mercoledì 29 febbraio 2012

LA MECCANICA DEL SORRISO NELL'INDUSTRIA PESANTE - spunti e riflessioni di un militante operaio




tratto da Casaggì Firenze
Pubblichiamo le riflessioni di un militante di Casaggì, da anni impegnato come metalmeccanico. Le sue riflessioni, che vogliamo estendere a tutti, dipingono senza fronzoli la realtà di una società che ha sacrificato ogni forma di dignità sull'altare della produttività e del profitto, dell'ipocrisia e dell'apparenza.


Lavorare come operaio specializzato in fabbrica oggi può, fortunatamente, rendere economicamente stabili e autosufficienti, se si è disposti ad un sacrificio fisico e spirituale. Fino a non pochi anni fa il lavoro di operaio nell’industria pesante non sempre era giustamente retribuito e non era adeguatamente tutelato, mentre adesso – a dispetto di quanto si dica - abbiamo fondi, assicurazioni, e tante altre scartoffie che si firmano al momento dell’assunzione e che ci promettono tutela fisica ed economica durante il periodo del contratto. Dico “abbiamo”, perchè io da qualche anno a oggi lavoro in fabbrica come metalmeccanico. Potrei esserci da 30 anni come da 3 mesi, potrei chiamarmi Paolo come potrei chiamarmi Stefano, ma questo non importa: oggi non voglio parlare di me.

Il lavoro in fabbrica, sia esso in officina, in fonderia, in catena di montaggio o alle lavorazioni meccaniche, richiede oggi meno praticità manuale di ieri, ma più conoscenza ed esperienza in un dato settore: da qui nasce la qualifica “operaio specializzato”. Un operaio specializzato, nel mio settore (quello dei macchinari che vanno avanti anche di notte o a Natale e non si fermano mai) porta a casa, straordinari alla mano, attorno ai 1500 euro netti al mese, che in tempo di crisi e di rivolte non sono pochi, almeno a prima vista. Se poi non si incorre nei rischi delle delocalizzazioni e delle conseguenti perdite del posto, si è ancora più fortunati.

La differenza che invece pochi conoscono tra l’operaio sotto-pagato di ieri e lo spensierato operaio specializzato di oggi è che mentre prima non vi erano computer o controlli robotizzati, oggi ci sono metodi di produzione calcolati e cronometrati, al punto che nella produzione di massa (per pezzi di piccola dimensione, quindi di rapida fabbricazione) sono calcolati anche i movimenti degli arti dell’operaio che carica in macchina i pezzi da lavorare e le operazioni da fare, cosi da far avere ai piani alti un costo approssimativo in relazione al tempo per la produzione di una determinata commessa. Una sorta di grande fratello applicato alla produttività e all’industria: un Moloch fatto di pressioni psicologiche e efficientismo su vasta scala. Il mito della concorrenzialità eretto a sistema, il degno accessorio della società del “produci, consuma e crepa”.

I piani alti, quelli che decidono il ritmo, raramente scendano in officina a constatare quanto spesso, a causa di una scarsa cura dei macchinari causata dalla necessità di risparmiare il tempo della manutenzione e continuare a produrre, gli operai sprechino il 30% della loro giornata per lubrificare degli ingranaggi ormai obsoleti, con buona pace dei tempi e dei record di velocità. Ma prima facciamo un passo indietro: andiamo a vedere che cosa succede quando i piani alti scendono giù, nello sporco dell’officina.

L’Asia ha conquistato gran parte della produzione metalmeccanica di tutto il mondo, ma fortunatamente le lavorazioni di alta precisione dove si richiede una manodopera specializzata (qualche volta anche laureata) vengono ancora svolte qui in italia. In questi settori, dato l’alto costo del prodotto finale, il cliente chiede spesso - oltre all’usuale certificazione del prodotto - di poter visionare ad occhio nudo il cuore dell’azienda, ossia l’officina stessa.

Ed è qui che l’operaio moderno dovrà svolgere il reale 50% del suo lavoro, quello che più conta: non si tratta più solo di caricare dei pesi, sbloccare ingranaggi o tagliare l’acciaio, ma si tratta “semplicemente” di sorridere. Ebbene sì, sorridere. L’operaio deve sorridere d’estate quando a causa della mancanza di un adeguato impianto di condizionamento (o semplicemente l’assenza di quest’ultimo) sente dire che qualcuno sviene (se poi questo disgraziato nello svenire cadesse in un macchinario non è dato poterlo pensare); deve sorridere quando è inverno e per il freddo gli si spaccano le mani sanguinanti; deve sorridere quando respira polvere di ferro e deve sorridere quando gli vengono messi i piedi in testa da imbranati incravattati. E questo perché l’operaio è un numero: una banale e semplice matricola sorridente. Oggi l’operaio è solo una matricola, un numero che può essere facilmente rimpiazzato, e di cui nessuno sentirà la mancanza. Un numero che non può contare più neanche su quella spontanea solidarietà che un tempo si creava in fabbrica, perché quelli che “tengono famiglia” hanno sempre qualcosa da perdere e nessuno è disposto ad alzare la testa.

L' operaio passa otto o nove ore al giorno tra i macchinari dell’azienda e grazie alla sua esperienza conosce e scopre i metodi migliori per velocizzare la produzione o per renderla più sicura, ma il suo parere non importa a nessuno, perché per quanto il suo metodo possa essere più efficace di altri, nessuno lo ascolterà e gli imbranati incravattati continueranno a ripudiare le sue proposte obbligandolo senza sforzo a usare i loro metodi, perchè un computer li classifica come i più rapidi.

