venerdì 21 ottobre 2011

SIRTE COME PIAZZALE LORETO


È stato giustiziato Gheddafi e con lui sembra essere terminata la guerra civile libica.  In molti si aspettavano la morte del colonnello, in pochi, forse, potevano prevedere una fine così brutale e cruenta. 
Il civile mondo occidentale esulta adesso unanime alla morte del “dittatore”, alla vittoria del popolo libico ed alla primavera araba. 
Le parole chiave per giustificare questa guerra umanitaria è stata “primavera araba”.
L’occidente, dopo essersi totalmente disinteressato alle rivolte della Tunisia, dell’Algeria, della Siria e dello Yemen,  improvvisamente, ha scoperto questo strano fenomeno ed ha capito che poteva servirsene per i propri interessi.
 La primavera araba appariva ora come il metodo di legittimazione più valido e credibile. Europa ed America potevano assolvere alla loro vocazione di esportatori di democrazia, aiutando il “buon selvaggio” a liberarsi del dittatore e nel frattempo portare avanti una silente conquista dei mercati libici.
Chi, però, etichetta la guerra libica come avvenimento apicale della primavera araba, nulla ha compreso di ciò che è accaduto nel Maghreb. 
Se si vuole includere, obtorto collo, la Libia in questo processo si sarà costretti a decretare la fine di quel movimento, il fallimento della partecipazione attiva, l’inutilità dei movimenti nati dal basso.  
La situazione libica ha presentato fin da subito delle evidenti anomalie. Mentre negli altri Stati limitrofi si accendevano proteste popolari, nate da necessità primarie come la richiesta di calmierare i prezzi del pane e delle materie prime, in Libia i rivoltosi non provenivano di certo dalle fila popolari.  A scendere in piazza sono stati fin dalle prime ore uomini armati ed organizzati in formazioni paramilitari, legittimati ed aiutati dall’ONU e dal suo braccio armato, la NATO.  
 
Dopo aver fornito armi, basi e legittimazione alla guerra civile libica, le superpotenze mondiali forniscono ora anche una fitta rete di menzogne, volte ad eliminare ogni ombra o sospetto su un possibile interesse “neocoloniale”. 
È superfluo ripetere che quella libica è stata solo una delle tante guerre economiche per il controllo del petrolio.  Il presidente Barack Obama non ha perso tempo nel dichiarare che sarà il solo popolo libico a decidere del proprio futuro, assicurando, però, che si rimarrà in Libia anche dopo per vigilare sui vincitori e proteggere i civili. Gli interessi in ballo sono troppi per poter lasciare realmente il potere al popolo.
Dopo la fine della guerra civile, la Libia si dovrà apprestare a pagare il suo tributo alle potenze liberatrici. Schiava delle superpotenze che li hanno soccorsi, gli insorti consegneranno la fonte della loro ricchezza in mano agli industriali americani ed europei. 
La Libia non è diventata terra libera, si è solo trasformata in una nuova colonia occidentale, sfruttata e spogliata di ogni libertà e potere autonomo.  
La Libia ha sempre rivestito un ruolo di primaria importanza nei traffici tra Mediterraneo e Medio Oriente e Gheddafi era considerato ormai difficilmente controllabile dall’Occidente. Ecco allora che la guerra civile libica viene subito utilizzata per trasformare quel vecchio alleato dell’occidente in un moderno dittatore. 
Gheddafi è stato accolto da ogni potenza europea con numerosi inchini e cerimonie. Tutto il democratico occidente ha concluso con il dittatore molteplici accordi economici, in virtù di solide alleanze. Tutto, però, è stato presto oscurato e dimenticato e quello che prima veniva innalzato come un esempio di apertura del mondo arabo al “civile” mondo occidentale è stato presto trasformato in un sanguinario dittatore da eliminare con ogni mezzo. 
Che Ghedaffi non avrebbe mai subito un processo appare scontato. Dopo il processo-farsa di Saddam Hussein, le superpotenze democratiche hanno capito che meglio sarebbe stato sbarazzarsi fisicamente del nemico, facendo apparire tutto come un incidente di guerra. 
Sulla legittimità dell’uccisione di Gheddafi sono, però, sempre più insistenti i dubbi.  Ciò che è accaduto al colonnello, grazie alle numerose riprese amatoriali, che sono riuscite a sfuggire al controllo mediatico americano, non può passare per un incidente di guerra. 
Con ogni probabilità ad uccidere il colonnello è stato uno dei tanti raid della Nato, ma meglio attribuire l’azione ad un improbabile ragazzo ventenne che da solo avrebbe sfilato al dittatore la sua arma d’oro e l’avrebbe finito. 
Gheddafi è stato giustiziato sommariamente, ma l’Occidente si scrolla ogni responsabilità, attribuendo il gesto alla volontà del popolo libico, al suo legittimo diritto di autodeterminarsi e decidere del proprio futuro. 
Attorno all’intera vicenda della morte del dittatore è stato poi costruito un intero apparato volto a sminuire la sua figura, rendendo più accettabile agli occhi del mondo la sua uccisione. 
Come potrebbero, infatti, questi invasori, talmente vigliacchi da nascondere la propria sete di denaro e potere dietro fittizi aiuti alle popolazioni, accettare una lezione di valore da quello che solo adesso è stato dipinto come un dittatore? 
Sarebbe stato difficile accettare che Gheddafi non sarebbe mai fuggito dal suo Paese, non si sarebbe mai arreso e che sarebbe stato fermato soltanto se ucciso in battaglia. 
Ecco, allora che la macchina menzognera e giustificatrice si muove per costruire la figura di un uomo sanguinario che, però, è piegato dalla paura della morte, un dittatore che si nasconde in una buca, che prega i suoi sciacalli di non sparare. 
Tutte azioni volte a diminuire l’imbarazzo, a dimenticare tutto ciò che è stato. 
D’altra parte ben più imbarazzante  sarebbe stato catturare vivo Gheddafi e trascinarlo in un tribunale. Il colonnello si sarebbe ritrovato accusato proprio da coloro i quali lo hanno accolto con ogni onore fino a qualche tempo fa, si sarebbe forse trovato a ricordare al mondo gli accordi ufficiali stretti con i suoi accusatori ed avrebbe svelato tutti gli accordi sottobanco stretti con Stati Uniti d’America, Europa e Palestina. Anche per gli insorti, molti dei quali fino a poco tempo fa erano seguaci fedeli del colonnello, sarebbe stato difficile spiegare alla popolazione libica ed al resto del mondo questo veloce voltafaccia. 
In molti oggi paragonano Sirte a Piazzale Loreto, inneggiando ad essi come momenti storici che hanno condotto le popolazioni alla democrazie ed alla libertà. 
In effetti, parecchie sono le similitudini tra i due eventi, entrambi i giustiziati sono dapprima stati acclamati ed esaltati dalle varie corti mondiali e poco dopo etichettati come dittatori, entrambi sono stati assassinati perché tenerli in vita dopo la caduta del loro regime avrebbe creato troppi imbarazzi e dietro la morte di entrambi si nasconde la mano di un popolo invasore, esportatore della democrazia.  
Chi fa questo paragone dimentica però ,che in seguito a quelle morti, anni di guerra civile hanno squartato l’Italia, dimentica che ancora oggi paghiamo attraverso il vassallaggio all’America il prezzo di quella tanto acclamata “liberazione”. 
 
Valeria Mannino
da plusultraweb.it