E’ finita un’epoca. Hosni Mubarak, l’uomo che nel 1981 stava seduto accanto a Sadat mentre l’allora Presidente veniva assassinato, ha deciso di lasciare il potere. Lo ha fatto dopo una notte di negoziati con il Consiglio Superiore delle Forze Armate, con ogni probabilità spaccate al loro interno sulla strada da seguire per il futuro prossimo del Paese. Mubarak lascia dopo un discorso alla Nazione, quello di ieri, in cui il passaggio più convincente e convinto è stato rappresentato dall’affondo contro Barack Obama ed il suo idealismo spicciolo condito da tante e belle parole di incoraggiamento, ma con zero sostanza e nessuna visione del domani. Mubarak ha voluto lasciare un testamento politico che non ammette repliche, che non è contestabilein alcun modo: in trent’anni, l’Egitto ha mantenuto la pace con Israele, è rientrato da trionfatore nella Lega Araba, ha allacciato legami strettissimi con l’Occidente, si è imposto come potenza regionale in grado di reggere sulle proprie spalle i delicati equilibri del Vicino e del Medio Oriente. E nessuno, come ha ribadito il vecchio Rais, potrà mai permettersi di interferire con gli affari interni della Paese arabo più popoloso. Un Egitto che non è satellite di nessuno.
Mubarak, con un colpo di coda, ha dato l’ennesimo schiaffo ad un Presidente che, oltre all’aspetto, ha ben poco per guidare la più grande potenza del Mondo. L’epilogo era scritto, si trattava solamente di valutarne i modi ed i tempi. Mubarak è uscito sulle proprie gambe, con dignità. Alla fine, nonostante quanto si dicesse in Occidente, di repressione se n’è vista ben poca, soprattutto se ci ricordiamo quanto avvenuto due anni fa a Teheran senza che nessuno, a cominciare da Washington, fiatasse. No, non abbiamo visto basij in azione, pasdaran appostati sui tetti a sparare contro i giovani con nastrino verde al polso. Non abbiamo ascoltato le condanne a morte pronunciate da qualche Ayatollah, né un Presidente eletto non si sa ben come che ha intimato al popolo di farla finita. Tutt’altro. In Egitto abbiamo visto soldati che sorridevano, che stringevano mani ai propri connazionali, comportandosi come il loro Comandante Supremo aveva ordinato.
Se negli ultimi trent’anni il Mediterraneo orientale non è sprofondato nel caos e nella guerra, lo si deve soprattutto a quest’uomo, troppo velocemente scaricato senza sapere come sostituirlo. E ora viene il bello, ora finalmente vedremo di che pasta sono fatti i soloni teorizzatori della democrazia a tutti i costi, di coloro pronti a vendersi pur di veder fiorire boccioli di diritti umani. Non è più il tempo delle parole al vento.E’ tempo di agire.
da daw-blog.com