L' operaio di oggi è quindi un sorridente schiavo, costretto da uno stipendio a chinare la testa e a non poter dire la sua. Costretto a usare metodi e ritmi catalogati da una macchina, costretto alla produttività più spersonalizzante e alla più cieca rinuncia alla propria dignità di uomo e di lavoratore. Poco importa che durante le sue ore lavorative abbia dato il massimo: gli operai migliori sono quelli disposti a farsi dilatare l’ano nel momento del bisogno, che sia il lavoro domenicale o il turno a Natale. Per i piani alti l’operaio è un burattino qualsiasi senza faccia o nome. Un burattino che sorride, preme bottoni e stringe bulloni, ancor meglio se muto e senza pretese. Forse è per questo che la maggior parte degli operai sono anche cacciatori: dopo essere stati schiacciati 6 giorni su 7 dal più forte, il settimo giorno vogliono poter esser loro a soffocare chi è senza voce e più debole di loro. Ma questa è una mia supposizione…

Alla fine, la fabbrica, è il perfetto specchio della società moderna: accecata dal nulla di un nuovo video-telefonino e assetata di un sorriso; poco importa se poi, dietro la maschera del sorriso, ci sia un orco o una fata. Quel che conta è apparire felici, mostrare tranquillità e ostentare gioia. L’operaio nella democrazia, come la democrazia nella dittatura del sorriso: poco importa saper mantenere la parola data o essere uomini d’onore; meglio essere assassini asserviti al sistema, ma col sorriso sulla faccia. Ancor meglio se poi, quella bella faccia, è rifatta dal chirurgo.

martedì 28 febbraio 2012

ONORE A MIKIS MANTAKAS!


Da circa tre giorni sono cominciati gli scontri davanti al tribunale a Piazzale Clodio. A causarli è l’inizio del processo contro alcuni militanti di "Potere Operaio" per il rogo di Primavalle. 

La mattina del 28 febbraio comincia come le precedenti, con scontri all’ingresso del tribunale e con la polizia che effettua più cariche per disperdere i dimostranti.

Mikaeli Mantakas, detto Mikis, si trova all’interno del tribunale per assistere al processo. Quando l’udienza viene rinviata, i militanti del Fuan presenti si organizzano per cercare di arrivare incolumi alla sezione più vicina, quella di Via Ottaviano.

Mantakas ed altri militanti si trovano all’interno della sezione quando alcuni estremisti di sinistra attaccano con molotov l’ingresso che da su Via Ottaviano. Una diecina di militanti dell’Msi decidono di uscire da un secondo ingresso che da su Piazza Risorgimento, per cercare di prendere alle spalle gli assalitori. Ma arrivati all’angolo con Via Ottaviano si trovano ad essere bersagliati da proiettili e bombe molotov. Uno di questi proiettili colpisce Mantakas alla testa.

I militanti che erano con lui lo raccolgono, tornano indietro e chiudono il portone. Nascondono Mantakas dentro un garage che si trova nell’atrio del palazzo, con lui rimarrà un ragazzo a vegliarlo. Mentre i camerati abbassano la saracinesca gli aggressori sfondano il portone, gli altri ragazzi fanno in tempo a correre e a rifugiarsi all’interno della sezione, dalla quale telefoneranno per chiedere soccorso. Gli aggressori ritornano verso il garage dove si trova in fin di vita Mantakas e lo crivellano di colpi, a salvare il ragazzo che veglia il corpo di Mantakas arrivano altri missini avvisati dai ragazzi che si trovavano nella sezione. Nell’atrio del palazzo cadrà ferito un altro missino: Fabio Rolli.

Per l’uccisione di Mikis verranno arrestati Alvaro Lojacono e Fabrizio Panzieri. Il primo nonostante sia stato riconosciuto da numerosi testimoni come l’esecutore materiale dell’omicidio, verrà assolto per mancanza di prove; il secondo verrà condannato a 9 anni e sei mesi per concorso morale.

Solamente nel 1981 con sentenza definitiva verranno entrambi condannati a 16 anni di carcere. Di Lojacono verrà accertato che nel 1978 fu parte attiva nel rapimento di Moro, prenderà parte ad altri delitti e si rifugierà in Svizzera (dopo la sentenza definitiva dell' 81) che non darà il permesso all'estradizione ma dove verrà processato per l'omicidio Tartaglione e condannato a 16 anni di carcere. Dal 1999 è un uomo libero. Per Mantakas lui non ha pagato il suo debito. Fabrizio Panzieri a seguito della condanna verrà incarerato, ma approfittando di un permesso premio si darà alla latitanza. Oggi è ancora latitante. Per Mantakas lui non ha pagato il suo debito.

Onore al martire europeo MIKIS MANTAKAS!


tratto dal Nucleo Identitario Sociale 

venerdì 24 febbraio 2012

mercoledì 22 febbraio 2012

PINO:IL FALLIMENTO E' TUO



Sono bastati quasi due anni di amministrazione per dichiarare il fallimento politico di un progetto inventato per l’occasione.
Per due anni al palazzo, solo un unico ritornello che ha mortificato chiunque avesse fornito servizi ‘’non ci sono soldi’’.

