ma perché era un obiettivo debole e hanno fallito.

Ora in Israele è polemica sia a livello politico che militare. E’ risaputo che da sempre le istituzioni militari sono il vero governo di Israele, e non il livello politico, anche se storicamente parlando i generali sono sempre stati primi ministri. Questa volta Olmert o Peretz volevano dimostrare che anche loro erano generali, ma non lo sono e quindi ora c’è grande discussione e divisione nel paese.

Alcuni osservatori sostengono che Israele ha fatto questa guerra a scapito degli Americani, l’hanno fatta e l’hanno persa. Ora questi due fallimenti in Iraq e in Libano non gli permetteranno di realizzare una nuova guerra. E in Afghanistan sta iniziando di nuovo.

qual è la opinione sugli Hezbollah?
Gli Hezbollah provengono dal movimento Amal, che si era formato negli anni ’80. Gli sciiti in Libano sono stati considerati sempre una minoranza, oppressa e molto povera. Gli Hezbollah nascono nel 1987 a causa delle contraddizioni con la leadership di Amal. Avevano una nuova visione di come trattare con Libano ed Israele ed hanno questo principio: dobbiamo resistere a livello popolare.

Hanno imparato la lezione dagli errori che noi palestinesi abbiamo fatto in Libano. Non hanno mostrato le loro armi come facevamo di solito noi. Abbiamo aperto basi nel sud, loro non le avevano. Non avevano campi di addestramento, nessuno sapeva dove si addestravano. Sono molto ben organizzati. Noi portavamo armi ed uniformi nel sud e nelle città e chiunque ci riconosceva. Ora nessuno può riconoscere un guerrigliero.

Dopo il cessate il fuoco, la mattina in cui Nasrallah chiedeva di ritornare nelle proprie case nel sud, eravamo in una scuola che ospitava i profughi. Nel pomeriggio hanno iniziato a raccogliere le proprie cose per partire e gli abbiamo chiesto: “Dove andate?” e loro “Nei nostri villaggi, anche se le strade sono pericolose, ci sono sempre bombe a grappolo e razzi inesplosi” Le persone – parlo dei civili – sono molto disciplinati. Sono andati immediatamente, hanno detto: “ Il nostro capo ci ha chiesto di andare”. Ciò dimostra che il rapporto tra Hezbollah e popolazione è molto forte, le persone sentono che è per il loro bene e per il loro interesse anche se ci sono interi villaggi rasi al suolo e dove sono rimaste in piedi le case sono inagibili.

Gli Hezbollah si considerano membri della resistenza mediorientale contro il comune nemico, contro Israele e contro gli USA. Questo dichiarano ogni volta, convocano incontri con diversi gruppi e vanno a loro volta a molti incontri. Ce ne sono stati molti prima della guerra.

Il partito é molto ben organizzato ed addestrato ed ha un forte rapporto con le masse.
In tutte le case del sud sentono di essere trattati dal partito come figli e figlie. Il partito ha scuole, centri sanitari ed educativi. Molte delle scuole sono distrutte, ma hanno intenzione di ricostruirle.

Subito dopo la guerra Nasrallah ha dichiarato che avrebbero risarcito le persone e questo per permettere loro di vivere dignitosamente. Penso che dovrebbe essere una cultura comune ad ogni essere umano quella di vivere con dignità. Nasrallah ha affermato: “ Abbiamo vinto la guerra, ma il paese è distrutto e ciononostante abbiamo conservato la nostra dignità, siamo persone libere.”. Egli parla alle persone, alle loro menti ed ai loro cuori contemporaneamente.

Ci sono partiti nella regione mediorientale, soprattutto in Libano, che ci chiedono perché non viviamo in pace con Israele. Questa guerra ha dimostrato perché noi palestinesi fin dall’inizio abbiamo proposto la soluzione di un unico stato in cui arabi, ebrei,musulmani e cristiani potessero vivere insieme pacificamente e democraticamente nello stesso territorio. Questa è per noi la soluzione per porre termine al conflitto, ma abbiamo visto che la società israeliana non è ancora pronta per questo.
L’Iran ha una ideologia religiosa che penso sia pericolosa. Ma quando porta a resistere contro i progetti imperialistici in medio oriente non si deve parlare dell’ideologia ma della resistenza. La resistenza è il concetto sia che abbia un’origine religiosa o meno. Ecco perché hanno colpito gli Hezbollah, perché sono un gruppo resistente.