Una Milazzo che oggi sembra aver perduto ogni ambizione.
Una Milazzo che non ha più come riferimento il Comune.
La sfiducia e l’incertezza è l’unica compagna dei tanti dipendenti comunali che oggi quest’amministrazione sta mettendo a serio rischio di perdere il posto di lavoro.

L'incapacità gestionale dell'amministrazione comunale,capeggiata da Carmelo schett...ops..Pino,e dai suoi marinai(MPA,PD,FLI,SEL),si è manifestata pochi giorni dopo l'insediamento,con un aumentato  spropositato delle tasse ,e la diminuzione dei servizi,tartassando le famiglie  e i pensionati,mettendo in ginocchio i commercianti e gli operatori turistici costretti a fare i salti mortali per andare avanti.
Solo multe, verbali, l’offensiva sul suolo pubblico in piena estate.
Ma il Comune solo questo deve fare? Quale progetti deve portare avanti per migliorare questa città?

Un buon amministratore deve mettere in essere tutte le proprie capacità politiche e amministrative per sopperire alle difficoltà finanziarie ed economiche.
Con quale coraggio in un periodo di crisi così forte si potrà consentire che dei commissari liquidatori paghino appena il 40 % del dovuto?cosa dirà ai titolari di una ditta ha fatto ricorso alla anticipazione bancaria?

Così facendo il fallimento delle imprese sarebbe la sola conseguenza.
Si può consentire che tutte le tasse aumentino al massimo applicabile,mettere in mobilità oltre 120 dipendenti comunali?togliere la speranza di un lavoro definitivo ai tanti padri e madri di famiglia  che oggi sono nelle cooperative? e i parcheggiatori?

Le soluzioni vi sono con una politica mirata a costruire e non a distruggere come:valorizzare il patrimonio comunale con il cambio di destinazione e metterlo  sul mercato,imporre alla SERIT il recupero di 28.000.000,00euro di crediti;utilizzare i mutui per il pagamento dei debiti fuori bilancio; fare accordi di programma con i creditori insomma trovare tutte quelle soluzioni che servono a non dichiarare il fallimento, come tenta il titolare  della propria azienda.

Ci vuole responsabilità nella gestione della cosa pubblica e amore per trovare le soluzioni.
La politica deve fare la propria parte,i partiti devono esercitare il proprio ruolo e non lo possono delegare ad un solo soggetto.

Il futuro della città non è del Sindaco, è dei Milazzesi! 


giovedì 16 febbraio 2012

Ad Atene sta bruciando l’Europa


Gli europeisti tedeschi e francesi hanno venduto l'anima a banche e finanza dimenticando i "fratelli maggiori", cioè i greci.
L’Europa rischia di morire dove è nata. Una sorta di un ritorno nel grembo da dove era volata via. La leggenda narra che Zeus rapì Europa e la portò con sé a fecondare il Mediterraneo e poi Esperia, la terra del tramonto. Creta fu il loro nido dove vide la luce la civiltà minoica che sarebbe stata il seme della civiltà europea dispiegatasi poi nell’Ellade, patria di eroi, poeti, artisti, avventurieri, sacerdoti e legislatori. Atene fu il suo cuore.
E da essa prese forma il Continente oggi immemore delle sue radici che conquistò il diritto ad esistere contrapponendosi all’Asia. Non una guerra tra civiltà e barbarie si produsse tra le due immense aree rappresentate dai greci e dai persiani poiché questi nulla avevano in termini di cultura da invidiare agli altri. Ma la lotta fu politica e tra concezioni del mondo. La Persia incarnava la monarchia universale, lo Stato totalitario; la Grecia il primato della persona, dell’individuo assoluto che trova la sua dimensione nella comunità organica. Questa eredità è il dono che Atene ha lasciato all’Europa. La battaglia di Salamina fu il suggello eroico di quel legato. Era il 480 avanti Cristo. Dopo 2500 anni, le tenebre stanno scendendo sul questo antico Continente e si allungano, per una sorta di tragico e beffardo destino, su quel lembo estremo d’Europa che è la Grecia, la sua culla. Infatti i popoli che le tagliano le mani sono gli stessi che quelle mani hanno nutrito. Di cultura, di poesia, di filosofia, di religiosità. Facendo diventare l’Europa ciò che è. Davanti alle vicende ateniesi rabbrividirebbe il vecchio Jakob Burckhardt dalla sua cattedra di Basilea, ammutolirebbero Erwin Rodhe e Friedrich Nietzsche che con Willamovitz-Moellendorf nuotarono nella filologia classica alla ricerca del mito di Europa. Antiche suggestioni. Eccentriche, incomprensibili forse dalle parti dell’Eurotower di Francoforte e nelle «case della democrazia» di Bruxelles e di Strasburgo. Qui nessuno s’indigna per Atene che brucia. Fanno piuttosto i conti del dare e dell’avere gli «europeisti» tedeschi e francesi, travestiti da statisti. Soprattutto i primi, rigoristi esemplari quando devono mettere mano ai loro portafogli, hanno fatto in fretta a dimenticare ciò che l’Europa gli ha dato prima del 1989 e dopo quell’anno fatale. Compresi i greci i quali, sono sempre stati reputati culturalmente come fratelli maggiori dai tedeschi. In queste ore si dissolve il sogno della nazione greca, come capitò a metà degli anni ’60 del secolo scorso. Ma con una differenza. Allora l’Europa c’era, si fece sentire, rivendicò la Grecia come parte essenziale di se stessa e non la lasciò nelle mani dei suoi carnefici. Oggi da Atene si diffonde un contagio propagato proprio da quei sedicenti virtuosi Stati europei, in realtà untori politici, che hanno venduto le loro anime alle banche, all’alta finanza, alle agenzie di rating, agli speculatori d’Occidente e d’Oriente affinché qualche profitto si salvasse sia pure a prezzo della morte di qualche popolo. È questa la morale corrente che sostiene l’idea di Europa. Un’idea corrosiva, sposata dalla Germania che non ha imparato nulla dalle lezioni che la storia le ha impartito. I suoi governanti, dall’intransigente Schauble alla tetragona Merkel, non hanno capito che la democrazia si fonda sulla dignità dei popoli e sulla tutela dei loro diritti. Probabilmente di Salamina non sanno nulla. Ma qualcosa dovrebbero ricordare di un Muro indecente che pure deve averli fatti soffrire. Adesso, con la complicità silente di altri Stati, forse al di là delle loro intenzioni, stanno costruendo altri muri, distruggendo di fatto quel poco di Europa che dal 1946 ad oggi eravamo riusciti a mettere insieme. Beninteso, siamo sempre stati dell’avviso che non si realizza un’unità politica prescindendo da una cultura condivisa e coltivando egoismi e particolarismi. Ma neppure è possibile immaginare un’Europa nella quale le sovranità sono state delegate dagli Stati ad organismi burocratici che non rispondono a nessuno, tantomeno ai popoli. A Salamina contro i persiani come a Belgrado, a Lepanto e sotto le mura di Vienna contro gli ottomani, l’Europa si ritrovò con le sue molte genti, i suoi diversi Stati e le sue culture a difendere la comune civiltà. Malauguratamente essa ha dimenticato, considerandosi continente, di essere una nazione divenuta tale per affinamenti progressivi, commistioni identitarie, amalgama religioso prodotto dal cristianesimo. E le nazioni possono anche collassare quando il loro spirito si affievolisce fino a smarrirsi e soprattutto se non sono sostenute da entità giuridiche, amministrative o statuali. Siamo a una svolta cruciale. Ad Atene non sta bruciando soltanto la Grecia. È l’Europa che si sta incendiando.
DI GENNARO MALGIERI

SABATO 18 -PIAZZA CAIO DUILIO- H 17:30

lunedì 13 febbraio 2012

MILAZZO LO SA!





Nei giorni scorsi,in un noto sito,dove vengono riportati ogni tipo di avvenimento della nostra città,è stato proposto un sondaggio che chiedeva ai visitatori "a chi attribuire le colpe di un possibile dissesto del comune di milazzo".


fin qui niente di strano..


il "vincitore" del sondaggio è stato il nostro amato sindaco.Oltre il 53% dei votanti ha imputato la colpa al caro carmelo,già sindaco di milazzo nel lontano 1996,ma sfortunatamente non potette concludere il mandato perchè sfiduciato,ma torniamo a noi...
il sondaggio in questione non ha valenza statistica,in quanto solo una percentuale bassa della popolazione partecipa solitamente alle votazioni (600-700 su 30.000).ciò che ci sembra strano è come mai ogni volta che finisce un sondaggio,il giornalista o i giornalisti del sito fanno titoloni spaventosi come se alle votazioni partecipassero la maggior parte dei cittadini milazzesi,e invece,questa volta sono state pubblicate soltanto 4 righe buttate la per caso,con un titolo poco "emozionante",dai contenuti scarni e devianti???


COME MAI?


QUALCUNO O QUALCOSA HA INTERESSI A MISTIFICARE LA COSA?


A INSABBIARE IL TUTTO?


PERCHE?

sabato 11 febbraio 2012

PRESIDIO IN MEMORIA DEI MARTIRI DELLE FOIBE: GIOVANE ITALIA-CASAGGÌ MILAZZO IN VIA GIACOMO MEDICI”



“C'eravamo nonostante tutto. Per chi ha dimenticato e per chi non ha mai ricordato.”
Sono le parole del portavoce della Giovane Italia Milazzo-Casaggì Milazzo, Gabriele Italiano, commentando il presidio che si è svolto oggi(10/02) per ricordare il martirio delle foibe. Nei pressi di via Giacomo Medici, i ragazzi del movimento giovanile vicino al Pdl insieme ai ragazzi di Casaggì Milazzo, hanno distribuito volantini che illustravano brevemente la storia della strage titina ai danni del popolo italiano. Nonostante il freddo gelido e la delicata fase politica che Milazzo sta attraversando, una decina di miltanti hanno coadiuvato il sit-in mostrando tricolori e uno striscione che recitava “10 febbraio la verità non si infoiba”. 

Il riferimento è alla giornata del ricordo che il Parlamento Italiano, dal 2004, ha deciso di istutire in memoria delle migliaia di vittime dell'eccidio avvenuto nelle terre istriane e dalmate, oggi Slovenia e Croazia. Un eccidio spesso poco considerato dai testi scolastici e ancora oggi poco noto a causa dell'atteggiamento di leader politici e giornalisti faziosi e spesso “buonisti” nel considerare queste stragi come semplici atti di vendetta contro lo Stato fascista, nonostante tra i morti ritrovati vi fossero bambini, donne e sacerdoti estranei allo scontro bellico. 

“Le audaci manovre politiche della sinistra hanno per anni occultato le testimonianze e le prove di questi crimini efferati perpretati a danno degli italiani residenti in quelle terre, che il Trattato di Parigi ha sancito appartenere alla ex Jugoslavia.” 

La stessa nazione che Tito avrebbe poi trasformato in un esempio di sovranità comunista dittatoriale. Ancora oggi alcune fosse carsiche restano inesplorate e tra gli esuli e i morti non si è ancora pervenuto a un numero ufficiale delle vittime.



Santi Cautela
ufficio stampa casaggì

venerdì 10 febbraio 2012

OGGI

"..e noi siamo ancora qui,per ricordare..e noi siamo ancora qui,per chi vuol dimenticare.."

PRESIDIO IN MEMORIA DEI MARTIRI DELLE FOIBE

VENERDì 10 • ORE 18:30
VIA GIACOMO MEDICI -MILAZZO-

giovedì 9 febbraio 2012

PAOLO DI NELLA. PER NON DIMENTICARE.


Dedicato a PAOLO

Noi purtroppo non siamo ancora un'élite, perché se lo fossimo sapremmo certamente guidare il nostro popolo sulla via nuova. Per ora siamo soltanto delle persone che cercano di essere uomini, uomini e donne che vivono uno stile di vita autentico; ma per essere degli uomini nuovi non basta credere in determinati valori, è necessario viverli e temprarli nell'agire, quotidianamente: questa è in parte l'importanza di fare politica. Rivoluzione non è qualcosa di astratto, che sa di miracolo : è qualcosa che si costruisce giorno per giorno, pezzo per pezzo, sbagliando e riprovando, anche col sacrificio personale, anche riuscendo a superare tanti problemi contingenti che si presentano e che spesso, anche se sembrano tanto grandi ed insormontabili, se solo li si prova a guardare con un'ottica diversa, risultano delle inezie.
PAOLO DI NELLA 


Oltre il silenzio...
per non dimenticare

L'aggressione...
Paolo amava il suo quartiere, e proprio in nome di questo amore aveva programmato una battaglia per l'esproprio di Villa Chigi, che voleva far destinare a centro sociale e culturale. Per far partecipare gli abitanti del quartiere a questa battaglia sociale, il 3 febbraio sarebbe dovuta cominciare una raccolta firme degli abitanti della zona. 

Paolo, impegnato in prima persona nell'iniziativa, aveva dedicato gran parte della giornata del 2 febbraio ad affiggere manifesti che la rendevano pubblica. Dopo una breve interruzione, l'affissione riprese alle 22.00. Durante il percorso non ci furono incidenti, anche se Paolo e la militante che lo accompagnava notarono alcune presenze sospette. 

Verso le 24.45 Paolo si accingeva ad affiggere manifesti su un cartellone, situato su uno spartitraffico di Piazza Gondar, di fronte alla fermata Atac del 38. Qui sostavano due ragazzi, apparentemente in attesa dell'autobus (N.B. in Viale Libia, non esistendo una linea notturna, dopo le 24.00 non passavano autobus). Non appena Paolo voltò loro le spalle per mettere la colla, si diressero di corsa verso di lui. 

Uno di loro lo colpì alla testa. Poi sempre di corsa, fuggirono per Via Lago Tana. Paolo, ancora stordito per il colpo, si diresse alla macchina, da dove la ragazza che lo accompagnava aveva assistito impotente a tutta la scena. Dopo essersi sciacquato ad una fontanella la ferita, ancora abbondantemente sanguinante, Paolo riportò in sede i manifesti e il secchio di colla. 

Verso l'1.30, rientrò a casa. I genitori lo sentirono lavarsi i capelli, muoversi inquieto e lamentarsi. Lo soccorsero chiamando un'ambulanza, che però arrivò quando ormai Paolo era già in coma. Solo nella tarda mattinata del giorno dopo, il 3 febbraio (tardi, maledettamente tardi per le sue condizioni), Paolo venne operato, e gli vennero asportati due ematomi e un tratto di cranio frantumato. 

Le indagini...
Le prime indagini furono condotte con estrema superficialità dal dirigente della Digos romana incaricato del caso, il dott. Marchionne. 

Non ci furono infatti né perquisizioni né fermi di polizia per gli esponenti dell'Aut.Op. del quartiere Africano. La ragazza che era con Paolo, unica testimone dell'agguato, venne interrogata dagli inquirenti che, più che all'accertamento dei fatti, sembravano interessati alla struttura organizzativa del Fronte della Gioventù e ai nomi dei suoi dirigenti. Tutto per dar corpo, come avvenne nel '79 per l'omicidio di Francesco Cecchin, all'ignobile storiella della "faida interna". 

L'istruttoria sembrò avere una solerte ripresa quando al capezzale di Paolo arrivò anche l'allora Presidente della Repubblica Sandro Pertini. 

Passato però il momento di risonanza dovuto a questo gesto, tutto sembrò tornare ad essere chiuso in un cassetto. La sera del 9 febbraio, dopo 7 giorni di coma, la solitaria lotta di Paolo contro la morte giunge al termine: si spegne alle 20.05.

Ai militanti del Fronte della Gioventù che in tutti quei giorni si erano stretti intorno ad una speranza disperata, vegliando al suo capezzale, quasi a voler proteggere Paolo e difenderlo come non erano riusciti a fare quando era vivo, non restò che vegliare il suo corpo. Seguirono giorni di forte tensione: lo striscione commemorativo affisso a Piazza Gondar venne strappato e deturpato più volte; sui muri comparvero scritte inneggianti all'assassinio di Paolo. Il tutto condito da discorsi e commenti disinvolti e gratuiti trasmessi da radio onda rossa. 

Dopo il 9 febbraio, finalmente, gli inquirenti si decisero, almeno apparentemente, a dare concretezza alle indagini. Vennero allora fatte alcune perquisizioni nelle case dei più noti esponenti dei Collettivi autonomi di Valmelaina e dell'Africano. 

Uno dei massimi sospettati era Corrado Quarra, individuato perché non nuovo ad aggressioni a ragazzi di destra e molto somigliante all'identikit fornito dalla testimone. 

Dopo aver tentato varie volte di sottrarsi all'incontro con i magistrati, comportamento che non fece altro che confermare i sospetti su di lui, venne emanato a suo carico un ordine di arresto per concorso in omicidio volontario, eseguito per caso la notte del 1 agosto '83. In un confronto all'americana Daniela, la ragazza che era con Paolo quella notte, lo riconobbe come colui che materialmente colpì Paolo. In conseguenza dell'avvenuto riconoscimento il fermo di polizia a suo carico divenne ordine di cattura per concorso in omicidio volontario aggravato da futili motivi. 

Visti i risultati, si era quasi sicuri ormai di poter arrivare allo svolgimento del processo e all'individuazione anche del secondo aggressore. Dopo 3 mesi di silenzio, il 3 novembre la testimone venne convocata per il secondo riconoscimento. Concentrandosi sulle caratteristiche somatiche della persona che accompagnava lo sprangatore, Daniela indicò il secondo presunto aggressore. A questo punto si rivelò il tranello in cui era caduta: il giovane da lei riconosciuto non era l'indiziato (Luca Baldassarre anche lui autonomo dell'Africano) ma un amico da lui appositamente scelto per via della grande somiglianza. Il giudice istruttore dr. Calabria, che peraltro aveva un figlio simpatizzante degli ambienti dell'autonomia dell'Africano, disse allora beffardamente alla ragazza che, se aveva sbagliato il secondo riconoscimento poteva aver sbagliato anche il primo. Discorso preparatorio finalizzato a facilitare la scarcerazione di Quarra, che avvenne, con proscioglimento da tutte le accuse, il 28/12/1983. Questo avvenimento, che segnò la fine delle indagini sull'omicidio di Paolo, passò sotto silenzio. Se ne avrà infatti notizia solo il 30/05/1984, grazie ad un comunicato stampa del Fronte della Gioventù.


venerdì 3 febbraio 2012

IL DISSESTO?E' PURA FOLLIA

Quasi due anni di incapacità politica e di gestione della città hanno portato ad un solo risultato: la minaccia di dissesto.
Ormai non passa giorno senza che questo sindaco non  parli di dissesto del Comune di Milazzo dimenticando le conseguenze che scaturirebbero per i cittadini.
Non mi riferisco solo alle tasse, ma ad un danno irreversibile  per ogni speranza di rilancio.
Un Comune dissestato è come una società fallita;Non interessa più  a nessuno; Altro che rinascita. Amministratori lontani anni luce dalle esigenze della collettività, saliti al Palazzo col solo obiettivo di eliminare ciò che altri hanno realizzato, il risultato è uno solo: disastro.
Occorre avere il coraggio di dire che quasi due anni di amministrazione Pino sono stati il fallimento politico di un progetto inventato alla bisogna.
Un’amministrazione che si appresta ad approvare il terzo bilancio di previsione ,come pensa di tirarsi fuori?è pura follia.
Quei partiti e soggetti politici che sostengono quest’amministrazione ,davanti all’opinione pubblica si dichiarano partecipi e coscienti ma  accettano senza interrogarsi  questo assurdo progetto che porta al fallimento e alla gogna l’intera città ,con un danno all’immagine irreparabile della stessa senza domandarsi delle conseguenze pratiche che hanno ricaduta negativa per l’intera economia cittadina?
 mira a ciò la politica di centro sinistra e le organizzazioni sindacali  che assicurano il personale contrattista dimenticando  tutta via i 28 lavoratori ex aias?
Oggi si avverte un grande assente  nella nostra città“la politica”,e in sua assenza  aspettando un suo intervento,si procederà al blocco e all’efficacia degli atti amministrativi, su impegni assunti precedentemente sui pluriennali?
Così procedendo, si pensa di alzare un muro che funga da spartiacque,che segni da una parte i buoni amministratori e dall’altra i cattivi, affrontando  ciò come se  la gestione non venga regolata da norme di legge che danno le linee guida per la buona gestione della cosa pubblica nel percorso della continuità degli atti.
E’ necessario e opportuno ricordare al Sindaco, agli amministratori e  agli esperti , che chi amministra non si può considerare e comportare come  il padrone della ferriera e in solitudine decidere il default dell’ente, quindi, macchiare la città di fallimento.
Non si può non tenere conto del lavoro svolto dai tantissimi amministratori locali di ogni colore politico che hanno avuto a cuore e lo sviluppo di Milazzo.
Siamo “nel semestre bianco”il periodo che la nuova normativa sugli enti locali mette al riparo  il Sindaco da una possibile sfiducia politica,così come le forze politiche di opposizione maturavano l’dea entro il dicembre 2011 visto l’immobilismo prodotto da questi partiti arrangiati tra loro.
Da quasi due anni  si gestiscono solo parole di catastrofismo,e la sola frase corrente nei corridoi dell’ente e quella ripetuta nei ai creditori “non ci sono soldi”,negando loro anche somme dovuti che nulla hanno a che fare con il bilancio comunale,per lavori svolti con  trasferimenti nazionali, regionali e della Cdp.,aumentando  così i costi e  le richieste di risarcimenti di  danni che graveranno ulteriormente sulle casse comunali .
Ai responsabili dei centri di costo e ai revisori dei conti è demandato dalla legge il controllo sulla gestione,  quindi,sorge spontaneo chiedersi,come è possibile avallare un ipotetico dissesto, si avrebbero conseguenze devastanti per i fornitori  che a vario titolo hanno assicurato servizi e riposto la fiducia nell’ente facendo fede sulla solvibilità dell’Istituzione.
Con quale coraggio in un periodo di crisi così forte si potrà consentire che i commissari liquidatori paghino appena il 40 per cento del dovuto ad una ditta che magari attende da anni il pagamento di una fornitura di 50 mila euro e magari ha fatto ricorso alla anticipazione bancaria?
O a quelli che hanno eseguito dei lavori di opere pubbliche e attendono di riscuotere 6-700 mila euro e ne prenderanno appena la metà?
Il Consiglio Comunale formato da  ex amministratori e da  consiglieri con più di una legislatura,consci delle difficoltà finanziarie  nel quale versa  l’ente da anni,  messi alla prova , hanno deliberato tutto ciò che l’amministrazione gli ha proposto per il bene della comunità,compreso il cappio a mio giudizio,  della dichiarazione di ente strutturalmente deficitario.
Credo che molti di essi in buona fede hanno approvato ciò, non immaginando gli atti e le conseguenze che ne sarebbero scaturiti da quel riconoscimento.
Sul sito  del ministero dell’Interno risulta che l’ente comunale già dal 2001  veniva classificato come  ente strutturalmente deficitario, con l’anticipazione del tesoriere che non poteva  essere azzerata  entro il 31 Dicembre dell’anno corrente ,e altri parametri di raffronto.
Ciò si verifica anche  per i ritardi nei trasferimenti dei contributi statali e regionali.
I bilanci dell’ente sono stati sempre certificati dagli organi di controllo per la  gestione, diversamente, i Revisori dei Conti hanno l’obbligo di denuncia del danno ai sensi dell’art.239,comma 1,lettera e)del Tuel alla Corte dei Conti, e comunicarlo al Consiglio Comunale.
Non mi risulta che i revisori abbiano presentato tale denuncia.
Solo nei giorni scorsi – su richiesta del sindaco – hanno detto che si può andare verso il dissesto. Le cose sono cambiate nel giro di un mese,dalla certificazione dell’ equilibrio di bilancio approvato il 30 Novembre2011?
Ogni amministrazione nella continuità amministrativa si è confrontata con i tagli ai trasferimenti statali e regionali,con la grande massa di crediti vantati dall’ente e sanciti dai vari rendiconti di gestioni,l’ultimo in ordine di tempo approvato dal Consiglio è di euro  22.000.000,00.
L’amministratore eletto deve mettere in essere tutte le proprie capacità politiche e  amministrative per sopperire alle difficoltà finanziarie ed economiche.
Nei comuni  i debiti che insistono in capo ad ognuno di essi, sono retaggio di scelte programmatiche e politiche sul territorio che oggi non trovano più riscontro nella nuova finanza locale per la gestione amministrativa  di un ente.
Sapere amministrare con il cassetto pieno è molto facile ma tutti gli amministratori succedutosi si sono  confrontati con le difficoltà di cassa.
Questa gestione ha aumentato tutte le tariffe a domanda individuale,  i tributi,l’accise sull’energia portata al 100% del coefficiente ecc.. ciò conformemente al piano di risanamento approvato dal Consiglio Comunale.
Il piano di risanamento approvato dal Consiglio Comunale, il quale  detta le prescrizioni e indica  i centri di costo responsabili della gestione ai sensi del dlgs 263 del Tuel,è stato pubblicato all’albo pretorio cinque mesi dopo la sua approvazione.
E’ stato notificato ai vari centri di costo ,dopo che l’amministrazione ha apportato le modifiche di variazione di bilancio nel mese di Novembre e l’equilibrio di bilancio,sottoscritto e certificano che l’ente ha rispettato gli equilibri di bilancio dal Collegio dei revisori dei Conti.
In un solo mese (dicembre)che cosa potevano fare gli uffici?Sono tutti meccanismi messi in atto che sanno di raggiro a  quanto approvato dal Consiglio Comunale.
 Per tutto il 2011  i centri di costo hanno impegnato e speso ,come se il piano di risanamento non esistesse,tant’è che si è data copertura all’assunzione di Dirigenti esterni,liquidato straordinari,mantenuto il fondo per i dipendenti ,elargito somme per pagamenti di emolumenti per particolari responsabilità a tutti i dipendenti comunali,  si sono fatti acquisti in tutti i settori e continuato con la gestione normale in tutti i dipartimenti.
Alla luce delle dichiarazione nefaste annunciate dal Sindaco,sorge spontaneo dubitare anche sul ruolo  esercitato dai Revisori Contabili sul controllo di gestione,ed è incomprensibile la dichiarazione resa da due dei tre del collegio “i sei mesi del risanamento non hanno portato i risultati sperati” dimenticano forse che i responsabili all’attuazione del piano sono i centri di costo ,e che la linea guida è la relazione tecnica del Ragioniere Generale che fissa i paletti su quale spese effettuare secondo il dettato del dlgs 263 il Consiglio ha approvato un piano gestionale per il triennio 2011/2013.
Tutto questo alla vigilia del rinnovo del Collegio dei Revisori e auspico per un senso di ulteriore imparzialità che chi ha firmato la relazione non abbia velleità di ricandidature per il nuovo Collegio che avrebbero un sapore quantomeno sospetto.
Oggi nel nuovo bilancio di previsione 2012 ,l’amministrazione deve azzerare i  capitoli di spesa che non rientrano nel dlgs 263/2000 garantendo solo quei capitoli per assicurare la normale gestione ordinaria dell’ente.;deve ottemperare a quanto il Consiglio Comunale ha imposto , l’amministrazione sa bene che il timone di comando fino al 2013  è del Consiglio e  le difficoltà di gestione riscontrate non sono l’eccezione solo per questi amministratori,anzi,nel recente passato si sono pagati milioni di euro di debiti, comunque, affrontati e pagati.
Non dimentichiamo poi che con la vendita di parte del patrimonio e la riscossione coattiva degli ingenti residui al 31.12.2011 ammontano a circa 28.000.000,00 euro si potrànno azzerare  i debiti.
 Quanto alla anticipazione di cassa è una costante di tutti i Comuni che sono creditori dei trasferimenti di Stato e Regione che sono come è noto ritardatari nei trasferimenti di legge ,Pertanto faccio un appello doveroso alla politica e ai  partiti i quali devono riappropriarsi del ruolo che la Costituzione gli riconosce per la tutela ,la programmazione e lo sviluppo di un territorio.
L’azione intelligente e legittima che le forze di opposizione conducono in Consiglio Comunale ,hanno messo in panne e  evidenziato tutta la fragilità politica e amministrativa di questa amministrazione.
Occorre che l’amministrazione attiva si confronti sul terreno della politica con le opposizioni rappresentate  in Consiglio Comunale .
I partiti che oggi sono tirati dentro da  quest’amministrazione, necessariamente devono fare un esame sulle cose che  vengono poste alla loro attenzione,poiché sono rappresentati da amministratori che ieri come oggi hanno gestitone l’ente,questo glie lo impone la città.
Questa amministrazione, a cuor leggero e con grande superficialità in quasi due anni  di gestione, con l’annuncio quotidiano della catastrofe finanziaria e conseguentemente con la scriteriata e paventata soluzione ai problemi della dichiarazione del  dissesto,ha distrutto l’immagine  e la credibilità di una nobile comunità,invidia di molti e meta ambita di tanti che hanno scelto di vivere nel nostro comune.
Da domani,sarà necessario mettersi alla ricerca di coloro i quali vogliono ancora aprire una linea di credito al comune.
Se la politica non prenderà da subito il sopravvento  della ragionevolezza ci saranno periodi cupi per la città!

Lorenzo italiano

Gazzetta del sud pag.34 
03.02.2012

mercoledì 1 febbraio 2012

CARMELO PINO..SCHETTINO!


Oggi a Milazzo la politica  e i partiti hanno rinunciato al ruolo  di affrontare i problemi, portarli a soluzioni e creare le condizioni migliori di crescita della comunità.
Si avverte l’esigenza che la politica gestisca gli eventi,e  si fa un appello doveroso ad essa e ai  partiti,i quali devono riappropriarsi del ruolo che la Costituzione gli riconosce per la tutela,la programmazione e lo sviluppo del territorio.

L’azione intelligente e legittima che le forze di opposizione conducono in Consiglio Comunale  evidenziano tutta la incapacità di questi amministratori  a risolvere i problemi della nostra città ed evidenziato tutta la loro inconsistenza politica e inadeguatezza, sancendo un clamoroso fallimento dell’azione amministrativa, auspicando che a tutti i costi ci sia una dichiarazione di dissesto.

Si scappa dalle proprie responsabilità,quindi,meglio  stare a guardare ed aspettare  l’arrivo del liquidatore giudiziario che tentare tutte le strade che possono portare a non macchiare  di fallimento  la città.
La nostra nobile comunità ha bisogno di amministratori veraci ,combattivi,sempre sul ponte di comando a gestire gli eventi,e non pavidi soggetti dove nei loro volti si legge la codardia,pensando  che sia più giusto mettersi al riparo sotto l’ombrello della vigliaccheria politica e trovare come unica soluzione scappare dalle difficoltà e dai problemi.

Bisogna risorgere dalle ceneri,occorre togliere questa cappa di sfiducia buttata da questi amministratori che avvolge la nostra comunità ,non è più il periodo della rassegnazione ma è arrivato quello per reagire ed è così che  giovani e meno giovani  assieme si devono unire  per il bene comune e gridare a tutto polmoni:”andatevene a casa il futuro è nostro”!

Occorre che l’amministrazione attiva per problemi che coinvolgono il futuro della gente,si confronti sul terreno della politica con le forze politiche rappresentate  in Consiglio Comunale.

I partiti  di destra di centro,di sinistra,oggi più di ieri hanno l’obbligo di parlarsi confrontarsi tra loro per isolare la folle idea della dichiarazione di dissesto  portata avanti da un soggetto solitario,ed evitare scelte che avranno ricadute negative distruggendo la credibilità e il sano tessuto  imprenditoriale e sociale milazzese.


PRENDITI LE TUE RESPONSABILITA',CAZZO!